Anche la celebre Wired, versione italiana della celebre rivista statunitense lanciata nel 2009 da Riccardo Luna, ha deciso di chiudere i battenti dicendo addio al cartaceo e attenendosi esclusivamente, o quasi, alla versione digitale. A sei anni dalla nascita della rivista più famosa al mondo dedicata alla digital culture e all’innovazione in generale, un brand decisamente forte e fondamentale, lo chief operating officer di Condè Nast Italia Domenico Nocco– editore anche di Vanity Fair e Gq- ha comunicato la sua volontà: la rivista Wired si troverà in edicola solamente due volte l’anno per edizioni speciali, affidata ad enti esterni, e il sito wired.it verrà curato da sei dei dodici giornalisti presenti ora, un personale dimezzato la cui metà risulta esubera. Il comunicato pesa non poco per i giornalisti di Wired che, giustamente, hanno paura del licenziamento e dichiarano: «È assurdo che la periodicità del nostro cartaceo passi da dieci numeri annuali a due e che verrano, tra l’altro, affidati a service completamente esterni. Il 50% di noi è stato considerato inutile per portare avanti il lavoro, ma faremo tutto il possibile per salvaguardare il posto dei sei colleghi in mobilità e, soprattutto, cercheremo di mantenere le stesse condizioni lavorative e la stessa qualità avute finora, caratteristiche che da sempre ci differenziano di molto dalle altre testate. Il futuro è digitale, rimpiangere non serve a niente ed è una cosa che abbiamo appreso e che rispettiamo, ma siamo preoccupati per il futuro della testata Wired e del brand stesso». Preoccupazioni più che plausibili le loro, che non si vogliono arrendere davanti a questa grande evoluzione (e rivoluzione) tecnologica, guardando avanti ma tenendo i piedi nelle tradizioni, probabilmente affezionati alla rivista da leggere al mare o sulla metro. Si sono forse sentiti ingannati dalle parole di Fedele Usai, deputy managing director di Condè Nast Italia, che lo scorso aprile ha dichiarato: «Il digitale ci salverà, ma la carta non muore». Eppure, quando si parla di sole due copie cartacee annuali e soli sei contributor per quanto riguarda la gestione del sito e degli eventi, sembrerebbe proprio la fine di un’era. A far pensare è il fatto che Wired ha da sempre un successo non indifferente sul mercato, tanto che il bilancio dello scorso anno si è concluso con nove milioni di guadagno e una diffusione di 60mila copie. Ma, allora, cosa ha portato a questa scelta? Indubbiamente, il fatto che il sito wired.it registri cinque milioni di utenti unici al mese, di cui 500mila profilati, ha convinto il direttore, gli editor e tutto il resto della ciurma a concentrarsi di più sulla rivista web e, per farlo al meglio, il cartaceo è dovuto essere necessariamente messo da parte. Insomma, si tratta principalmente della coscienza del prendere atto dei numeri, ma l’incoscienza di perdere pezzi.
![[Credits photo: Lovlou / Flickr]](https://www.ilgiornaledigitale.it/wp-content/uploads/2015/06/igd_2924f16fe6d6c140fcfedd989f1b81dc.jpg)
C’è chi sostiene che i primi numeri di Wired fossero decisamente più ricchi di contenuti e di argomenti interessanti, piacevoli e di ottima qualità che, via via, sono andati a perdersi quando il sito ha smesso di arrancare come al principio. C’è chi sostiene, invece, che il problema è che la rivista ha cambiato direttore un po’ troppo spesso: dopo Riccardo Luna- che ora torna a far parlare di lui come digital champion, in quanto ha raccontato in un lungo articolo su chefuturo.it la nascita di Wired- c’è stato Massimo Russo, alle quali dimissioni è succeduto l’attuale direttore Federico Ferrazza, già responsabile dell’area web. Nonostante il recente piccolo calo di qualità, dovuto al marasma della chiusura, ai cambi di gestione e chissà a cos’altro, Wired rimarrà per tutti la rivista della non generalizzazione, la mosca bianca del panorama editoriale del Bel Paese, e non possiamo che auspicare che, quanto prima, anche sul sito della testata vengano valorizzati gli articoli meritevoli come nel loro stile, senza finire in quell’ammasso dimenticato di pezzi scritti esclusivamente per avere quel tot di clic e qualche lettore in più, scritti dunque più per necessità che per scelta. Sicuramente wired.it sarà anche presto meno confusionario dal punto di vista grafico, visto che i vecchi abbonati hanno richiesto una facilità di lettura e un’esposizione in generale equiparabile all’indimenticabile versione sfogliabile.
Perché nel 2015 le riviste e i vari giornali si leggono prevalentemente dalle piattaforme web, d’altronde è innegabile che la strada già ampiamente spianata per il futuro del giornalismo è questa, ma il cartaceo, si sa, ha tutto un altro fascino. E questo lo sanno bene i giornalisti di Wired che, però, si sono dovuti arrendere all’evidenza che qualità, passione e dedizione fanno di certo un gran bel lavoro ma, a quanto pare, non bastano.
[Fonte Cover: mag.wired.it]