Da quando le squadre di calcio sono diventate aziende, si cade spesso nella tentazione di paragonare la gestione e l’attività degli allenatori a quella dei manager. Idea semplicistica, sia del ruolo dell’allenatore, che di quella del manager. Perché il mister, che sceglie chi deve andare in campo, è più simile ad un capo reparto che ad un manager, soprattutto nel calcio italiano, dove l’area di azione è quasi esclusivamente tecnica. Questa roboante metafora non ha risparmiato Spalletti e Francesco Totti, diventato per molti il simbolo dell’individualismo e del capriccio personale, a scapito degli interessi della squadra.

Fonte: www.vogliadiroma.com
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Niente di più sbagliato, se pensiamo che per quella stessa squadra Totti ha giocato anche con una gamba sola, ha lasciato con cinque, sei anni di anticipo la nazionale e soprattutto ha rinunciato ad essere un giocatore vincente. Uno che avrebbe potuto alzare Coppe a Madrid, a Manchester e persino a Milano, se avesse voluto. E invece è rimasto a Roma, per diventare uno dei pochi motivi, piaccia o meno, per il quale la squadra giallorossa è conosciuta fuori dai confini nazionali. Questo non vuol dire che Totti abbia il diritto di giocare titolare, o di entrare per disputare almeno cinque minuti in un derby, ma nemmeno che vada paragonato ad un campione viziato che non capisce che è arrivato il tempo di smettere.

Perché magari il fisico di Francesco Totti dice altro, e in fondo cosa c’è di male ad ammettere che questo ragazzo di quasi 40 anni ha ancora voglia di giocare? Non tutti hanno la forza e il carattere di Kobe Bryant, che ad un certo punto della sua storia, si alza e dice “Ok, per me basta così. Io e il basket ci siamo dati tutto ciò che avevamo“. Perché ci sono fortunatamente storie diverse, e mercoledì scorso non è sembrato di veder giocare un ex giocatore. La Roma darà sicuramente a Totti la possibilità di svolgere un ruolo da dirigente, e allora perché non fargli scegliere, in piena serenità, di giocare ancora? O meglio, di mettersi a disposizione del suo allenatore ancora per una stagione?

Fonte: www.ilcartello.eu
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Magari Totti e la Roma non si sono dati tutto quello che avevano, nella testa di Francesco c’è la volontà di provarci ancora, e non c’è minimamente l’idea di giocare dieci o venti partite in un anno. Non è forse meglio avere in panchina uno come Totti che in tre minuti risolve le partite, piuttosto che una qualunque altra riserva? Il finale di campionato di Totti parla chiaro: assist, gol, invenzioni. Possiamo dire ciò che vogliamo, ma di certo non stiamo parlando di un ex giocatore. Magari di un campione sul viale del tramonto, ma dove sta scritto che bisogna a tutti i costi lasciare quando si è ancora in forma? Il rispetto di Totti consiste nell’arrivare ogni giorno puntale agli allenamenti, nel mettersi a disposizione di Spalletti, nell’accettare sempre con la massima professionalità ogni decisione del Mister.

Fonte: LaPresse - Mauro Locatelli
Fonte: LaPresse – Mauro Locatelli

Che ha ragione, anche lui. Perché deve fare le sue scelte, raggiungere l’obiettivo (che adesso è ormai il secondo posto) e farlo con i giocatori che ritiene più opportuni. Ed ecco che la metafora del leader che mette la squadra davanti al singolo crolla miseramente, perché nella squadra di Spalletti, in quella che sta attaccando un secondo posto che sembrava irraggiungibile, c’è anche un singolo devoto alla causa, che sta risultando decisivo come e più di molti suoi compagni. Ammesso che in ogni azienda ci sia uno come Totti, che fortunatamente per la Roma (e per il calcio) è unico. Fuor di metafora, hanno tutti ragione.

Quelli che “il gruppo viene prima di tutto”. Quelli che dicono che Spalletti deve fare le proprie scelte. Quelli che “Totti è il re di Roma”. Ma lasciamo decidere a Totti quando è ora di smettere. E di farlo, semmai, anche dopo aver imboccato il viale del tramonto.