La storia di Torino-Juventus e delle due squadre della città sabauda prende il via da un uomo, morto giovane agli inizi del secolo scorso. Alfred Dick, un uomo nato nella parte occidentale della Svizzera, e destinato a cambiare per sempre la storia di milioni di persone. Di tutte quelle persone che negli anni hanno amato, gioito e pianto con il Toro. Il Torino. Quella squadra che fondò lui, Dick, una volta che fu estromesso dalla dirigenza della Juventus, della quale era stato anche presidente. E sotto la sua presidenza i bianconeri vinsero il primo scudetto. Era il 1905. E un anno dopo Dick avrebbe fondato il Toro. La squadra che con il tempo avrebbe finito per rappresentare una parte di Torino. Quella operaia e quella degli “immigrati” delle vicine provincie piemontesi. Quelli che si contrapponevano al potere industriale della famiglia Agnelli, che dall’altra parte gestiva la Juventus come l’hobby più bello.

Le origini di due parti diverse di una città che nel calcio è stata rappresentata da due modi opposti, appunto, di intendere il calcio. Due modi, e due mondi, in perenno conflitto tra loro. Ma quella dei derby tra Torino e Juventus è una storia fatta da tante partite bellissime, e imprevedibili. Torino e Juventus hanno negli anni avuto una sorte diversa. La parte granata ha dovuto fare i conti con la ferita mai rimarginata di Superga. Con la fine di un sogno, e di un epopea, in uno schianto infausto. In uno dei giorni più tristi della storia dell’interno calcio mondiale. E la malinconia che ti pervade se sali a Superga per ammirare un panorama che ti toglie il fiato ne è il segno tangibile. Come se quella parte, bellissima, di Torino fosse rimasta ancora a quel giorno di oltre 60 anni fa. Come la fine di una storia, che ha saputo iniziare di nuovo e non finire mai. Quella del vecchio cuore granata.

superga

Dall’altra parte c’è una squadra che con il tempo ha quasi svestito i panni di quella parte di Torino. Quasi come se non avesse più il compito di rappresentare la parte elitaria di Torino. Per rappresentare una parte d’Italia (e del mondo) che si riconosce in uno stile e in un modo di fare calcio. E nelle tante vittorie. La Juventus ha rappresentato una parte consistente dell’Italia negli anni, oltre che una parte di Torino. Ed è per questo che forse per quella parte (maggioritaria) della tifoseria juventina che non vive a Torino il derby vale un po’ di meno. Quasi come se non fosse derby. Ma lo è per tutti gli altri. Ed è una partita nella partita. Una delle più belle. Una delle più sentite.

scirea

Ed è una partita che ci ha regalato tante emozioni negli anni. Toro-Juve è un derby (forse l’unico tra quelli di alto livello del calcio italiano) che vede spesso una grande favorita (Juve) e una vittima sacrificale (Toro). Almeno sulla carta. Eppure la bellezza del derby della mole è questa: la carta non conta nulla. Questa è la partita nella quale la Juventus può essere prima e il Toro decimo, ma i bianconeri dovranno sudarsi i tre punti. Perché è la partita della vita. E vale molto di più di tutte le altre. E mette in campo fattori agonistici e incalcolabili che esulano da quelli tecnico-tattici, e dalle forze in campo.

Toro-Juve è la storia di un derby del 1983 nel quale i granata rimontarono in pochissimi minuti da 0-2 a 3-2 e andarono a vincere un derby storico. E la storia si ripete nel 2001, quando il Toro sotto 0-3 va a pareggiare 3-3 e poi si affida alla buca di Maspero per far sbagliare a Salas un rigore che ancora grida vendetta. Poi è la storia di un gol di Trezeguet all’ultimo minuto, e di un’esultanza di Maresca con le corna per prendere in giro Ferrante, capitano e attaccante granata che esultava sempre a quel modo. Toro-Juve è la storia di coreografie bellissime e di striscioni ironici e pungenti. Di due tifoserie che vogliono vincere ad ogni costa un derby che altrove forse non viene nemmeno compreso fino in fondo. Ma è Toro-Juve. La storia delle due parti di Torino che forse non esistono più, ma che si contendono la città della Mole. Buon divertimento.