Quello del secondo piano ha un’aria simpatica, la signora del quinto dicono sia stata una famosa scultrice, il professore del primo è un po’ introverso ma in ascensore due chiacchiere le concede sempre. Sono i vicini di casa, sconosciuti che diventano volti familiari, giorno dopo giorno, tra una busta della spesa e un pensiero di troppo. Tutto finisce lì? Non per gli abitanti delle social street che hanno trasformato l’idea del vicinato in qualcosa di molto più reale, grazie al virtuale.
Bologna, Via Fondazza, 2013. La storia del vicinato 2.0 inizia qui, grazie all’intuizione di Federico Bastiani, giornalista ed esperto di comunicazione. Federico si rese conto di non conoscere nessuno dei suoi vicini, nonostante abitasse lì già da tempo. Aprì allora un gruppo su Facebook per raccogliere gli abitanti di Via Fondazza, accompagnò il tutto con dei volantini per diffondere l’iniziativa e in pochi giorni il gruppo “residenti in Via Fondazza” si popolava naturalmente. C’era chi si metteva a disposizione per portare su la spesa, chi si offriva per aiutare nello studio, chi ancora chiedeva un buon meccanico in zona e si fidava, appunto, del consiglio del suo vicino.
Ed è proprio di pochi giorni fa l’inziativa muri di versi, esperimento di socialità poetica, che ha visto la prima social street d’Italia ospitare manifesti e poesie in una galleria a cielo aperto che ha catturato l’attenzione dei passanti.

Fonte photo: thesocialpost.it
Fonte photo: thesocialpost.it

Una piccola realtà, quella bolognese, che ha aperto la strada alle altre social street d’Italia, il passaparola è stato infatti così veloce da rendere Via Fondazza un modello da imitare. Il network si è ampliato ed è diventato una piattaforma on line pronta a raccogliere tutti i casi di vicinato moderno, raccontando esperienze e aneddoti. La mappatura del portale è aggiornata in tempo reale: da Alessandria, a Bolzano, da Roma a Catania, il fenomeno delle social street anno dopo anno ha invaso il Belpaese fino a raccogliere attualmente circa 379 social street. L’area più numerosa resta Bologna, pioniera dell’esperienza, seguono Roma, Milano, Palermo, Firenze. Anche all’estero si guarda con favore a questa forma di vicinato e in Svizzera, Austria e Brasile si contano i primi esperimenti.

Il sito, come recita la stessa filosofia, vuole essere il punto di riferimento per chiunque voglia intraprendere questa strada. Il meccanismo è molto semplice, basta aprire un gruppo Facebook chiuso il cui requisito è che i partecipanti abitino nella stessa via, poi serve pubblicizzare il gruppo e segnalarlo alla piattaforma socialstreet.it. Occorre poi un moderatore, per valutare di volta in volta gli annunci postati. Tante storie ordinarie che diventano straordinarie per la bellezza che le contraddistingue, persone che fino al giorno prima si erano ignorate iniziano a incontrarsi, naturalmente.

L’obiettivo primario è quello della socialità, e quindi instaurare legami nel vicinato, ma anche la possibilità di risolvere problemi concreti, innescando un’economia del mutuo soccorso che metta in circolo esperienze e consigli. Oltre alla condivisione si possono organizzare eventi, social dinner, assemblee per capire come migliorare la zona in cui si vive, elaborare proposte.

Un successo per nulla scontato ha coinvolto le social street, diventate oggetto di studio per antropologi e sociologi che si sono interrogati sui fattori determinanti. La voglia di sentirsi parte di una comunità, e di utilizzare il social più famoso per fare il salto dal virtuale al reale, privilegiando una dimensione territoriale, sono tra gli elementi che hanno reso questo fenomeno così travolgente. Non ci sono strutture, è un modello assolutamente libero – come riporta la piattaforma- il che rende ogni persona responsabile e protagonista del proprio gruppo.
La rivoluzione spesso inizia dalla porta accanto.

[Cover Credits: Francobraso/Wikimedia Commons]