Napoli, quartiere Vomero. È tanta l’indignazione davanti all’ennesima libreria che chiude per far spazio all’ennesimo negozio del momento. Meglio condividerla, quest’indignazione, e quale miglior modo per farlo se non un post su facebook?
È così che Ciro Sabatino, giornalista ed editore, affida al social network il suo sconforto. E lo fa cercando di trasformare il sentimento per quest’impoverimento culturale in qualcosa di attivo, attraverso una provocazione:
“Ce la vogliamo aprire noi una libreria meravigliosa? Se avete soldi (di qualsiasi cifra) e ci volete pensare fatemelo sapere. Io ci sto”.
Da quel momento, Io ci sto l’hanno ripetuto in tanti, perché tanti sono diventati i sostenitori dell’idea di Ciro Sabatino. Tra un mi piace e un retweet le parole corrono veloci e dopo soli tre mesi il progetto di una libreria voluta e creata dai cittadini, è subito realtà.
E non poteva che chiamarsi appunto Iocisto, la prima libreria d’Italia ad azionariato popolare, dove chiunque può partecipare. Si può essere cittadini attivi e Io ci sto ne è l’esempio tangibile.
Tanti i nomi noti che stanno aderendo alla causa della libreria partenopea e a sorpresa è arrivato anche Ferzan Ozpetek che prima di andare al Giffoni Film Festival 2014 ha partecipato all’asta solidale. Il regista e scrittore ha firmato le copie del suo ultimo romanzo “Rosso Istanbul” ed ha sottoscritto la quota di partecipazione.
Per scoprire qualcosa in più sulla rivoluzione culturale partita da Io ci sto abbiamo intervistato Ciro Sabatino, presidente dell’associazione.
Io ci sto, non solo un nome, ma un messaggio ben preciso. Ci racconta com’è nato?
Il nome in realtà è uscito fuori spontaneamente quando lanciai questa provocazione su facebook. Non appena tutti iniziarono a rispondere sotto, nei commenti, io ci sto divenne un tormentone spontaneo che è la metafora di tutto quello che è accaduto in questo periodo. In due mesi e mezzo sono accadute una serie di cose che sembrava ci aspettassero.
Io ci sto è una libreria ad azionariato popolare, dove protagonisti sono i cittadini. Ci spiega come vi siete uniti dietro questo progetto?
Tutto è partito il 13 maggio, giorno in cui postai quella frase sul mio profilo facebook. Risposero in centinaia e decidemmo di incontrarci, trasportando le persone da un luogo virtuale a reale, per guardarci negli occhi, conoscerci.
Dopo 5 giorni eravamo già 120, a quel punto ci siamo organizzati in gruppi e abbiamo affrontato tutti gli aspetti del problema. Vennero fuori cinque gruppi composti da 60 persone: sono loro che hanno elaborato il progetto della libreria.
L’idea concreta fu sottoposta alla gente, la gente cominciò ad aderire al progetto e nacque in parallelo un’associazione culturale che era proprio la forma giuridica che ci poteva permettere in maniera più immediata e facile di fare questo traghettamento. Ora è chiaro che l’obiettivo più importante è trasformare l’associazione culturale in una società per azioni, dove chiunque può comprare un’azione della libreria. La magia di questa cosa è che chiunque può farlo, può essere di tutti.
Un cittadino che vuole sostenervi, come può farlo?
Attraverso le donazioni. E poi dal 1°settembre al 30 ottobre attiveremo una campagna di crowdfunding.
Com’è la libreria scelta dalla gente? Ci sarà spazio anche per i piccoli editori?
Per ora non ci sono ancora libri, ma è una scelta precisa. C’è stata un’apertura totale da parte delle grandi case editrici che si sono tutte innamorate del progetto, il problema è che noi volevamo per certi versi andare fino in fondo.
Prendere un locale, uno spazio vuoto permette alle persone di viversi. È come quando si compra un appartamento, la magia di una cosa che sta per nascere.
Non potevamo levare questo spirito alle persone che hanno deciso di aderire al progetto, per cui abbiamo pensato di aprire questo spazio e di riempirlo a mano a mano, è l’idea più giusta e più corretta per i 600 soci di Io ci sto.
La libreria aprirà ufficialmente il 1°ottobre.
Sarà la casa di tutti: quindi sì ai grandi distributori con libri da banco e classici, ma spazio anche alla piccola editoria di qualità.
Io ci sto è come un grande paese dove accadono le cose con la gente che le fa e basta.
Si parla già di modello Napoli e in tanti guardano a questo progetto come un esempio da replicare altrove. Avete avuto già contatti?
Sì, abbiamo avuto contatti da tre città: Roma, Firenze e Bologna. Da Roma e Bologna sono arrivate richiesta da parte di cittadini che vogliono provare a intraprendere la stessa strada. A Firenze è un’operazione interessante perché ci sono già 100 persone che voglio usare lo stesso meccanismo, potremmo ospitarli sulla pagina facebook e far partire dalla nostra pagina una nuova Io ci sto.
Le Istituzioni sono state presenti?
Non chiediamo appoggio. Qui non ce n’è per nessuno, è un luogo dove non si metteono cappelli sulle sedie, non vogliamo presenzialismi. Il sindaco de Magistris è venuto all’inaugurazione, gli abbiamo mandato un invito via twitter.
Che tipo di partecipazione avete avuto?
Hanno aderito persone tra i 35 e i 50 anni, anche se stiamo lavorando sul tentativo di abbassare l’età media per andare verso i giovani. Secondo me è la chiave giusta: se agganciamo quella fascia di età Io ci sto vola via.
Un’operazione che faremo è quella di offrire ai giovani degli spazi per incontrarsi, chiacchierare, confrontarsi.
Un successo quasi inaspettato quello di Io ci sto.
Da un punto di vista sociale, identitario come lo interpreta da napoletano?
È un messaggio fortissimo, la provocazione era una cosa che i napoletani stavano aspettando.
Siamo arrivati al momento giusto. La gente stava aspettando l’occasione per dire basta, noi rappresentiamo una cosa che era nell’aria.