Per i visitatori last minute dell’Expo, a Milano, il padiglione che rappresenta il Giappone è diventato una chimera: ben sette ore di fila attendono gli amanti del mondo nipponico. Si parla di affluenza record per il padiglione del Sol Levante, che, stando ai dati, potrebbe raggiungere i 2 milioni di visitatori. Tra i motivi per cui il Giappone incuriosisce e appassiona c’è sicuramente la sua tavola, tra cibo e piatti gustosi.
La tradizione gastronomica nipponica è sinonimo di longevità e previene l’obesità, ed ha avuto il suo pubblico riconoscimento, quando, nel 2013 l’Unesco l’ha inserita nella lista del patrimonio intangibile dell’Umanità. Così, il cibo giapponese è stato messo al pari della cucina francese, della dieta mediterranea, della cucina tradizionale messicana e della tradizione cerimoniale turca del Keskek. Un momento fondamentale per il washoku – il nome tipico della cucina giapponese – che ha ricevuto questo premio grazie anche al rispetto per la natura e per le risorse che caratterizzano la sua cucina.
Gli italiani sono tra gli appassionati più forti di questa cucina, così distante da pizza e pasta: dagli anni ’90 il cibo giapponese è diventato infatti una tendenza sempre più spiccata in ambito food nel Bel Paese. Che sia un pranzo veloce, una cena romantica o un happy hour nei tipici sushi bar, l’amore per la cucina giapponese è trasversale e unisce adulti e bambini. A colpi di sushi, sashimi e tempura sono tanti i ristoranti che affollano il nostro territorio per andare incontro a un trend che non sembra volersi arrestare.

Ma sono tutti “autentici” i locali che offrono cibo giapponese? Non basta un’insegna per rendere un ristorante giapponese doc: a dirlo Annalena De Bortoli, coordinatrice dell’Associazione Italiana Ristoratori Giapponesi che in un’intervista riportata da «Il Fatto Quotidiano» segnala come a Milano vi siano 400 ristoranti giapponesi, ma di questi gli autentici sono soltanto 20 e in Italia meno di 50.
Secondo la coordinatrice, un ristorante è autentico quando uno tra i titolari e lo chef sia giapponese, conosce quindi perfettamente le tradizioni nipponiche, come si prepara il cibo e le materie prime da utilizzare. Attenzione quindi alle mode e alle omologazioni: bisogna provare il cibo giapponese nei ristoranti in grado di fornire una cucina di qualità.
Tre sono infatti gli elementi portanti della cucina giapponese: salute, freschezza e raffinatezza. Ed è il caso di dirlo, si tratta proprio di amore a prima vista per le pietanze nipponiche, dato che il primo aspetto che salta all’occhio è proprio il gusto per l’estetica. “Bello” oltre che “buono”, un piatto di sushi conquista prima la vista e poi il palato: tra armonie, geometrie e colori i piatti sembrano spesso delle vere e proprie rappresentazioni d’arte dove ogni singolo pezzo appare come l’incastro di un mosaico. Dopo averlo osservato, fotografato e quindi immortalato, siamo pronti per iniziare a gustarlo.
Gli amanti del cibo giapponese non possono non saper utilizzare le bacchette – hashi – lo strumento per sentirsi dei veri cultori della materia. Bandite quindi forchette, o utilizzi non corretti, le bacchette non vanno impugnate, ma tenute correttamente con le estremità delle dita. Se proprio risultasse complicato, meglio mangiare aiutandosi con le mani, metodo approvato dalla tradizione giapponese.

Veniamo ai piatti tipici, il sushi è il simbolo principale: spesso gustato con salse a base di soia, da usare con parsimonia per non coprire il sapore di base, si riferisce in realtà a una vasta gamma di cibi preparati con riso. Un piatto vario che cambia le sue caratteristiche in base ai ripieni, alle guarnizioni e ai condimenti.

Credits photo: free commons wikimedia
Credits photo: free commons wikimedia

Altro elemento tipico sono le alghe, verdure e salse dal sapore forte, come quella di soia, o il wasabi, ottenuto dal ravanello giapponese. Tra le ricette più popolari e amate oltre al sushi, vanno annoverate le polpettine di riso bianco avvolte da uno strato di alga con un ripieno di pesce, il ramen, una zuppa tipica, il sashimi, piatto a base di fette di pesce crudo, e il tempura, una frittura di verdure o pesce realizzata con una pastella leggera a base di farina di riso. Non dimentichiamo i condimenti come lo zenzero fresco e il sesamo.

Fonte photo: tritogo
Fonte photo: tritogo

Il galateo giapponese prevede che non bisogna versarsi da bere da soli ma deve essere uno dei commensali a farlo; se si lascia un bicchiere vuoto indicherà che abbiamo ancora voglia di bere, qualora non fosse così meglio lasciarlo pieno.
Tutto pronto quindi per il pranzo giapponese doc: è proprio il caso di dire: itadakimasu, ovvero buon appetito.