In un clima di tensione etnica e di vero e proprio odio razziale alimentato da personalità politiche anche a causa degli ultimi episodi di cronaca, un esempio positivo in un mare di nebbia forse è necessario per aprire la mente e insegnare a usare la ragione (dove è possibile). I rom sono da sempre in Italia oggetto di discriminazione, senza alcun tipo di distinzione. Uno vale l’altro sembra voler dire l’opinione comune, in seguito a qualsiasi episodio che li vede protagonisti. Eppure non è così. Come non lo è in qualsiasi società che vanta la presenza di diversi individui, inseriti o meno nella comunità, con un’educazione di base più o meno elevata. Saper distinguere, significa non generalizzare, il problema più grande alla base dei pregiudizi che nascono e si trasformano in atti di violenza nei confronti delle minoranze. Portare sulla crespa dell’onda l’esempio in grado di distinguersi in questa battaglia mediatica all’insegna della discriminazione significa accendere un lume di speranza.
Lei è Concetta Sarachella, italiana di origini rom, che fa un mestiere molto caro alla tradizione artigianale italiana, quello di stilista. Una trentaduenne come tante, vive ad Isernia, in Molise, dove ha un piccolo laboratorio di cucito, che considera la sua seconda casa. A causa delle sue origini rom però si è vista spesso chiudere le porte e le opportunità lavorative, che non hanno mai abbattuto Concetta, che ha preso tutto come un incentivo per realizzare i suoi sogni. E ci è riuscita, portando a casa tanti successi e riconoscimenti: nel 2012 un suo abito è stato scelto dal presidente Giorgio Napolitano per essere esposto al Vittoriano per la chiusura del 150° anniversario dell’unità nazionale. Un altro è stato esposto al Museo del Viaggio “Fabrizio de André”, l’unico museo rom di Milano, mentre una collezione di abiti ispirati alla cultura rom è stata presentata al Museo Civico di Isernia. La sua esperienza ce l’ha raccontata proprio lei in questa intervista.
Tu sei italiana di origini rom. Molti non sono a conoscenza della presenza di questa minoranza sul territorio. Ce ne parli?
Noi siamo stanziati qui da tantissimi anni, da circa cinque o sei generazioni. Non siamo dunque arrivati 10 o 20 anni fa, ma da tantissimo tempo e siamo rom sedentarizzati, abbiamo le nostre case e i nostri lavori, proprio come tutti. L’Abruzzo e il Molise sono le uniche due regioni d’Italia in cui non ci sono campi rom; da noi non vedrai persone che vivono in un container oppure all’interno di un campo. Questo non per disprezzare chi ci vive, perché io conosco tanti campi regolari, con spazi in cui le persone vivono tranquillamente. Il problema è il superamento dei campi. Il fatto di vivere con una famiglia allargata non dovrebbe rappresentare un problema, in quanto molti Sinti hanno un concetto diverso di famiglia. Io vivo con mio padre, le mie sorelle i miei fratelli, mentre loro preferiscono vivere anche con zii e nonni. Uno non può scegliere di vivere con chi vuole nel rispetto delle leggi e delle regole? È normale che se vai in un campo rom in cui c’è un superamento del numero massimo di persone che ci possono vivere puoi vedere di tutto e di più: sporcizia, problemi d’igiene o contaminazione di malattie. Ci sono molte situazioni così, ma oltre a questo ci siamo anche noi.
Come vivete l’atteggiamento discriminatorio nei confronti dei rom?
Noi questa situazione la viviamo molto male, perché spesso le persone come sentono la parola rom nella loro mente si immaginano la persona che sta davanti al semaforo a chiedere i soldi oppure una donna con una gonna lunga che va a rubare nei negozi o magari associano la parola stessa all’immagine dei campi. Mentre noi non siamo tutto questo. Per noi non è così, perché la maggior parte dei rom italiani vive tranquillamente, ma presenta ugualmente grandi problemi di discriminazione. Qui a Isernia non si creano certamente situazioni ai livelli di quelle di Roma, Napoli, Milano o Torino. Per esempio alcuni miei amici che si trovano nelle grandi città hanno purtroppo seri problemi, persino a uscire e a farsi una passeggiata, vengono insultati per strada e sono vittime di atti vandalici. Quando sentiamo ai telegiornali tutti gli attacchi, anche da parte dei politici, ci rimaniamo molto male, perché non si può fare di tutta l’erba un fascio, anche per le stesse persone che vivono nei campi. Io essendo un’attivista ci vado spesso: settimane fa quando ho avuto la mia sfilata a Milano, sono andata a trovare alcune ragazze sinte che vivono all’interno di un campo. Ma ci vivono tranquillamente, senza alcuna situazione di disagio.

