Non è una necessità, ma una scelta, quella di viaggiare da soli. E i motivi sono tanti: voglio sperimentarmi, voglio scoprire nuovi luoghi, voglio superare una paura, voglio non dover dare conto a nessuno.

Un elenco infinito che giorno dopo giorno è arricchito da chi quest’esperienza l’ha fatta e la consiglia perché sa che la valigia, al ritorno, sarà carica di emozioni, conoscenze, immagini.
Il fenomeno del viaggiare da soli è in crescita, ed è soprattutto declinato al femminile, secondo un recente studio di booking.com.
Una tendenza nata nel mondo anglosassone che si sta diffondendo anche in Italia, come testimonia il successo del blog Viaggiare da soli, divenuto uno dei punti di riferimento per chi, zaino in spalla, parte in solitaria.

Ne abbiamo parlato con Francesca Di Pietro, psicologa, travel coach e fondatrice di “Viaggiare da soli”.

Francesca, da quanto tempo si occupa di questo tema e com’è nata l’idea del blog?

Dal 2011, ho lasciato il mio lavoro, ho condotto una ricerca sperimentale su 780 viaggiatori in 3 lingue mentre viaggiavo per il Sudamerica. Quando sono tornata, mi è servito un anno per elaborare i dati e farmi pubblicare dall’Università di Padova e dalla Sapienza di Roma.
Poi ho capito che nessuno parlava dei viaggi in solitaria, che c’erano troppi pregiudizi ed idee sbagliate, così ho iniziato a parlarne io.
Dopo pochi mesi ho strutturato il percorso del Travel Coaching e così è partito il tutto,spero a breve di finire il mio libro in merito.

Da ricerche recenti è emerso che il fenomeno del viaggiare da soli è in aumento, soprattutto tra le donne.
Che differenza c’è tra un uomo e una donna nell’approccio al viaggio da solo?

Direi che va sempre contestualizzato. In Italia le donne sono più restie, nasciamo da una cultura maschilista che ha inculcato nella donna il bisogno di essere dipendente e fragile. Quindi oltre alle difficoltà effettive si devono superare anche quelle sociali.

Scelta o necessità: cosa spinge generalmente a fare un viaggio di questo tipo?

No direi che ci sono domande e spesso i viaggi sono le risposte, ovviamente entrambe infinite.

C’è ancora una certa resistenza nei confronti di chi decide di questa tipologia di viaggio? Se sì, perché?

Direi di sì. Si pensa che chi viaggia da solo sia un mezzo sfigato in una camera d’albergo fatiscente che cena da solo in ristoranti anni ’70 con luci al neon ad intermittenza, bevendo vino scadente in confezioni da uno! [Si, ho una fervida immaginazione!] La realtà è completamente diversa, è piena di novità di scene inaspettate, non sai mai come finirà la tua giornata e con chi.

C’è un atteggiamento “giusto” per chi si approccia ad un viaggio in solitaria?

Direi devi essere flessibile, con capacità di problem solving spinte, socievole, ma con un dei tratti introspettivi per poter affrontare in modo positivo la solitudine, autonomo, empatico e poi le alte cose le scoprirete nella mia prossima ricerca, ma dovrete aspettare un bel po’…

Borges diceva: “Il viaggio non finisce mai, solo i viaggiatori finiscono” .
Che cosa resta per sempre di un viaggio e cosa non dovremmo mai perdere dello spirito del viaggiatore?

Di un viaggio restano le ferite, come nella vita, resta la sorpresa su di sè e sugli altri! Non si deve mai perdere la consapevolezza che da solo ce la puoi fare, la voglia di andare oltre il proprio orticello e la capacità di scegliere sempre.

Per concludere, ci lascia con tre consigli per chi si appresta a fare quest’esperienza?

Viaggia leggero, sorridi sempre e stai tranquillo, il mondo non è così pericoloso come ti raccontava mamma.

[Fonte Photo Cover: travelstories.it]