“Non si è mai troppo ricche, né troppo magre”.

Era il XX secolo e Coco Chanel, difenditrice di femminilità ed eroina di classe ed eleganza, lottava quotidianamente contro la cultura (e non solo) popolare del tempo, con il temperamento di chi nulla teme a parte la miseria e i chili di troppo. Lungimirante Madame Coco.

Un secolo più tardi le due cose continuano ad andare di pari passo, muovendo critiche e facendo girare l’economia. Anche quella di un’editoria affascinante e patinata le cui notizie, a patto che siano deontologicamente belle, mirano all’unicità da sempre. Eppure a cadere nel vortice dell’ovvietà questa volta tocca alla rivista di moda quasi centenaria, “Marie Claire”. Il mensile femminile, creato in Francia nel 1937 da Jean Prouvost e che vanta il maggior numero di edizioni internazionali, sembrerebbe essere a corto di idee e, così, Antonella Antonelli – direttrice italiana – ci propina l’ennesima modella troppo magra sulla copertina del mese di novembre 2015.

E Marie Claire finisce nel vortice delle accuse a tempo di Tweet.
A dare il via alla catena di Sant’Antonio più veloce di sempre, quella social, è Michela Murgia con un cinguettio sintattico e pungente:

Si dice spaventata e disgustata la scrittrice, mentre il mensile Marie Claire schizza alla velocità della luce tra le posizioni più alte dei motori di ricerca e diventa trend setter dell’allettante mondo social.
Il fulcro della questione è una modella australiana, la diciassettenne Marthe Wiggers che vanta una carriera di successo a livello mondiale e innumerevoli scatti sul suo profilo Instagram che la ritraggono più o meno vestita, ma comunque sana. Perché si tratta di una sana taglia 38 e ad affermarlo è la stessa direttrice del mensile che in una lettera dichiara: “Noi non abbiamo mai creduto in un solo ideale di bellezza femminile, ma al contrario crediamo nella consapevolezza di ogni donna di sentirsi bene nella propria pelle, compresa in una sana taglia 38”. Antonella Antonelli continua invitando le sue lettrici a confrontare l’attuale cover con quella precedente, certa che non vi saranno dubbi a riguardo del politically correct della sua linea editoriale.

Le due cover Marie Claire a confronto

Credit photo: http://www.elisadospina.com/
Credit photo: www.elisadospina.com

Dal mese di ottobre a quello di novembre le modelle sulla copertina di Marie Claire dimagriscono di una taglia. Si passa da una normale 40 ad una sana (oltre che normalissima, ndr) taglia 38. A fare luce su questo confronto è Elisa D’Ospina sul suo blog. La modella curvy che da sempre lotta contro l’ideale collettivo di bellezza accostato all’eccessiva magrezza, esordisce con parole di sconforto e lancia un messaggio alla direttrice Antonelli: “Qui di base c’è una visione distorta dell’universo femminile dove rimetto in dubbio tutto il testo e inizio a dubitare che “normale taglia 38″,”sana 38” e “formosa 40” siano la visione di una persona che ha una percezione corporea femminile distorta.
Cara Antonella, il messaggio che state mandando è al limite dell’imbarazzante. Più che salvare la faccia hai affossato ancora di più il tuo magazine con questa lettera. Nemmeno un blog ‪#‎proana‬ arriverebbe a tanto”.

Quello con il peso forma è per la donna un appuntamento morale a cui giunge ogni lunedì, giorno di inizio per la dieta destinata a terminare il venerdì della stessa settimana. La taglia a cui si ambisce è quella 38/40 che oggi crea tanta indignazione. Il sogno di molte è quello di poter indossare il capo del momento senza che questo fasci troppo quei punti della fisicità femminile che evidenziano i nostri peccati di gola, con la scusa di placare gli sbalzi ormonali a cui siamo destinate per il resto della vita. E quello della modella è il lavoro più ambito di sempre, un po’ come quello del calciatore per ogni uomo dal menisco fratturato con conseguente stroncatura della carriera. Si tratta, dunque, di una tematica sensibile e dalla critica facile, una di quelle che crea scompiglio da ordinaria amministrazione, ma dalla quale il mondo moda tenta da tempo di prendere le sue misure di sicurezza. Ricordiamo, ad esempio, l’emendamento francese che impone un certificato di sana e robusta costituzione per sfilare in passerella.

Solo pochi giorni fa una modella londinese, Charli Howard, aveva denunciato la sua agenzia che le chiedeva di dimagrire ancora, nonostante la sua sana taglia 38. Ed a definirla così è la stessa modella attraverso uno sfogo sul suo profilo Facebook, in cui afferma di rifiutarsi di inseguire ridicoli standard di bellezza imposti da dietro una scrivania a suon di latte e biscotti da parte di chi impone loro la taglia dei propri pantaloni, previo perdere il lavoro: «Dimagrire? Basta» è il messaggio della modella ventitreenne. Un messaggio pubblico che fa da boomerang in una società palesemente piena di taglie 38 indossate da persone sane. O le comitive di ognuno di noi, in cui l’amica dal metabolismo benevolo e il fisco invidiabile non manca. Fortunate loro.

E fortunate quelle persone che riescono a fare una chiara distinzione tra le trovate marketing e la reale condizione salutare di un individuo.