Nel trio con cui in questi giorni il cinema italiano sta mostrando i muscoli al Festival di Cannes, insieme alla madre di Nanni Moretti e al racconto dei racconti di Matteo Garrone, c’è il prodotto forse più appetibile, Youth – La giovinezza di Paolo Sorrentino. E da buon napoletano – oltre ad omaggiare quando possibile Maradona – Sorrentino crede nel potere delle ricorrenze e sceglie il 20 maggio come data di uscita nelle sale: la stessa in cui due anni fa La grande bellezza si manifestò in tutta la sua potenza.
Girato principalmente in Svizzera (Davos e Films), ma anche Londra, Roma e Venezia, con lo script firmato dallo stesso regista partenopeo, Youth è pregno di respiro internazionale sin dalla prima ora. A partire da un cast di lusso, connubio di vecchie glorie e giovani rampanti del cinema anglofono: dagli intramontabili Michael Caine, Jane Fonda e Harvey Keitel a Rachel Weisz, Ed Stoppard e Paul Dano. La trama è incentrata sulla figura di Fred Ballinger (Caine), un attempato direttore d’orchestra in vacanza sulle Alpi svizzere con la figlia Leda (Rachel Weisz) e l’amico regista Mick (Keitel). Un giorno, la vita del vecchio e stanco Ballinger subisce una svolta inattesa quando la Regina d’Inghilterra lo convoca per dirigere un concerto a Buckingham Palace.
In Nord America, Youth, che già reca con sè un discreto appeal, verrà portato nelle sale da Fox Searchlight, una sorta di filiale indie della 20th Century Fox, che guarda caso negli ultimi 12 mesi ha distribuito negli USA prodotti come Grand Budapest Hotel e Birdman. La scia della Great Beauty, nel Nuovo Continente, è ancora presente e tangibile: si è detto e ridetto – con un pizzico di malizia e superficialità – che era fatta proprio per piacere agli americani. Ma l’impressione che Sorrentino guardasse oltreoceano, non solo come ambizioni ma anche come forma e approccio, è palese sin dagli inizi di carriera: This must be the place non era che il rendere esplicito quello che si era già visto – dalla fotografia all’utilizzo della colonna sonora, fino alla struttura narrativa – ne L’uomo in più e soprattutto ne Le conseguenze dell’amore.
Detto del modo di guardare le cose (e di guardare il proprio pubblico) di Sorrentino, è anche facile pensare che ci sia voglia, da parte sua, dopo l’annunciato e poco discutibile trionfo dello scorso anno, di prendersi una piccola rivincita dall’invece discutibile opera proveniente dal titolo del pezzo dei Talking Heads (anche loro citati nell’acceptance speech agli Oscar), un mezzo flop dopo l’exploit de Il Divo. Come se insomma il giustamente ambizioso Sorrentino – compiuta già un’impresa – volesse riuscire dove in molti autori nostrani hanno fallito: ripetere le gesta di un Leone o di un Bertolucci, grandi anche non in casa propria.
Non sarà certo facile portare a casa la Palma d’oro (tra i favoriti ci sono The Lobster del greco Lanthimos e Sicario di Denis Villeneuve), memori anche della mezza delusione di due anni fa, quando il premio più prestigioso se lo portò a casa La vita di Adele, battendo proprio La grande bellezza, l’altro protagonista della kermesse.
La sensazione però che Youth – La giovinezza sia un film che passa una volta ogni tanto (partorito da un autore, anche lui, che passa una volta ogni tanto) è palese sin dal trailer: raffinato, d’impatto e criticato, proprio come quello dell’opera-capolavoro che ci regalò l’Oscar.
[Ph. Credits: Luca Bigazzi/Paolo Sorrentino/Youth – La giovinezza]