Non si è più capaci di fare una distinzione. Da dove nasce la generalizzazione?
Io dico che le persone fanno sempre delle differenze: pensano di incontrare i popoli, ma molto spesso si dimenticano che prima di incontrare la cultura si va incontro a una persona umana, il che è molto diverso. Principalmente tutto questo razzismo nasce dall’attacco mediatico. Oggi se sei rom vuol dire che non vuoi lavorare e che non vuoi avere alcuna possibilità di inserimento nel mondo lavorativo e sociale. Oggi le persone prima che tu dicano buongiorno, ti guardano dall’altro verso il basso. È davvero difficile e tutto questo non è giusto. Ogni persona ha la sua storia. Ogni persona ha il suo passato. È importante dare esempi positivi, ma questo può avvenire solo se c’è dall’altra parte una persona che rende possibile la tua espressione e che ti dà la possibilità di farlo, senza che ti giudichi ancora prima di conoscerti. Ma la realtà dei fatti è ci sono persone che ti attaccano in continuazione solamente perché sei rom, quindi non hai la possibilità di lavorare solamente perché sei straniero e te ne devi ritornare da dove sei venuto solo perché porti una gonna lunga. Questo significa schierarsi contro le culture. Allora anche l’italiano all’estero deve rinnegare ciò che è?
Se Mafia Capitale ha coinvolto gran parte dei politici di Roma, questo non vuol dire che tutti gli abitanti della città sono colpevoli di questa situazione. Così come l’incidente avvenuto poco tempo fa (il ragazzo che non si è fermato con la macchina): anche l’altra settimana un uomo ha investito un albanese, anche un mese fa un uomo italiano ha investito altre persone. Perché non se ne parla? Tutta questa focalizzazione su un unico evento è un’istigazione all’odio razziale. Quando noi abbiamo le leggi secondo le quali l’istigazione razziale va contro i principi fondamentali della Costituzione. Se un politico lo fa attraverso una trasmissione, è grave e se lo fa un politico figuriamoci una persona “normale”. Noi attivisti per i diritti dei rom abbiamo presentato lo scorso anno in Corte di Cassazione una proposta di legge per il riconoscimento linguistico e storico dei rom e dei sinti in Italia: vogliamo combattere questo odio, per difendere la nostra cultura e i nostri valori. Stiamo tutt’ora raccogliendo delle firme per far sì che questa proposta possa essere quanto meno considerata.

Hai mai subito discriminazioni nella vita privata e in quella professionale a causa delle tue origini?
Certo. Ho subito discriminazioni per il colore diverso della mia pelle, per la gonna lunga che indossavo, per il mio cognome. Ultimamente mio cugino che voleva affittare casa è stato rifiutato dall’agenzia immobiliare per il suo cognome che indica la sua etnia rom. Che poi Isernia ha 22 mila abitanti, ci conosciamo tutti. Se in una città così piccola viviamo questo, figuriamoci in una grande città. Non tutti siamo uguali: io essendo fondamentalmente forte, non ho considerato tutto l’odio intorno a me e sono andata avanti in quello che volevo, in quelli che erano i miei progetti per il futuro. Ci sono però persone che non hanno tutta questa forza, molto più deboli. Prendi un bambino che va a scuola e che viene trattato in maniera diversa rispetto ai suoi amici. Io essendo mediatrice culturale, ho avuto la possibilità di lavorare all’interno delle scuole e ho notato la discriminazione che i bambini rom subiscono al loro interno. Questo si riflette sul loro futuro. La cosa più brutta è il non essere accolti dalle persone. Una persona che ti accoglie è una persona che ti ama. Una che non lo fa, non ti apprezza.
Quando vado a fare le sfilate, le persone mi conoscono per quella che sono, non per la mia etnia rom, ma per me è stata una lotta anche indossare i pantaloni. La donna rom spesso vive discriminazioni non solo all’esterno, ma anche all’interno della comunità, anche se abbiamo fatto dei passi avanti in questo senso e ora ci sono anche ragazze che vanno a lavorare, con il permesso dei loro genitori. Io sono vice presidente di una rete nazionale che si chiama Roma Women Network Italy, che vuole abbattere i pregiudizi, sia all’esterno, che all’interno delle comunità rom. Lo facciamo soprattutto per la donna, per la quale non è semplice uscire da tutti i preconcetti. Con la nostra rete diamo supporto a queste situazioni, organizziamo convegni sull’integrazione, riguardanti anche casa e istruzione. Siamo noi donne rom a organizzarli, sia a livello nazionale che internazionale, ognuna portando la propria esperienza. Sono venute molte persone all’ultimo convegno organizzato a Roma e c’è stata una bella apertura: dopo ci hanno contattato, siamo stati a Ravenna nel corso della giornata contro il razzismo, nelle scuole dove ognuno ha riportato la propria esperienza, la propria storia positiva. Il pregiudizio nasce dalla non conoscenza.
Com’è nata la tua passione per la moda e cosa ti spinge a lottare contro tutti e tutto per realizzare il tuo sogno?
La mia passione per la moda non è nata da piccola, come per molte altre stiliste. È nata successivamente, facendo dei corsi con i quali mi sono appassionata sempre di più a questo mondo. Ho sempre avuta la vena artistica, anche i miei professori mi dicevano che ero orientata sulle materie artistiche, sull’abbinamento dei colori. ecc. Questa cosa l’ho riportata nella passione di oggi e mi sono ritrovata a prendere questo diploma professionale come modellista. Nelle mie creazioni cerco sempre di inserire pezzi della mia cultura, per poterla diffondere e in modo che tutti gli altri la possano conoscere. Voglio sempre dare qualcosa che mi caratterizzi. Che poi ogni stilista ha la sua impronta e la mia è quella di inserire qualcosa che richiami la moda gipsy, molto bella e spettacolare: balze, pizzi, ricami, strass, colori molto accesi. Questo è quello che mi caratterizza.

Che messaggio vorresti mandare ai nostri lettori?
Io dico sempre che chi rinnega la propria cultura rinnega se stesso. La nostra cultura fa parte di noi ed è bellissimo farla vivere sempre. Non è giusto che qualcuno tenti sempre di cambiare ciò che sei veramente. È importante rimanere autentici nella propria semplicità e soprattutto nella propria umiltà. Nelle cose che faccio chiedo sempre di rimanere umile. L’umiltà ti dona la grandezza del cuore. Quindi il messaggio che voglio dare è di non dimenticare mai chi si è, perché se si dimentica, si perde un pezzo di se stessi. Cercare di essere coerenti nelle cose e combattere per quello che si vuole, perché nessuno ti dà niente oggi come oggi. Con la perseveranza si raggiungono molte cose, di questo ne sono sicura.
Credits Foto: Sergio Forte