«Tutti sono scrittori, tutti sono critici, nessuno legge più». Queste le crude parole di Jonathan Galassi- presidente di Ferrar Status & Giroux, una tra le più prestigiose case editrici americane- rilasciate in un’intervista per Linkiesta. E, proprio dalle parole del presidente Galassi, capiamo come in America, in Italia e generalmente nel mondo, il piacere della lettura, da sempre apice della cultura personale, stia andando via via a morire. Quel che da sempre è certo è che l’Italia, in particolar modo, è il Paese delle distrazioni, della pigrizia e, ormai, dei non lettori: solo il 38% degli italiani legge- anzi compra, il che è diverso- appena un libro l’anno. Perché? Perché leggere è diventato uno sforzo, l’ottava fatica, bisogna allenare la vista, il cervello, tenere a freno i pensieri che con il libro c’entrano poco e nulla, e non tutti ne hanno voglia nonostante la lettura, in fondo, è un qualcosa che dà tantissimo senza costare nulla.

Nel 1965 neanche due persone su dieci leggevano; nel 2010 la quota di lettori è raddoppiata, in quanto sono diventati tali il 46% della popolazione, un dato comunque non esattamente da vanto. Secondo recenti statistiche rilevate dall’ISTAT, ad oggi i non lettori italiani continuano a essere la maggioranza, e la differenza tra chi legge nel poco tempo libero e chi di tempo a disposizione ne ha ma preferisce sfruttarlo diversamente è un po’ troppo ampia. Sempre secondo l’ISTAT, infatti, rispetto al 43% di lettori del 2013 c’è stato un ulteriore calo lo scorso anno, scendendo al 41,4%; inoltre solo il 5% degli italiani legge almeno dodici libri l’anno, uno al mese, uno ogni trenta giorni; i pochi che leggono, comunque, leggono poco, in quanto solo il 46% della popolazione legge un massimo di tre libri l’anno, perdendosi in altre frivolezze. Oltretutto è stato calcolato che la fascia più consistente di lettori è quella che va dagli 11 ai 14 anni, equivalente a un bel 60,8%, e le donne- più propense alla lettura già dall’età di sei anni- nell’ambito della lettura battono il 39,7% di lettori uomini con un 51,9%. Una pubblicità per il Bel Paese piuttosto negativa che ha portato, neanche a dirlo, a un ovvio calo delle vendite nonostante le pubblicazioni, paradossalmente, continuino ad aumentare. Ciò avviene perché, grazie al web, è più semplice pubblicarsi anche da soli: sono 60mila i libri pubblicati ogni anno, e una persona su due non ne legge neanche mezzo. Sono tanti, tantissimi, gli scrittori emergenti, che si dilettano solo per provare o che creano opere degne di nota, giovani e adulti che per passione, curiosità, o quel che sia, decidono di riportare qualcosa nero su bianco, un fenomeno made in Italy che sta prendendo largamente piede portando a una grande produzione di libri, soprattutto romanzi. Gli italiani quindi scrivono tanto ma non leggono più– e il peso di questo calo culturale inizia decisamente a gravare sulla società- perché sostengono che i libri costano troppo, come se fossero soldi sprecati, che sono poco interessanti e tutti simili tra loro. I ragazzi, inoltre, smettono di leggere perché tra i tanti stimoli offerti oggi dalla tecnologia, quello della lettura risulta per loro il meno attraente, il più flebile. E, riallacciandosi all’affermazione di Galassi, questo porta anche a non vedere più il libro come un oggetto di valore, portando alla morte del mestiere del critico: d’altronde, se leggo un solo libro l’anno, cosa me ne importa della superflua opinione degli esperti?

[Credits photo: Flickr / Lace1952]
[Credits photo: Flickr / Lace1952]

Per far fronte a questa situazione bisognerebbe educare alla lettura dal principio, dato che essa è ovviamente condizionata dall’ambiente familiare: il 63,5% delle famiglie italiane ha un massimo di cento volumi a casa e il 9,8% (una famiglia su dieci) non ne ha neanche uno. E riuscite a immaginare quanto sia brutto e poco accogliente entrare in una casa e non vedere almeno una decina di libri sulla credenza, neanche un libro sul comodino della camera da letto?
Sembrerebbe proprio che i libri siano stati messi da parte un po’ in tutto il mondo, che quelle pagine prima punto focale della cultura siano ora fogliacci inutili. E pensare, come affermato dai dati dell’ISTAT, che anche i lettori più accaniti ora leggono meno e a intaccare le vendite, oltre a questo rilevante fattore, vuole la sua parte l’avvento del digitale: il 49,9% degli editori preferisce pubblicarsi tramite Ebook, decisamente più accessibile economicamente, ed è prevista anche una probabile versione digitale di almeno metà dei libri scolastici. Perché questa scelta? Nel 2014 sono stati circa 9000 i titoli usciti tramite Ebook, e la diffusione dei libri digitali è ancora ostacolata dalla poca dimestichezza degli italiani con la tecnologia. Se questo sarà un bene o un male per un Paese che sta, anno dopo anno, mettendo da parte la lettura, non possiamo certo prevederlo. E il problema sicuramente continuerà a esistere se gli italiani, carta o piccolo schermo che sia, non inizieranno a leggere un minimo di più. Anche perché, come disse Gesualdo Bufalino: “Che ci vuole a scrivere un libro? Leggerlo è la fatica“.

Ad ogni modo la letteratura, per nostra fortuna, persiste grazie ai tanti che continuano a scrivere e ai pochi che continuano a fare dei libri il proprio pane quotidiano, a coloro che vogliono imparare tantissime cose dal silenzio offerto dalle storie che si presentano davanti i loro occhi e si animano nella loro testa.
Ed è vero che la lettura cartacea ha tutto un altro sapore, che sfogliare le pagine di un libro e annusare la carta regala emozioni diverse dalla versione digitale. Ma che sia un cartaceo o un Ebook, un fantasy o un dramma, un romanzo o una storia realmente accaduta, un classico o un contemporaneo, facciamo in modo di non far morire i libri e leggiamoli. Leggiamo perché fa bene al nostro cuore, leggiamo per nutrire la nostra mente, leggiamo per non perdere il piacere innegabile offerto dalla nostra immaginazione. Leggiamo perché tale Indro Montanelli, noto giornalista italiano che ci ha lasciati nel 2001, sostenne che “un Paese che non legge è un Paese che non regge“. E come dar torto a una penna come la sua?

[Credits Cover: Flickr / Ángela Burón]