“Datemi Prospettiva!” diceva il critico Egò nello splendido film di animazione Ratatouille, quando il cameriere giunge al suo tavolo per porgere il menù.

Lo chef Picchi invece, titolare di mezzo impero della ristorazione “bene” fiorentina, decisamente più orientato a “conservare” che non alla “prospettiva”, ha dichiarato di farsi “una bella risata” di fronte ai giudizi massivi degli utenti TripAdvisor.

Di per sè la frase ha quel tono provocatorio ma anche fondato se la vogliamo dire tutta, di rottura nei confronti di uno strumento che poco tutela i ristoratori dal punto di vista della qualità del giudizio e in alcuni casi anche della veridicità delle informazioni se è vero che molti giudizi sono pilotati o addirittura autoprodotti.

Tripadvisor corre ai ripari e promette alla Federazione Italiana Pubblici Esercizi, maggiore rigore e un sistema di controllo delle recensioni. Come farà, chissà chi lo sa. Ma tant’è.

Il tema è di certo molto attuale visto il clamore suscitato da interessare addirittura un’ “amaca” di Michele Serra e da scomodare Dissapore, il rinomato blog di settore.

Hotel e ristoranti hanno incrementato visibilità ed economia grazie a tripadvisor e ai suoi emuli e di certo tornare indietro sarebbe impossibile. Lo strumento è straordinariamente efficace anche per gli utenti; sfido chiunque si sia trovato in un qualsiasi posto del mondo, a dire che almeno una volta non lo abbia consultato per farsi suggerire una struttura.

Ma l’interrogativo che lo chef Picchi fa gravare come una tonnellata di carta carbone nell’oceano dei bit è se sia giusto che chi difatto non ha nessuna idea di uno standard di hotel o del lavoro di una brigata di cucina, sia titolato a parlarne.

E la questione non è neanche così banale, considerando le nevrosi personali, le perle comunicative che appaiono sui social e la parola offerta a chiunque (che difatto non ci mette neanche tanto la faccia). Di certo sparirebbe quel potere spesso meschino e poco meritocratico attribuito a certi bloggers e a molti influencer, il cui unico merito è quello di trascinare folle autoreferenziali che, “siccome tutti mettono like, lo metto giù anch’io” (non sia mai qualcuno abbia voglia di uscire un pò dal mucchio…).

Onestamente, fra una Chiara Maci e un compianto Raspelli, non avrei alcun dubbio su chi sia davvero esperto di gastronomia e cucina. La patinata università di Masterchef contro la dura scuola della Gastrite.

Ma d’altro canto si riaprirebbe un varco inaccessibile, appannaggio di pochi, selezionati esperti. Ma forse più affidabili.
Quelli, per dirla come Michele Serra, “che si sono fatti venire la gotta a forza di girare i ristoranti”. Verrebbe meno la democrazia che il web garantisce e il tempo speso per il lavoro guadagnato a posizionarsi.

Ma a posizionarsi in quantità non è difficile se hai tanti followers. Posizionarsi in qualità significa lavorare sulla propria credibilità, sulla veridicità delle proprie informazioni. Significa che qualcuno legge il testo e non solo i titoli.

La domanda finale dunque è: fidarsi di un perfetto sconosciuto a cui magari il ristorante di fronte dà fastidio per vari motivi o fidarsi di qualcuno che ha affinato il palato a una scuola alberghiera, ha avuto mentori e maestri e sa riconoscere un uovo sodo da una gallina lessa?

Datemi prospettiva, vi prego. La prospettiva!
Ai follower, l’ardua sentenza.