Arte e trasformazione. Essere ogni giorno una persona diversa. Tanti lo sognano, lei invece lo fa. Tutti i giorni. Puntuale, all’ora di colazione, Camilla Filippi si trasforma. Annulla sé stessa e indossa i panni di un personaggio, un film, una canzone, un quadro. Bastano pochi elementi. Una parrucca. Una tazza. E Camilla diventa oggi Charlot, domani Madonna, e poi ancora Steve Jobs, la Mia Wallace di Pulp Fiction o la Ragazza con l’orecchino di perla di Veermer. Ogni scatto, un’identità diversa, in un continuo gioco di rimandi e citazioni all’immaginario della cultura pop. Il proscenio scelto non è il palco di un teatro o il set di un film bensì Instagram, il social fotografico per eccellenza. Uno spazio indefinito plasmato dal suo stato d’animo al risveglio, per fermare l’attimo con onestà e mostrare una parte di sé. Sono nate così le “Psychedelic breakfast” di Camilla. Le sue performance visive, così particolari, hanno attirato l’attenzione di galleristi e non solo. Dopo la mostra curata da Gianluca Marziani e allestita, nel giugno scorso, a Spoleto nell’ambito del Festival dei Due Mondi, la Filippi è stata invitata da Gucci per partecipare al progetto #GucciGram in cui ha reso omaggio alle stampe Blooms e Caleido della maison reinterpretando un quadro del pittore surrealista Magritte. Ma oltre alla passione per l’arte, Camilla Filippi è soprattutto un’attrice. Una giovane attrice, brava e versatile come poche. Da anni si divide tra grande e piccolo schermo. Alle spalle un lungo curriculum fatto di pellicole di qualità (“Figli delle stelle”, “Il mondo fino in fondo”, “In fondo al bosco”) e fiction (“Tutti pazzi per amore 2”, “Ragion di stato”), come quella di cui è protagonista su Rai Uno dal 27 dicembre scorso: “Tutto può succedere”. Una fiction che arriva direttamente dagli Stati Uniti. Si tratta infatti di un adattamento della celebre serie americana “Parenthood” che a pochi giorni dalla messa in onda ha già riscosso grande successo, merito anche di un cast che vede tra i suoi protagonisti Giorgio Colangeli, Licia Maglietta, Pietro Sermonti, Maya Sansa, Ana Caterina Morariu, Alessandro Tiberi, e Camilla Filippi appunto. Al centro passioni e tormenti della Famiglia Ferraro. Una famiglia italiana alle prese con problemi comuni: la crisi economica, il fallimento di un matrimonio, la difficoltà di trovare lavoro e l’incapacità dei genitori di comprendere i figli. Una famiglia come tante altre viste in tv ma con qualcosa in più che la contraddistingue, come ci racconta Camilla nell’intervista che ha concesso a Il Giornale Digitale.
Dal 27 dicembre sarai tra i protagonisti di una nuova fiction Rai, dal titolo “Tutto può succedere”. Chi è il tuo personaggio, Cristina, e quale sarà, in grandi linee, la sua evoluzione nell’arco narrativo della serie?
Cristina è una donna forte, ex architetto, che ha scelto di stare a casa accanto alla sua famiglia. È madre di 2 figli, Federica (Benedetta Porcaroli) e Max (Roberto Nocchi) affetto dalla sindrome di asperger, che è una forma di autismo. È il punto di riferimento di Alessandro (Sermonti) e, insieme a lui, cerca di destreggiarsi tra una figlia adolescente e i problemi di max.

La fiction è stata presentata come un remake di “Parenthood”. Cosa avrà in comune con la popolare serie americane e quali differenze dobbiamo aspettarci invece?
È un riadattamento, l’inizio è identico ma poi ovviamente nel corso delle puntate cambierà per adattarsi alla nostra cultura. Quello che non cambierà invece sarà quel mix di allegria e malinconia che contraddistingue questa serie.
Cosa ti ha attirato di più del progetto?
I copioni. Il regista. E tutto il cast artistico e tecnico, verso i quali ho una stima profonda, che raramente mi è capitato di avere.
Qual è stata la sfida maggiore sul set? Ci sono state scene particolarmente complesse da realizzare?
La sfida più grande è stata quella di trovare un equilibrio tra la gioia e il dolore, passarci attraverso, anche nel corso di una stessa scena, esattamente come capita nella vita vera.

La famiglia, le dinamiche multi-generazionali e di odio e amore al suo interno, sono una presenza pervasiva nella fiction di produzione italiana, la cui rappresentazione però non sembra andare oltre il concetto di “famiglia allargata”. Cosa ha la famiglia Ferraro in più rispetto alle tante famiglie raccontate dalla tv italiana?
Beh, l’Italia è un paese che si fonda sulla famiglia. La famiglia rispecchia al suo interno le dinamiche sociali del mondo, diffidenze, gelosie, gioie, dolori, rivalità, punti di vista differenti, malattie, paure, successi. Sta tutto lì in quel microcosmo che segna la nostra esistenza per sempre, dentro al quale dobbiamo imparare la mediazione, l’empatia, la partecipazione, lo stare, il crescere. Abbiamo bisogno di storie di famiglia per avere punti di vista diversi, che ci potranno poi permettere, forse, di avere visioni diverse e quindi strumenti in più per affrontare le nostre vite. Quello che ha in più la famiglia Ferraro è il modo in cui tutto questo viene affrontato, senza sconti, ipocrisia, o tentativi di strizzare l’occhio al pubblico.
Nel film “In fondo al bosco” interpreti una donna alla quale scompare un bambino nel nulla. Da madre com’è stato affrontarlo sul set?
È stato doloroso, a tratti spaventoso ma credo che mi abbia permesso di diventare una madre migliore.

