Nella versione prodotta da Michael Bay e diretta da Jonathan Liebesman della saga delle Tartarughe Ninja, creata nel 1984 dai disegnatori Kevin Eastman e Peter Laird, i quattro rettili mutanti non diventano tali travolti, nelle fogne, dal liquido gettato nel tombino.
Vengono infatti, insieme ad un topolino (Splinter), allevati in laboratorio per un progetto scientifico segreto, il cui responsabile è il dottor Eric Sacks (William Fichtner). In seguito, dopo la mutazione comandata, le quattro tartarughe dai nomi rinascimentali, allevate da Splinter, impareranno l’arte del ninjutsu e saranno il baluardo che difenderà la città dal Clan del Piede, un’organizzazione criminale governata dal temibile e misterioso Shredder. Nella vicenda, verrà coinvolta anche la giovane e ambiziosa giornalista April O’Neil (Megan Fox).
Sono due i personaggi alla base della nuova sfavillante versione live-action delle tartarughe create da Eastman e Laird. Innanzitutto Jonathan Liebesman, il regista: esordisce con Al calare delle tenebre, nell’era in cui si doveva scegliere nel campo dell’horror tra lui ed Eli Roth. Così, il ragazzo sudafricano cambia strada si ricicla in poco tempo fino a divenire un misto fra Ridley Scott e Roland Emmerich, acquisendo i difetti di entrambi: World Invasion prima e La furia dei titani dopo sono tutto un programma. Fatto sta che la Paramount lo nota e dice che sarà l’uomo giusto per il TMNT (si spera) definitivo.
Poi c’è soprattutto Michael Bay. Perché anche in veste di produttore, il suo zampino, nel vestito che indossa Tartaughe Ninja, è evidente, dalla resa visiva al ritmo. Tuttavia, oltre al mentore di Liebesman (che lo aveva già scelto nel 2006 per il prequel di Non aprite quella porta), la creatura Paramount pare attingere senza tanti complimenti anche dal filone fumettistico-catastrofico anni ’10, dagli Avengers ai Mercenari.
Perché specie dopo una prima parte circospetta, TMNT non manca di una certa dose adrenalinica: l’ultima parte è puro videogame. Godibile, sì, ma nel momento che conta Liebesman non riesce a piazzare nessun fotogramma da ricordare. Allora, per intravedere il marchio della saga, bisogna considerare TMNT principalmente come una spettacolare operazione commerciale volta ad omaggiare la storia delle Tartarughe Ninja.
Il maggior pregio infatti del live-action targato Paramount è quello di essere pregno di citazioni e riferimenti ai primordi e agli sviluppi successivi della saga concepita trent’anni fa.
Dalla giacca gialla di April alla canzone finale, Happy Together, successo anni ’60, appunto dei Turtles. Presenti anche alcune chicche intertestuali, tra cui un richiamo flash a Tarantino e alla barba di Pai Mei, sfoggiata da Splinter. Da questo punto di vista, Tartarughe Ninja scorre liscio, anche troppo.
La sensazione finale, infatti, è che nonostante Donatello, Raffaello, Michelangelo e Leonardo siano stati concepiti da Eastman e Laird come freddi guerrieri più che come simpatici e atletici cazzari, il TMNT del 2014 (ispirato in effetti alla versione animata del 2003) rimanga in mente, usciti dalla sala, quanto – se non di meno – il modesto ma accattivante Tartarughe Ninja alla riscossa del ’90, quello coi quattro interpreti coi costumi di gomma somiglianti ad Howard il papero. Nonostante la motion capture e nonostante Megan Fox.
[Ph. Credits: Lula Carvalho]