Buon esordio al botteghino per il primo weekend in sala di Se mi lasci non vale, l’ultimo film diretto e interpretato da Vincenzo Salemme che si è posizionato quarto nella classifica Box Office Italia lo scorso fine settimana, perdendo qualche posizione nel secondo weekend con oltre 9mila spettatori (dati Box Office Italia aggiornati al 28 Gennaio 2016).
Affiancato sul set da un cast robusto, con le eclettiche Tosca D’Aquino e Serena Autieri e gli alfieri Paolo Calabresi e Carlo Buccirosso, Salemme porta sul grande schermo un soggetto scritto insieme a Paolo Genovese e Martino Coli, e personalmente diretto e interpretato per intrecciare amore e amicizia in un simpatico piano vendicativo, ingrovigliato da equivoci e inciampi in perfetto stile partenopeo. Un film per il grande schermo che trasuda teatralità, non casuale data la scuola di Eduardo De Filippo che accomuna la coppia Salemme-Buccirosso, protagonisti delle sequenze più convincenti ed esilaranti del film, insieme ad una effervescente Tosca D’Aquino.
Il ritorno alla macchina da presa dopo E fuori nevica del 2014 si sposa con il lungo tour teatrale che sta impegnando Salemme in giro per l’Italia con il suo spettacolo Sogni e Bisogni, che ripropone sul palco una commedia dell’attore datata 1995, tratta e riadattata dal romanzo di Moravia Io e lui. Ed è proprio in viaggio tra una tappa ed un’altra del tour che abbiamo intercettato Vincenzo Salemme per una piacevole chiacchierata di riflessione e condivisione circa gli ultimi prodotti artistici e i desiderata futuri.

Le ragioni del buon esordio del tuo nuovo film al botteghino possono risiedere nel fatto che l’amore ferito al cuore del film è un tema caldo per molti o la commedia è un genere che richiama il pubblico in sala, o magari al pubblico mancava Salemme regista per il grande schermo dopo E fuori nevica del 2014. Quale ritieni sia il reale punto di forza di Se mi lasci non vale?
Secondo me una buona sceneggiatura e il cast. Le due cose a mio avviso migliori del film. Poi certo, le risate aiutano. Se riesci a far ridere lo spettatore è sempre contento. Che poi in realtà lo è anche di fronte a un film d’azione girato bene o un drammatico che fa piangere. Tutto ciò che genera emozione riempie la sala.
Quanto ti è mancato il cinema?
In verità non me lo sono fatto molto mancare. Dopo E fuori nevica ho girato un altro film che uscirà ad Aprile. Non sono stato fermo tanto. Giro molto anche come attore. In genere quasi tutte le estati faccio un film, non solo mio personale. Il teatro, invece, è più un ‘diesel’. Procede più lentamente, con un’altra fatica. Una bella fatica, però.
Il recente precedente in sala più discusso per il genere Commedia è stato il Quo Vado di Checco Zalone. Avverti la competizione o ritieni che le due pellicole si muovano su binari distanti, e se sì perché?
È fantastico. Mamma mia. Zalone è a distanza siderale da me. Lui fa 70 milioni e io in confronto spiccioli. Non mi viene proprio in mente di sentirmi in competizione. Lui è pazzesco e ormai fa parte dell’immaginario collettivo. Io faccio l’attore e ho un ‘mercato’ limitato. Lui è molto più popolare. Il pubblico si fida, sa che trova nei sui film gli ingredienti giusti. Di Zalone ce ne sta uno. C’è stato Pieraccioni tanti anni fa, ora c’è lui.

