Italiani popolo di santi,poeti e navigatori: così è scritto sul Palazzo della Civiltà Italiana dell’EUR a Roma, frase che Benito Mussolini pronunciò in un discorso del 1935 all’inizio della conquista dell’Etiopia parlando del popolo italiano apportatore di civiltà.
80 anni dopo, il passo è stato lungo dal punto di vista temporale, ma breve sotto il profilo sociale: da santi,poeti e navigatori a Italiani popolo di pigri.
Sì pigri. Girarci attorno negando l’evidenza anche empirica di un fenomeno sociale così accentuato, sarebbe inopportuno e ipocrita: la pigrizia ha assunto negli ultimi quindici anni il ruolo di segno particolare, di connotato dell’italiano medio e risuona all’orecchio di tutti anche attraverso l’ultima “fotografia” dell’Istat, per dirla con le parole del Presidente dello sport italiano, il vertice del Coni Malagò.
La risonanza magnetica dell’Istituto di Statistica conferma il dato disastroso di oltre 24 milioni di persone completamente sedentarie.
Impietosi i numeri del rapporto voluto dal Coni attraverso il suo nuovo centro studi e presentato, in collaborazione con l’Istat nei locali del Foro Italico attraverso il documento “Lo Sport in Italia – Numeri e Contesto 2014“.
Gli atleti tesserati dalle federazioni nazionali e dalle discipline associate sono oltre 4 milioni e mezzo, un milione gli operatori sportivi (dirigenti sportivi e federali, tecnici e ufficiali di gara) e 64289 le società sportive.
Esplorando lo stivale, la medaglia d’oro va assegnata al Nord: in particolare brilla la Valle d’Aosta, la regione in cui gli sport invernali sono la disciplina maggiormente diffusa con i più elevati indici di densità. La Lombardia, invece, ha il più alto numero di atleti e società.
Bollino nero alla Campania dove solo il 17,6% delle persone pratica uno sport.
Analizzando il quadro di chi pratica sport a livello agonistico, il 54% degli atleti risiede nel Nord Italia, il 21% nelle regioni del Centro, il 16% nel sud e il 9% nelle isole. Anche le società sono più numerosi al Nord con il 44%.
Specchio di un’Italia che come in ogni ambito, anche nello sport viaggia a due velocità decisamente differenti tra loro.
Nel nostro paese, nonostante si sia registrata una crescita dei praticanti sportivi (da 27,5% a 30% tra il 1999 e il 2013) è sedentaria ben il 42% della popolazione. Percentuale che aumenta in maniera vertiginosa nel Mezzogiorno (56,2%).
“E’ un mezzo disastro che va di pari passo con la disoccupazione giovanile ed è figlio di una poca cultura sportiva e di una disastrosa politica degli impianti“, è l’amaro commento di Malagò.
Tutto questo accade perchè lo Stato italiano ha abbandonato la promozione dello sport come veicolo di cultura. Le scuole, dove l’ora di educazione fisica è vista più come un momento d’evasione che di disciplina vera e propria, non hanno né i mezzi né le possibilità economiche. Nello sport si investe poco e male.
Tanto che un altro dato allarmante è quello dell’obesità: ne soffre il 22% dei ragazzi: investire nello sport per spendere meno in salute.
L’alfabetizzazione motoria deve essere in cima alla lista delle priorità di un programma che riformi in toto lo sport in Italia. Partendo in primis dai fondi che vengono erogati: 400 milioni l’anno, sono un insulto.
Il modello tedesco tanto osannato in questi giorni non deve restare un semplice monito qualunquista, effimero ricordo della Germania campione del Mondo.