Di anno in anno puntualmente ritorna in auge la questione meridionale: il dramma del Sud d’Italia analizzato tra luoghi comuni e affermazioni ricorrenti. Una situazione economica sempre più insostenibile che torna a smuovere le coscienze sopite dell’opinione pubblica, degli amministratori e perfino del governo centrale, con la promessa di intervenire con manovre ad hoc. Ora rimane solo da chiederci quanto durerà questa volta l’ennesimo grido di allarme di un Sud che non può più aspettare.

Con l’uscita delle anticipazioni del rapporto Svimez 2015, il parallelo tra Grecia e Mezzogiorno d’Italia ha guadagnato un titolo in prima pagina su quasi tutti i giornali. La maggior parte riportavano l’affermazione secondo cui “dal 2000 il Mezzogiorno d’Italia è cresciuto la metà della Grecia” (frase che tutti attribuiscono alla Svimez, ma che in questa forma non compare in alcun documento ufficiale). Una semplice enfatizzazione per rivelare che dal 2000 ad oggi il Sud del Belpaese ha fatto registrare una caduta del Pil superiore a quello greco. Il dato però andava analizzato e spiegato. Innanzitutto occorre dire che, rispetto al 2000, non è il Sud ad essere andato peggio della Grecia, ma è l’Italia nel suo insieme, Nord compreso. Quanto alla Grecia, dal 2000 al 2007 ha avuto una crescita economica ad un tasso più del doppio di quello del Mezzogiorno, mentre dal 2007 al 2015 la Grecia ha perso più del 25 per cento del Pil mentre nel nostro Sud la perdita è stata all’incirca del 18 per cento.

La notizia ha fatto ben presto il giro dei media, trattata come se fosse una notizia eccezionale invece che un fenomeno strutturale che ormai è ben noto. E allo stesso modo è stata accolta da chi ci governa: un evento straordinario, una emergenza. Sicuramente ha avuto l’effetto di svegliare (almeno si spera) qualcuno che da troppo tempo dormiva, qualcuno che non ricordava che la disoccupazione giovanile nel Mezzogiorno d’Italia è ai massimi storici e non accenna a diminuire. Il fatto che al Sud la crisi sia stata più violenta aumentando il divario già esistente con il Centro-Nord è un dato di fatto. Da una parte il taglio lineare della spesa pubblica, dall’altra la scarsa propensione all’internazionalizzazione delle imprese meridionali hanno accentuato le conseguenze di una crisi che ora presenta il conto. Non di meno ha influito chi ha saputo solo fare proclami e non è stato in grado di dotare il Sud di una rete infrastrutturale decente, scoraggiando qualsiasi investimento di imprenditori esteri o di provenienti da qualsiasi altra zona d’Italia.

Chi dice che al Sud non è possibile investire e guardare al futuro si sbaglia. Le possibilità ci sono. Ci sono quando vi è alla base un progetto innovativo accompagnato da una dotazione infrastrutturale competitiva. Le possibilità si creano quando si instaura un sistema di riferimento capace di garantire efficienza, che consenta a un imprenditore, perfino un imprenditore estraneo al tessuto imprenditoriale del Sud, di fare investimenti di successo anche nelle aree considerate come tra le più depresse dal punto di vista socioeconomico. È necessaria la diffusione di una cultura imprenditoriale nuova e vivace, aperta alle sfide e solida, anche di fronte a quelle forme di criminalità organizzata spesso spiazzata di fronte ai meccanismi ed alle dinamiche di mercato internazionale che ha i luoghi decisionali collocati in altri Paesi o continenti. È necessario valorizzare le realtà imprenditoriali, in quanto singole entità, e al contempo favorire i meccanismi che portino a fare rete. È necessario radicarle alla terra in cui nascono e si sviluppano affinché non si sentano lasciate all’incuria e isolate rispetto al territorio.

Il Sud è luogo privilegiato per il suo posizionamento al centro del Mediterraneo, un bacino di risorse, un’area appetibile anche per i grandi investitori che portano in dote know-how e sviluppo. Un territorio strategico capace di rappresentare una importante occasione di crescita economica e di benessere per tutta l’Italia. Il Mezzogiorno può e deve essere la soluzione e non il problema. Bisogna smettere di guardare al Meridione con gli occhi dei luoghi comuni e iniziare a vedere il Sud possibile, quello delle enormi potenzialità e delle grandi ricchezze culturali. Bisogna rigettare la visione del Sud visto da Nord, percepito come quell’area del Paese a sviluppo mancato, come una causa persa o una strada non percorribile, e instaurare l’idea di un Sud dalle innumerevoli risorse, a partire dalle persone, dai giovani e dalle donne del Sud. Solo allora si comincerà a invertire la rotta. Solo allora il cambiamento, quello dei fatti e non delle chiacchiere, comincerà a prendere forma. Il percorso è tutt’altro che semplice ma la strada è sotto i nostri occhi e deve essere battuta 365 giorni l’anno, senza pause né ripensamenti, come una marcia continua, ritmata e cadenzata. Con l’augurio che stavolta sia una marcia trionfale.

[Cover credits: Douglas H. Wheelock]