L’amore ferito, come detto prima, è al centro della tua pellicola. Si ride per la ‘rivolta di due ex’ che rappresenta il fil rouge del film, ma alla fine ci si commuove pure quando il tuo personaggio mette da parte il rancore e fa un passo indietro per lasciare che l’amore tra l’amico e la ex possa fare il suo corso. L’amore vince sempre, insomma. Ti sei mai trovato nella vita nella posizione di Vincenzo, il tuo personaggio nel film?
Nel film si sente forte il valore dell’amicizia. Scrivendo le commedie e facendo il regista devo sempre dare qualcosa di me. Sono abituato ad essere felice del successo delle persone a cui voglio bene, inteso come raggiungimento dei traguardi che l’altra persona si è prefissa. Questo è lo spirito che condivido. L’amicizia penso che contenga l’amore, non il contrario.
Napoli è fotografata nel film in tutto il suo splendore e il film è certamente un prodotto cineturistico che richiamerà visitatori nella città. E’ stato un omaggio alla tua terra (anche se non sei nato a Napoli)? Tornerai a girare lì?
Spero davvero il film possa richiamare gente a Napoli. Non so se girerò un film e che tipo. Giro sempre volentieri a Napoli. Lì è come quando fai gli spaghetti al pomodoro. Se ti limiti ad usare gli ingredienti giusti, senza rovinarli, fai di sicuro un buon piatto. Girare lì è come una carezza.
Dietro o davanti la macchina da presa. Dov’è che Salemme trova la maggiore espressione?
Mi piace moltissimo stare dietro la macchina da presa. Ma non posso negare che mi piace anche star davanti. Non saprei dirlo. Quando faccio l’attore sono sereno e felice e mi piace che ci sia un regista che si prenda cura di me. Le due cose si mescolano.

In cosa sei maggiormente autocritico sul lavoro? Cosa ti rimproveri più spesso?
L’incapacità di contenere i miei dubbi. Sono pieno di dubbi, troppo.
E da regista cosa esigi particolarmente dai tuoi attori?
Di non essere finti, di sentirlo davvero. Quello che si chiederebbe anche a un bambino: ‘Fai finta che è vero‘.
Tosca e Serena, due attrici carismatiche, eclettiche, bellissime, ma molto diverse tra loro. Una caratteristica di ognuna di loro – il pregio – secondo te, che ti sei trovato a dirigerle sul set ed averle come partner.
Tosca e Serena hanno entrambe, ad incrocio, le qualità dell’altra. Tosca è una donna che sembra a primo impatto farfallona, invece poi ti accorgi che ha un senso della realtà e della concretezza molto spartano. Sembra barocca, invece poi è assolutamente greca. Si porta dentro qualcosa di tragico. Serena, invece, che sembra così altera in realtà è fragile, con una delicatezza d’animo sorprendente. Entrambe, per ragioni differenti, sono sorprendenti.

Sei a teatro con Sogni e Bisogni, una commedia sulla crisi del maschio, al contempo incentrata sugli interrogativi più comuni e semplici della natura umana. Il tuo ritorno a teatro è stato per te terapeutico, si legge in altre interviste. Come e perché il Teatro esercita questo effetto su di te?
Il mio non è mai un ritorno a teatro perché io faccio sempre teatro, tutti gli anni da quarant’anni. Credo per me sia terapeutico perché il teatro rappresenta una manifestazione che comprende l’intera mappa dell’essere umano, dal corpo alla mente. Dal teatro prende forma il DNA. Se hai modo di esprimerti a teatro riesci ad essere te stesso attraverso i personaggi. Il contrario di quello che accade agli esseri umani nella vita reale. Noi non siamo mai noi stessi. Sarebbe una bugia.
Edoardo De Filippo e l’arte della commedia. Quale sarebbe stata la tua strada se non fossi entrato in quella scuola e avessi affidato al Teatro le tue speranze e sogni professionali?
Mio padre era avvocato. Sarei finito a studiare Legge o Lettere. Forse avrei scritto. Sarei stato un umanista.
Un tuo ritorno in TV con un ‘One Man Show’ è possibile e ti piacerebbe?
Non mi dispiacerebbe affatto, ma non è all’orizzonte.
Ti vedrei bene anche alla co-conduzione di Striscia La Notizia. Ficarra e Picone, per esempio, sono usciti dal teatro e dal grande shermo per sedersi in quel bancone con successo. E Salemme quando e con chi potrebbe sedersi nelle poltrone di quello studio?
Bisognerebbe dirlo ad Antonio Ricci (ride, ndr.) Non saprei. Credo che lì i conduttori siano sempre un’idea. Essendo Antonio Ricci l’ideatore, non potrei mai mettermi al suo posto, non saprei proprio cosa fare. Non è un mio contesto, quindi non saprei nemmeno con chi dividerlo. Non sarebbe il mio mestiere.
Grazie a Vincenzo Salemme da Il Giornale Digitale.