Non si è soliti sentir parlare di un problema così grave come la dismorfofobia, eppure la sua presenza si fa sempre più costante, raggiungendo oggi livelli a dir poco preoccupanti alimentati da una tecnologia in continua e rapida diffusione.
Scientificamente, la dismorfofobia non è altro che la paura patologica che nasce da una visione distorta del proprio aspetto esteriore, causata spesso da un’eccessiva preoccupazione della propria immagine corporea. Si tratta di un disturbo che colpisce in particolar modo parti del volto come naso, orecchie e capelli, anche se spesso sono chiamate in causa anche altre zone del nostro corpo, e i soggetti nei quali si sviluppa con maggiore frequenza sono quelli che mantengono un basso livello di autostima, in genere adolescenti, sia maschi che femmine.
Verrebbe naturale, quindi, associare la paura del proprio riflesso allo specchio al timore di sentirsi inadeguati e brutti dopo aver scattato un selfie.
Negli ultimi anni è diventato quasi inevitabile confrontarsi con il proprio fisico, e se fino a poco tempo fa bastava solo uno specchio per mettersi di fronte ai propri difetti, oggi a fare lo ‘sporco lavoro’ ci pensano anche i nostri smartphone muniti di fotocamera interna ad altissima risoluzione. Un vero e proprio pericolo per i possessori più vanitosi così come per coloro che manifestano scarsa autostima verso se stessi. Sì perché il problema coinvolge non solo la gente dello spettacolo, abituata a condividere i propri scatti quotidiani con il popolo social, ma anche la gente comune, che per adeguarsi alla massa di vanitosi seriali si accorge tra una foto e l’altra di quel fastidioso difetto fisico di cui sino ad allora ci si ricordava solo al mattino, davanti a uno specchio, prima di andare a lavoro.
Il dottor David Veale, uno dei massimi esperti nel settore che ha deciso di specializzarsi in questo campo a seguito del suicidio di una paziente, spiega alla BBC: “Stiamo cercando di diagnosticare le persone affette da BDD in uno stadio precoce. Trattarli in una fase avanzata della malattie, quando certe convinzioni si radicano, è più difficile. In ogni caso, il messaggio importante che vogliamo dare è che la BDD è curabile“. Un segnale positivo se si pensa che la gente affetta di dismorfofobia ricorre erroneamente all'”automedicazione” con un numero preoccupante di interventi chirurgici mettendo il più delle volte a rischio la propria vita.
Così, la tecnologia ha inevitabilmente aggravato la situazione, coinvolgendo un numero considerevole di persone che ha preso l’abitudine di fotografarsi in maniera quasi maniacale per tenere sotto controllo quel disagio, fomentandolo inconsapevolmente.
Un recente sondaggio ha infatti mostrato che i ragazzi tra i 16-25 anni di età trascorrono in media 16 minuti al giorno scattando foto e facendo almeno sette tentativi prima di ottenere il ‘selfie perfetto’, o quasi.
Tuttavia, secondo il Dr Veale, quest’ansia di sfoderare in ogni occasione un look perfetto non ha sempre delle ripercussioni sullo stato mentale delle persone. “È difficile tracciare una netta linea di demarcazione tra la fisiologica insoddisfazione per il proprio corpo e le prime avvisaglie della patologia“. Significativi in tal senso sono invece gli eventi che hanno costellato l’infanzia, come l’attaccamento della madre al figlio o episodi di bullismo. “La pressione esercitata dai media è solo una piccola parte della storia. È facile cadere vittime di certe logiche soprattutto quando non si ha una solida base sociale alle spalle“.
[Fonte Cover Photo: www.huffingtonpost.com]