Non solo attrice. Da un anno a questa parte anche artista “social” con il progetto fotografico #PsychedelicBreakfast in cui hai reinventato artisticamente il concetto di selfie. Da dove nasce l’idea e perché proprio Instagram?
Nell’osservare Instagram mi sono accorta che il tentativo di fermare un momento reale era impossibile, perché è impossibile veicolare l’idea di sé che si vuole dare. Ho pensato che facendo l’attrice avrei potuto attingere ad un’iconografia già codificata che ben si sposava con l’emozione che provavo al risveglio, così facendo sarei riuscita a Arte e trasformazione. Essere ogni giorno una persona diversa. Tanti lo sognano, lei invece lo fa. Tutti i giorni. Puntuale, all’ora di colazione, Camilla Fillippi si trasforma. Annulla sé stessa e indossa i panni di un personaggio, un film, una canzone, un quadro. Bastano pochi elementi. Una parrucca. Una tazza. E Camilla diventa oggi Charlot, domani Madonna, e poi ancora Steve Jobs, Mia Wallace di Pulp Fiction o la Ragazza con l’orecchino di perla di Veermer. Ogni scatto fissa il momento e racconta un’identità in un continuo gioco di rimandi e citazioni all’immaginario della cultura pop. Il proscenio scelto non è il palco di un teatro o il set di un film bensì Instagram, il social fotografico per eccellenza. Uno spazio indefinito plasmato dal suo stato d’animo al risveglio e che reinventa artisticamente il concetto stesso di selfie. Sono nate così le “Psychedelic breakfast” di Camilla. Le sue performance visive, così particolari, hanno attirato l’attenzione di galleristi e non solo. Dopo la mostra curata da Gianluca Marziani e allestita, nel giugno scorso, a Spoleto nell’ambito del Festival dei Due Mondi, la Filippi è stata invitata da Gucci per partecipare al progetto #GucciGram e ha reso omaggio alle stampe Blooms e Caleido della maison reinterpretando un quadro del pittore surrealista Magritte. Ma oltre alla passione per l’arte, Camilla Filippi è e resta soprattutto un’attrice. Una giovane attrice, brava e versatile come poche. Da anni si divide tra grande e piccolo schermo. Alle spalle un lungo curriculum fatto di pellicole di qualità (Figli delle stelle, Il mondo fino in fondo, Banana, In fondo al bosco) e fiction (Tutti pazzi per amore 2, Ragion di stato) , come quella di cui è protagonista su Rai Uno dal 27 dicembre scorso: Tutto può succedere. Una fiction che arriva direttamente dagli Stati Uniti. Si tratta infatti di un adattamento della celebre serie americana Parenthood che in pochi giorni ha riscosso grande successo, merito anche di un cast che vede tra i suoi protagonisti Giorgio Colangeli, Licia Maglietta, Pietro Sermonti, Maya Sansa, Ana Caterina Morariu, Alessandro Tiberi, e Camilla Filippi appunto. Al centro passioni e tormenti della Famiglia Ferraro. Una famiglia italiana alle prese con problemi comuni: la crisi economica, il fallimento di un matrimonio, la difficoltà di trovare lavoro e l’incapacità dei genitori di comprendere i figli. Una famiglia come tante altre viste in tv ma con un qualcosa in più che la contraddistingue, come ci racconta Camilla nell’intervista che ha concesso a Il Giornale Digitale.
In ogni immagine racconti a tuo modo un personaggio diverso, un quadro piuttosto che uno stato dell’anima. Dall’idea di base alla sua messa in pratica, qual è il percorso che segui, da cosa ti lasci ispirare?
Cerco “il giusto riferimento”: tutto ruota attorno alla mia emotività. Sento come sto quando mi sveglio e, in base a quello che provo, cerco nella mia mente l’immagine che rappresenti quello stato d’animo nel modo migliore.

Arte e Social. Un binomio sposato dalla Maison Gucci per il progetto #Guccigram. Com’è stato far parte di questo progetto così esclusivo?
È stato emozionante e gratificante essere una dei due italiani scelti in una selezione di artisti internazionali. Credo che Alessandro Michele, che già tanto ha dimostrato dalla sua prima collezione, stia perseguendo una strada virtuosa che crea sinergie con le varie arti nella coerenza di quest’epoca.

Altri progetti in vista?
Girerò un film ad inizio anno, un ruolo tosto, una comica con problemi gravi di alcolismo. Una sfida difficile ma molto stimolante.