Per quel poco che possano valere i giudizi e le esperienze personali, chi scrive non aveva mai creduto al venerdì 17, all’infinita letteratura di miti e leggende a proposito dei suoi significati. Fino a quando, neopatentato, un tranquillo pomeriggio di un agostano venerdì 17 un brutto incidente d’auto non lo fece ammalare di Eptacaidecafobia, quell’irrazionale e a suo modo ineluttabile timore verso il giorno più sfigato che esista.

Sì ma da dove viene fuori questa storia del venerdì 17? La versione ufficiale – e anche quella più longeva – si perde quasi nella notte dei tempi. Nella tradizione greco-latina infatti, il venerdì e il 17 non sono mai stati ben visti: il venerdì, nella dottrina cristiana, è notoriamente considerato il giorno della crocifissione di Gesù Cristo. E il 17? Prima che un giovanissimo Cristiano Ronaldo lo rendesse nobile, indossandolo con la nazionale portoghese quando il 7 era ancora di proprietà di Luis Figo, in antichità veniva visto come portatore di disgrazia, trovandosi in mezzo ai numeri 16 e 18, emblemi di perfezione matematica. E se ciò non bastasse, per tornare alle sacre scritture, nel libro della Genesi (7-11) si racconta che il principio del diluvio universale cadde proprio nel giorno 17.

Certo, prima dell’arrivo della globalizzazione, è anche dalla superstizione che si palesa la nostra origine da spin-off della società romana: i latini infatti temevano il diabolico 17 per via dell’incisione che si era soliti leggere sulle lapidi, VIXI (Vissi = Sono morto), anagramma di XVII, il diciassette romano. Una lettura fatalistica degna del miglior Adam Kadmon.

Oronzo Canà e Crisantemi, calciatore portasfiga già dal cognome ('L'allenatore nel pallone')
Oronzo Canà e Crisantemi, calciatore portasfiga già dal cognome (‘L’allenatore nel pallone’)

La paura per il venerdì 17 tuttavia è un’esclusiva italiana: in America c’è il famoso venerdì 13 (o Triscaidecafobia, se preferite), col corredo di esempi cinematografici e letterari al seguito (uno su tutti, il Venerdì 13 che regalò all’immaginario collettivo la figura di Jason Voorhees). In Spagna, Grecia e Sudamerica la suggestione negativa ricade sempre sul 13, ma applicato al martedì. Perchè il tredici? Anche qui le interpretazioni sono molteplici ma la principale, come prevedibile, ha a che fare con la religione: il tredicesimo commensale nell’ultima cena è Giuda. D’altronde – visto che le suggestioni attraversano le epoche – anche nella nostra cultura popolare, non porta bene sedersi in tredici a tavola.

Tornando però al 17, si arriva a toccare persino il macabro. Il 1922-1923 è un biennio tragico per il mondo automobilistico italiano: a pochi mesi di distanza, i piloti Biagio Nazzaro e Ugo Sivocci persero la vita schiantandosi con le proprie vetture, entrambe, manco a dirlo, contrassegnate dal numero 17. Che da quel momento venne poi bandito (e lo è tutt’ora) dal mondo delle corse nazionali a quattro ruote.

Perciò, voi uomini del 2015, che adorate il dio Periscope e navigare nel web 4.0, fate poco i gradassi: come diceva l’indimenticato Eduardo, essere superstiziosi è da ignoranti. Non esserlo, però, porta male.

(Per la cronaca, chi scrive guarì poco tempo dopo dall’Eptacaidecafobia, dopo un esame universitario incredibilmente fortunato.)