Ben il 17% del cibo prodotto va dritto nella spazzatura. Quali sono le cause dello spreco alimentare e come possiamo evitarlo. Il caso di Too good to go

C’è ancora un velo di imbarazzo tra gli italiani nel chiedere al ristorante la famosa “doggy bag“, ovvero la box che contiene gli avanzi di una cena non consumata a pieno, così da utilizzarli per un pasto del giorno dopo. Eppure basterebbe già questo per mettere in atto uno dei comportamenti che bisognerebbe seguire per ridurre gli sprechi alimentari.

Parliamo dell’insieme dei prodotti scartati dalla catena agroalimentare (Ministero della Salute) che, secondo il Food Waste Index Report 2021 dell’UNEP (United Nations Environment Programme), rappresenterebbe ben il 17% del cibo totale prodotto.

Ogni anno, infatti, 1,3 miliardi di tonnellate di cibo, per un valore pari a circa mille miliardi di dollari, finisce dritto nella spazzatura.

Dietro questi che sembrano solo numeri c’è una realtà che non deve essere sottovalutata. Se in una parte del mondo ci si permette il lusso di gettare cibo, dall’altro lato ci sono decine di milioni di persone che non hanno accesso ai beni alimentari.

E allora non possiamo essere indifferenti davanti a un fenomeno che riguarda tutti noi.

Quali sono le cause

Le cause dello spreco alimentare sono da ricercare in vari passaggi della filiera alimentare: c’è, infatti, il cosiddetto “food loss” che è la perdita di cibo che si genera in fase di produzione a causa di eventi imprevisti come fenomeni meteorologici o trasporti inadeguati.

Si parla invece di “food waste” – spreco alimentare- quando la perdita non è dovuta a fattori oggettivi, ma soggettivi. E qui siamo noi consumatori i “protagonisti”.

Pensiamo allo scarto dei prodotti per motivazioni estetiche: frutta e verdura perfettamente commestibili, ma ammaccate e ritenute quindi non vendibili dai distributori.

Ma indubbiamente il food waste è legato principalmente allo spreco domestico che aveva subito un rallentamento solo durante il lockdown: in casa viene acquistato più cibo di quello necessario per il fabbisogno familiare. Spesso non guardiamo con attenzione alle nostre dispense, acquistando cibo che abbiamo già o dimenticando alimenti sul fondo del frigorifero. Il risultato? Cibo conservato senza essere consumato e avanzi che troppo spesso finiscono dalle tavole alla spazzatura.

Le regole anti-spreco

Dati che sono una lente di ingrandimento su comportamenti individuali che diventano collettivi quando alla base ci sono fattori legati sì alla distrazione, ma anche e soprattutto all’acquisto incontrollato, in una parola al “consumismo”. Perché spesso bisogna comprare anche se non serve, per sentirsi meglio. E allora perché non parlare di più di educazione alimentare, sin da bambini?

Basti pensare alle regole “base” proposte dal Ministero della salute per combattere gli sprechi:

• acquistare senza eccedere nelle quantità;

• compilare una to do list ponendo attenzione a ciò che realmente serve per tutta la famiglia;

• guardare le date di scadenza prima di consumare cibo;

• seguire le indicazioni per la conservazione, con particolare riferimento alla catena del freddo.

Il caso di Too good to go

Regole a parte, anche il digitale ci viene in soccorso per favorire comportamenti sostenibili, con app anti spreco che stanno conquistando soprattutto i giovani.

Una su tutte è Too good to go app di origine danese che mette in contatto i negozianti con i consumatori.

Il gioco è semplice: a fine giornata, gli esercenti che aderiscono al progetto, propongono delle box a sorpresa con il cibo del giorno rimasto invenduto a prezzi molto competitivi.

Basta prenotarsi, andare a ritirare nella fascia oraria prestabilita ed è fatta.

Questa app, che in Italia ha festeggiato da poco i tre anni, sta conquistando tanti seguaci, con oltre 5 milioni e mezzo di utenti che hanno salvato più di 6.700.000 Magic Box. 

E non è tutto: Too Good To Go ha lanciato anche progetti di educazione alimentare promuovendo l’iniziativa ‘Etichetta Consapevole’, un’aggiunta in etichetta dei prodotti con l’indicazione del termine minimo di conservazione (TMC), ovvero una data consigliata di consumo, per sensibilizzare i consumatori sulla differenza tra data di scadenza e TMC, ora presente su più di 10 milioni di confezioni di prodotti in Italia.

Un modo concreto per combattere lo spreco alimentare.

Della serie, troppo buono per essere buttato via.