Il Giornale Digitale ha avuto il piacere di intervistare per voi questa settimana Vincenzo Cerracchio, ex giornalista de “Il Tempo” e de “Il Messaggero”, ora in pensione, ma facente parte del Consiglio di disciplina dell’ordine dei giornalisti del Lazio. Nella sua carriera si è occupato di Cronaca di Roma a “Il Tempo”, prima di dedicarsi poi interamente alla sua grande passione per lo sport. A “Il Messaggero”, con cui ha iniziato a collaborare nel 1989, Cerracchio è stato anche responsabile della sezione sport dal 2009 fino al 2013. Ha seguito ben 5 Olimpiadi ma anche i Mondiali di calcio, di nuoto e di tanti altri sport. Oggi aiuta a crescere anche i ragazzi, aspiranti giornalisti, che lavorano su Laziopolis, un sito online che si occupa di seguire tutta la Polisportiva Lazio nelle più svariate discipline. Ecco l’intervista.
Come tu ben sai il ruolo del giornalista nell’ultimo decennio ha subito un cambiamento epocale. L’irruzione prepotente di internet ha cambiato in positivo o in negativo il giornalismo? Sei più un apocalittico o un integrato?
Dal mio punto di vista è cambiato in peggio, con internet vengono meno dei baluardi del giornalismo come la lunghezza dei pezzi, la capacità di adattare quello che devi scrivere a delle misure prestabilite dal giornale. Questo è un esercizio alla sintesi o all’allargamento della notizia che faceva la differenza tra un giornalista ed uno che non lo era. Adesso con internet tutto quanto è diventato più telegrafico.
Tu hai lavorato per tanti anni a “Il Tempo” e a “Il Messaggero”, ora invece continui a svolgere il tuo lavoro online per aiutare a crescere dei giovani ragazzi. Qual è la più grande differenza tra una redazione virtuale e quella di un importante testata cartacea?
Le differenze sono tantissime, innanzitutto quando lavori per una grande testata, sei inquadrato in un esercito, che parte dal direttore e arriva fino all’ultimo praticante o collaboratore. Le realtà di un sito internet sono realtà molto piccole, e quindi è difficile anche richiedere a chi collabora un impegno continuo, quotidiano, orario, che invece è richiesto in un quotidiano. Sono due realtà assolutamente differenti anni luce.
Un aspetto positivo e uno negativo del tuo lavoro?
I lati positivi del giornalismo sono tanti. Il giornalismo ti aiuta a crescere, è una battaglia con se stessi, è un cercare di migliorare quotidiano. Ti dà grandi soddisfazioni, ti fa viaggiare il mondo quando raggiungi certi livelli. Per quanto riguarda i lati negativi direi i rischi dovuti al fatto di essere un po’ il quarto potere, e soprattutto ad alti livelli c’è il pericolo di essere condizionati da questo ruolo, e di non essere sempre imparziali come si dovrebbe.
Parlando invece di sport, sappiamo tutti della tua fede laziale, ma a cosa pensi sia dovuto il cambiamento avviato quest’anno? Cosa è successo in casa Lazio? Pensi che i biancocelesti possano ambire a qualcosa di più il prossimo anno?
Io penso che i laziali avessero bisogno di un’iniezione di entusiasmo. La Roma sta andando bene dopo il famoso 26 Maggio, e quindi di conseguenza dopo un anno vissuto male, c’era questo bisogno di Lazio. La squadra ha iniziato a giocare bene, un po’ di risultati sono iniziati ad arrivare, si è arrivati addirittura al terzo posto e l’entusiasmo è tornato. Forse un insieme di fattori casuale ma fortemente voluto. I Laziali se lo aspettavano questo momento per rialzare definitivamente la testa. Per il prossimo anno penso che difficilmente la Lazio potrà subito diventare una squadra da scudetto, ma la mia speranza è che possa tornare grande e rimanere tra le prime in classifica per tornare in Champions.
Una piazza come Parma saluta la Serie A e rischia la Serie D, qual è il tuo pensiero su questa situazione?
Penso che veramente non si può mai essere tranquilli. Il Parma sembrava navigare in buone acque. Parma è una città ricca anche dal punto di vista imprenditoriale, e con una squadra che comunque nonostante tutto non era chiamata ad essere una squadra di vertice. Sembrava la situazione ideale. Purtroppo queste situazioni dipendono sempre dagli uomini. Se trovi un presidente, una dirigenza che fa passi più lunghi della gamba, che fa addirittura delle speculazioni, e non ha questa solidità che si pensava, chiaramente come è capitato al Parma può capitare a chiunque. Bisogna stare attenti, il calcio non è più in mano a mecenati ma anche in mano a degli speculatori.
Parlando appunto di presidenze e dirigenze. Sempre più investitori vogliono spendere nel campionato italiano. L’ ultimo esempio è quello del Milan, secondo te questa può essere una risorsa importante per poter tornare a competere con campionati come la Liga, la Bundesliga e la Premier League?
In Italia in questo momento siamo veramente agli sgoccioli. O si fa un campionato autarchico senza nessuna speranza di competere a livello europeo, si abbassano gli stipendi, e si riporta il calcio al tempo della crisi, oppure se vuoi stare al passo con le altre nazioni non puoi fare a meno degli investitori stranieri. In Italia non ci sono più gli imprenditori di una volta. Adesso è tramontato Berlusconi, non c’è più Moratti che ha messo tutti i patrimoni di famiglia. I grandi imprenditori italiani, come Ferrero o le grandi industrie, quando sono stati chiamati in causa, hanno sempre rifiutato. Quindi è importante che gli stranieri investano. Poi non è che se un imprenditore viene dalla Korea, ci porta allenatori coreani e giocatori coreani. Quel che conta è che loro investano, e poi il calcio lo facciamo noi.
Cosa ne pensi del clamore mediatico che si sta creando intorno a Lotito?
Era prevedibile. Lotito secondo me è entrato nel calcio a gamba tesa, nel bene o nel male. Bisognerebbe conoscere a fondo le idee di Lotito per poterlo decifrare. La cosa certa è che si è imposto e ha avuto le deleghe alle riforme da parte degli altri presidenti di Serie A, decide anche per loro, e quindi qualsiasi cosa fa, si ritrova al centro delle critiche, spesso anche perché non sempre dal punto di vista mediatico fa le cose in modo discreto. Lotito va per la sua strada, cerca di ottenere il massimo da questa presidenza della Lazio, ma evidentemente il suo modo di fare, il suo carattere, lo porta a degli svarioni come quello di questa telefonata con Iodice, tra l’altro privata, di cui di questo si può a lungo discutere.
Qual è il ricordo più bello della tua carriera da giornalista?
Quando nei primi anni di carriera, trattavo di cronaca, i momenti più belli sono stati quando riuscivi a fare un piccolo scoop, avere una piccola indiscrezione su un fatto di cronaca nera o in un’intervista particolare. Dal punto di vista sportivo invece, sicuramente sono state le Olimpiadi. Io ho fatto cinque Olimpiadi per “Il Messaggero”. Dal punto di vista professionale è fantastico, essere immersi 24 ore su 24 in questa realtà, in mezzo a tutto lo sport, e visto che lo sport è una delle cose che amo di più in assoluto, è chiaro che è stata l’esperienza più bella della mia vita.
Ringraziamo Vincenzo Cerracchio per la sua disponibilità e gentilezza.
[Credits Cover: Vincenzo Cerracchio]