C’è una cosa della promozione del Carpi che colpisce più di altre: non si vedono lacrime. Quella del Carpi è una festa pura, il giorno di gloria meritato di una città laboriosa che stanotte andrà comunque a letto presto e domani si rimetterà a lavorare. Ce n’è tanta di fatica dietro questo bel progetto. Un lavoro cominciato cinque anni fa, e non ancora concluso. Iniziato con Vecchi e sublimato da Castori, uno che prende meno di alcuni suoi colleghi di serie D, uno che preferisce il campo alle telecamere e che alle prime normali difficoltà (succederà) verrà messo in discussione dalla stampa italiana perché “non è un personaggio mediatico”. Il Carpi festeggia la Serie A, evviva il Carpi e abbasso Lotito. Demagogia.

Fonte: ansa.it
Fonte: ansa.it

Il Carpi non ha uno stadio, perché da domani dovrà trovarsi una sede dove andare a disputare il massimo campionato. Considerando che Reggio Emilia è già occupata e che Modena sopporta a mala pena l’idea che Carpi sia una sua provincia, chissà dove andranno in scena le partite casalinghe della squadra di Castori. Il Carpi non ha un settore giovanile di spessore: nessuno dei giocatori ieri in campo proviene dalla Primavera o agli Allievi. Il Carpi non ha creduto in un solo allenatore, per l’esattezza ne ha cambiati 11 in 5 anni, nemmeno il Palermo ha osato tanto. Molte invece le geniali intuizioni del DS Cristiano Giuntoli: da Mbakogu a Kevin Lasagna, uno che con quel nome dovrebbe recitare in uno spaghetti western e invece l’anno prossimo giocherà contro la Juventus. In fondo la ricetta del Carpi si ottiene mescolando due ingredienti sconosciuti per tante squadre: bilanci sani, pochi a comandare ma buoni.

Fonte: La Gazzetta di Parma
Fonte: La Gazzetta di Parma

Il Carpi non ha un bacino di utenza attendibile, non stuzzicherà l’entusiasmo delle TV straniere ma in compenso ha strameritato sul campo questa promozione. Non è un caso che le ultime due promozioni siano avvenute prima a Lecce, dalla Lega Pro alla B, e poi in casa contro il Bari, una delle favorite all’inizio del campionato per la promozione diretta. I tifosi del Bari in trasferta hanno potuto constatare quanto è dura la realtà della B. Quando ti ritrovi a cinque giornate dalla fine di un campionato mediocre a fare da sparring partner ad una squadra di provincia.

Quella del Carpi è una festa giusta, di un calcio simpatico e sano. Un calcio a cui non siamo abituati e che forse nemmeno ci piace. Perché dietro ai complimenti e le simpatie c’è in agguato una serie A mai così ricca di belle storie e rampanti province, che fanno la fortuna dei romanzieri ma non quelle dei botteghini e delle pay tv. Quella del Carpi è una festa fatta di palloncini, cori di voci bianche e pacifiche invasioni di campo. È una festa di Lambrusco e risate, di pacche sulle spalle e saltelli di gioia. È una festa senza lacrime, come si diceva all’inizio, perché c’è sacrificio (sicuramente tanto) ma non sofferenza, c’è il sogno ma non le delusioni accumulate che rendono più bello trionfo. Non è l’urlo liberatorio di un tifoso del Bari dopo il gol che vale i play off al termine di una stagione come quella passata. Non è l’emozione di un tifoso del Toro dopo il fischio finale di un derby vinto dopo 20 anni. È un trionfo da godere col senno di poi, quando tra 20 anni ci si renderà conto di ciò che è avvenuto la sera del 28 maggio del 2015.

Fonte: account Twitter Fc Carpi
Fonte: account Twitter Fc Carpi

Per adesso Carpi Diem, ma l’attimo è già passato. C’è già da programmare la prossima stagione, c’è una città dell’Emilia che si è già rimessa a lavorare. C’è un allenatore che vuole ancora stupire, pur non essendo mediatico. Da oggi Piazza Martiri vale il Colosseo, il Duomo di Milano e il Maschio Angioino. E Carpi non sarà più l’anagramma di Capri ma una città di Serie A. Che piaccia o no. Perché essere importanti non è solo una questione di grandi capitali.

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