I Giochi Olimpici sono come antica tradizione greca come il concetto ateniese di democrazia. Finché c’è stata la cultura umana e lo sport sono state una parte integrante di esso. Nelle loro molteplici forme e sulla loro lunga storia, dello sport hanno fornito sollievo dal trudgery della vita quotidiana e un modo meno cruento per risolvere i conflitti di una guerra.
Un nuovo tipo di competizione è sorta in questi ultimi anni. Tuttavia queste gare si svolgono non su un campo, ma dentro il mondo dei videogames. I cosiddetti e-sport stanno crescendo rapidamente e con forza: l’attuale torneo di Dota 2 offre una ricca borsa, un pubblico enorme, e un sacco di gloria per i vincitori. E non è l’unico. E-sport hanno fan devoti e superstar famosi, un gran numero di spettatori, e un sacco di trash-talking.
Chi pensava che i videogames fossero solo divertimento o al massimo associava a questa passione un pazzesco giro d’affari (in effetti è così: è un’industria che incassa 20 miliardi di dollari più di quella musicale e adesso ha nel mirino quella cinematografica), sappia che c’è dell’altro: in giro per il mondo vengono organizzati megatornei di videogames dentro stipati palazzetti del basket e stadi di calcio.
A luglio, “The International“, una sorta di Champions League di Dota 2 (gioco strategico a squadre in tempo reale con ambientazione fantasy), ha riempito la Key Arena di Seattle con 11mila spettatori.
Tutti ansiosi di spellarsi le mani e incitare come ultrà alcuni ragazzotti come loro, generalmente compresi fra i 18 e i 30 anni: i fuoriclasse di questo passatempo da computer, trasformato in una vera professione.
Squadre di videogiocatori sponsorizzate da marchi internazionali, ricchi montepremi, canali televisivi tematici e dirette streaming in tutto il pianeta.
Amazon ha da poco acquisito la piattaforma Twich, simile a YouTube ma dedicato esclusivamente agli e-sport.
Ormai questa disciplina inizia a intrigare anche gli sponsor: Coca-Cola e American Express si sono già “buttate” su quella che ritengono sia una potenziale e inaspettata sorgente di nuovi clienti.
Gli e-sport e le varie leghe che si stanno formando hanno nomi simili a quelle dei grandi sport Usa, come Major League Gaming o Electronic Sports League, che invitano a iscriverti nel loro sito per catapultarti istantaneamente nel mondo dei giocatori professionisti.
Il fenomeno si sta espandendo con la rapidità con cui devi saper azionare i comandi dei videogames. È una mania contagiosa che segue le regole di qualsiasi altro business: più persone comprano videogames e si dimostrano interessate a queste olimpiadi virtuali, più soldi vengono investiti, più ragazzi sono disposti a tutto pur di afferrare al volo questa redditizia opportunità.
Peter Dager, campione americano famoso e adulato da un cospicuo numero di follower su Twitter, quest’anno metterà in tasca migliaia di dollari (con un terzo posto in un torneo ne ha guadagnati “solo” 200mila). Gira il mondo per i tornei e si allena nella sua stanzetta di Fort Wayne, Indiana, dove abita con i genitori.
L’attrezzatura di un videogiocatore non è un investimento da poco: un computer da pro gamer costa diverse migliaia di dollari tra processori, schede, monitor e connessione al Web ad altissime prestazioni.
Ma soprattutto servono lunghi ed estenuanti allenamenti. Perché come i colleghi più famosi di basket o football, il videogiocatore a tempo pieno è costretto a trascorrere decine di ore alla settimana davanti allo schermo.
Lo spirito competitivo si sta gradualmente espandendo dal fisico al digitale, ma gli oppositori dei videogames non mancano. Lo sport implica movimento, doti fisiche, atleticità. I videogiocatori possono definirsi atleti?
Gli sport moderni sono stati codificati nel XIX° secolo, e gran parte delle emozioni provocate sono ottenute dal guardare l’evento sportivo inserito in un contesto reale. Ogni nuovo record del mondo nell’atletica è un risultato cumulativo che si basa sugli ultimi sforzi di esseri umani che hanno giocato con le stesse regole.
Risultati da annali dello sport mondiale. Un videogamer resta nella storia?
Staremo a vedere. In un mondo dominato dalla tecnologia, gli orizzonti possibili sono infiniti. Anche lo Sport 2.0.