In fondo lo street food è sempre esistito, quando ancora non aveva una denominazione inglese si chiamava cibo da gustare per strada. Meno sintetico e forse anche meno social, prima di essere un fenomeno era un vero e proprio modo di mangiare: senza posate, rigorosamente con le mani, seduti su una panchina o a bordo di un muretto.
Attenzione, però, a non confonderlo con lo junk food, il cosiddetto cibo spazzatura: anche quello si mangia per strada ma la provenienza è tutt’altra. Si tratta di cibo considerato malsano a causa di bassi valori nutrizionali e alla presenza di grassi o zuccheri e che ha le sue radici nei fast food.
Lo street food ci tiene invece a demarcare le sue origini, legate alle tradizioni culinarie e a un’offerta gastronomica salutare.
Se è sempre esistito, allora, perché ora è sulla bocca di tutti?
C’è chi lo considera una moda dei tempi moderni, ma forse le motivazioni sono da ricercare in maniera più approfondita, proprio tornando alle origini. Lo street food è economico: inizialmente preparato con ingredienti semplici, della terra, consentiva di fare un pasto con pochi soldi. Oggi, grazie alla creatività di molti chef, è diventato un’eccellenza pur mantenendo basso il suo prezzo. Abbattuti dunque i costi legati a eventuali coperti e servizi che si sosterrebbero in un ristorante, il cibo da strada è tutto da gustare.
E ancora, nella vita frenetica di ogni giorno lo street food è spesso la soluzione più comoda: per chi corre tra un treno e l’ufficio, per chi studia, il pranzo da strada rappresenta un buon modo per mangiare in maniera sana e non dispendiosa. Ma dà anche la possibilità di scoprire sapori dimenticati o gusti nuovi, in fondo il cibo è un’esperienza se in grado di alimentare il fisico e anche la mente.
Il successo è confermato dalla Fao, che attesta in circa 2,5 miliardi di persone il numero di consumatori quotidiani di street food.

In Italia è una passione contagiosa, con 35 miliardi di persone che si sono avvicinate a questo mondo sia per risparmiare ma anche per gustare piatti tipici.
Facile a dirsi, ma sappiamo riconoscere il vero street food? Ci viene incontro l’associazione Street Food -nata nel 2004 da un’idea di Massimiliano Ricciarini- che ha stilato un decalogo ad hoc. Dieci le regole perché sia vero cibo da strada: dal rispetto della storia e delle tradizioni a ingredienti tipici, dal rispetto del territorio e dell’ambiente all’uso di strumenti artigianali. E ancora: occorre un approccio etico, adeguarsi alle normative sull’igiene, promuovere il territorio e condurre un’azione sinergica di rete.
Gli eventi
Da Nord a Sud, si alternano festival, eventi, rassegne con protagonista il cibo da strada. Palermo, Firenze, Bologna, Milano: a colpi di percorsi gastronomici, suggestioni, pietanze dolci e salate varie sono le città che scelgono di puntare sullo street food. Il cibo come elemento aggregante e le tradizioni locali sono stati i fattori che hanno decretato il successo di tante manifestazioni. Tra le ultime ad aver lasciato il segno c’è il Napoli Strit Food Festival che ha aggiunto anche un pizzico di creatività partenopea nello scegliere il nome. Strit infatti e non Street, per giocare sull’assonanza tra il termine inglese che indica la strada e lo strit, il vicolo, tipicamente napoletano.

La prima edizione, organizzata da Giovanni Kahn della Corte (anche ideatore della manifestazione), Giulio Cacciapuoti ed Iris Savastano, si è svolta nel weekend del 22 maggio e ha visto tra i protagonisti le famose pizze piegate rigorosamente a portafogli, hamburger raffinati di chianina, ma anche specialità vegetariane per un totale di oltre 60 pietanze. Tra apecar e track (i tipici camionicini) ben 70 mila persone hanno invaso il Lungomare Caracciolo.

Non stupisce che sia Napoli a portare in alto la bandiera dello street food, dato che il capoluogo campano ha fatto dell’arte dell’arrangiarsi un punto di forza, anche nel cibo. Incartare il cibo in pacchetti, gustare pietanze preparate al momento era una necessità che divenne ben presto uno stile di vita. Il segreto dello street food è proprio qui.
[Credit Photo Cover: Andrea Savoia]