The Voice of Italy Kids, pare sia questo l’ultimo talent show che aprirà ai bambini – dai 6 ai 15 anni – seguendo la scia degli ormai consolidati “Io Canto”, “Ti lascio una canzone” e “MasterChef Junior”. A dare la notizia – uno spoiler in realtà – è stato Marco Tombolini, produttore del talent canoro, in un tweet. Dopo il successo riscontrato da The Voice – Kids in Francia, l’Italia pare intenzionata a seguire i cugini d’oltralpe e aggiungere un nuovo tassello al puzzle dei talent per volti acerbi dello star-system italiano.
Giusto o sbagliato esporre i bambini a tutta questa pressione mediatica? Negli scorsi anni il dibattito sulla questione è stato piuttosto acceso. A schierarsi contro i talent per bambini erano stati in prima linea la direttrice del Piccolo Coro dell’Antoniano e Alessandro Caspoli, direttore di giuria allo Zecchino D’Oro. Bersagliate le canzoni a contenuto per adulti che venivano sottoposte ai baby concorrenti; ben lontane da “L’ape maia”, “Il coccodrillo come fa” ed il classico repertorio custodito nelle musicassette – ormai oggetto vintage – e nei più evoluti CD dai cugini degli stessi bambini – ormai cresciuti – che le intonavano con spensieratezza.
Cosa capisce un bambino di un testo impegnato quale quello intonato da Massimo Ranieri in “Perdere l’amore” o quello interpretato con pathos da Bocelli e Giorgia in “Vivo per lei”? Intenerisce il bambino che strozza la gola per toccare tutte le note e chiude gli occhi a simulare la sofferenza emotiva che naturalmente dovrebbe accompagnare l’interpretazione di quei pezzi. Ma tant’è.
I bambini prima di esibirsi sul palco provano i pezzi. La tensione inizia prima della luce dei riflettori, quando nelle salette prove si fatica, si stecca, si impara, tra un compito da consegnare a scuola, una merendina sgranocchiata e una partita di pallone saltata perché: “sto provando, amici! mi dispiace. Giocate voi al posto mio“. Avrà risposto così Cristian Imparato quando gli amichetti di scuola o di quartiere lo chiamavano per unirsi alla squadra e segnare un goal insieme a loro. Ma lui era troppo impegnato a crescere in quel momento, a diventare una star tra i grandi, preparandosi ad essere inghiottito dalla folla di fan che avrebbero intasato la timeline della sua futura pagina Facebook da oltre 280.000 utenti, a firmare autografi, girare piazze per concerti, incidere nuovi brani e portare introiti alla casa discografica che aveva letto bene dietro le spesse lenti del bambino che vinceva “Io canto” nel 2010.

Come lui, il trio oggi noto come ‘Il volo’ è la testimonianza di come adolescenti parlino da grandi, si atteggino da grandi, talvolta pecchino di saccenza come accade da grandi. Piero Barone (19), Ignazio Boschetto (18) e Gianluca Ginoble (17) cantavano “O sole mio” da Antonella Clerici in “Ti lascio una canzone” e l’Italia li applaudiva. Un apparecchio levato, un occhiale alleggerito, un capello accorciato e gellato, hanno trasformato i fanciullini di Antonella in tre latin lover che girano il mondo vantando stragi di cuori femminili e standing ovation dal pubblico dei teatri internazionali.

E la piccola Emanuela? chi non ha provato imbarazzo nell’osservarne la sicurezza ai fornelli, tra gli involtini di pesce spada alla palermitana che le sono valsi la partecipazione al talent, il filetto alla Wellington e la ricetta di Bruno Barbieri dell’insalata tiepida di piccione da lei riproposta senza crepe? Troppo giovane per comandare ai fornelli, impastare torte, vivere la cucina come sfida prima che come gioco. Dove stanno le formine con cui la mamma le insegna a fare i biscottini con le mani pasticciate di farina?

Lode al merito, prima di tutto. Ma questi ‘ex bambini’ hanno mai giocato con i Lego? Si ricorderanno mai l’emozione del diventare grandi poco per volta? Riguarderanno nelle loro foto l’espressione innocente, ingenua, spensierata di chi scopre la vita a piccoli morsi, tenuto per mano dai genitori, e non dal manager che ne gestirà l’agenda degli appuntamenti? Il brutto voto a scuola lo vivranno mai come un insuccesso, o sarà nulla di fronte al contratto non firmato, lo show annullato o il disco che ha venduto quelle 10.000 copie in meno rispetto alle stime?
I bambini piace immaginarli tali: lontani dal business. Quel mattoncino Lego rimasto ignorato in un angolo nella loro cameretta, quando ormai adulti, lo guarderanno con nostalgia, quella di chi è diventato grande troppo presto.