Era il 13 maggio 1974 quando il 60% degli italiani votò “NO” al referendum abrogativo del divorzio. Dopo quarant’anni esatti, le statistiche e i numeri sui coniugi divorziati o separati parlano chiaro: la nostra società sembra non essere più fatta per il “per sempre”.
Che sia una coppia solida, una che ha bruciato le tappe, una matura o una più fresca, la fine di una relazione, con le sue complicate conseguenze, sembra non risparmiarne nessuna. I dati Istat, dal 1995 ad oggi, confermano, infatti, un’impennata del 101% di crisi matrimoniali culminate nel divorzio, generalmente in una fascia d’età compresa tra i quaranta e i quarantacinque anni, dopo almeno quindici di relazione. Senza contare poi il numero di separazioni a superare l’80% di casi. Il tutto condito dalla diminuzione del numero di matrimoni.
Il ciclo sociale della vita e i valori dietro di esso sono, dunque, innegabilmente cambiati: da tabù a consuetudine, il divorzio è oggi uno strumento usato e abusato.
La mancanza di comprensione, scappatelle extraconiugali, punti di vista differenti, problemi economici o di salute: catalogare le cause che portano le coppie di amanti a diventare divorziati singoli è pressoché impossibile.
Grande influenza ha però avuto la maggiore indipendenza delle donne, sempre più consapevoli dei propri mezzi e della propria autonomia. Situazioni che, infatti, in passato erano archiviate o tacitamente subite dalle donne, per evitare discriminazioni sociali e familiari, sono oggi sradicate dalle stesse, decise ad investire in un futuro felice e soddisfacente.
Si esce fuori da quegli schemi, in cui spesso si è entrati troppo in fretta o in cui ci si è logorati, per inseguire quell’ideale di felicità, di amore e di vita, in cui il sacrificio e le perenni tensioni non sono previsti.
Dunque, se fino agli anni ottanta la crisi coniugale era vista e vissuta come un fallimento, “l’incedere pressoché inarrestabile di separazioni e divorzi, nell’ultimo ventennio, ha capovolto questo punto di vista e pone la società davanti alla scomoda evidenza che, se non sostenuti da un sentimento d’amore, da un adeguato grado di impegno, di passione e di complicità, i matrimoni si concludono“, scrive Kernberg, psichiatra e psicanalista austriaco, nei suoi testi.
Il “per sempre felici e contenti” è la speranza di chi crede nell’amore e nella gioia che da esso deriva, ma il “per sempre felice” deve essere l’obiettivo di chi crede nella vita.