Il protagonista assoluto delle storie che racconta è il cuore, al quale bisognerebbe sempre dare ascolto, senza mai metterlo in secondo piano. Per Massimo Bisotti quello di non andare mai contro cuore è un vero e proprio stile di vita: significa non smettere mai di mettersi in gioco, non rinunciare a desideri, sogni e progetti di vita per paura di fallire, di essere rifiutato o del giudizio negativo degli altri. Perché solo assecondando i bisogni veri, profondi ed essenziali si può arrivare a toccare la felicità e imparare ad amare, facendo si che diventi un vero e proprio “modo di abitare la vita“.
Con le sue frasi e con i suoi racconti, Massimo è arrivato dritto al cuore e all’anima delle persone, ricordando quanto i sentimenti siano centrali nella vita di ognuno di noi. I numeri dei suoi seguaci sui social crescono ogni giorno di più, in particolare su Instagram, dove lo scrittore aggiorna sempre i fan: posta foto personali, pubblica frasi tratte dai suoi libri e racconta le sue passioni. Un successo che Massimo ha ottenuto anche in libreria, partendo da un piccolo editore per arrivare fino a Mondadori, che ha edito il suo romanzo di esordio del 2012 “La luna blu” che è stato uno dei casi editoriali dell’anno. Sempre con la stessa casa editrice, Massimo ha pubblicato nel 2014 “Il quadro mai dipinto” – che ad oggi ha venduto circa 100.000 copie – ha riproposto, ad inizio dello scorso anno, “Foto/grammi dell’anima” e attende la pubblicazione del suo nuovo libro “Un anno per un giorno” il prossimo 10 maggio.
Massimo Bisotti, nato a Roma, città nella quale vive, è uno scrittore unico nel panorama italiano: ha studiato Lettere, è appassionato di pianoforte, compone musica, ama la psicologia ed è da sempre incuriosito dalle filosofie orientali. In attesa dell’uscita del suo prossimo libro, Massimo ha raccontato di sé, della sua filosofia di vita, del suo successo e di tanto altro a noi de Il Giornale Digitale.

Hai pubblicato tre libri, quanto c’è di te nelle storie che racconti e che fanno emozionare i tuoi lettori?
Scrivo da quando ero piccolo, è sempre stato un rifugio. Scrivo per me, per cercare di curare me, per scavare nel mio inconscio, come una sorta di auto terapia. Scrivere fa bene a tutti, bisognerebbe tenere un diario anche dopo l’adolescenza. Fa davvero tanto regalare alla carta anche i propri problemi. Ci permette di rileggerli nel tempo e di comprendere spesso che tutto ciò che credevamo insormontabile lo abbiamo invece superato e che siamo molto più forti di ciò che crediamo di essere.
“Foto/grammi” è un libro che ho scritto a vent’anni. “La Luna blu” è un libro che mi ha permesso di esorcizzare una grande storia d’amore. Non credevo neppure sarebbe stato pubblicato. Ho iniziato a diffondere i miei pensieri sui social network, poi le persone si sono incuriosite e si sono avvicinate al mio mondo. “La luna blu” è stato pubblicato da un piccolo editore, ha iniziato a vendere e per questo poi Mondadori mi ha contattato e con loro ho pubblicato “Il quadro mai dipinto”. In ognuno di questi tre libri c’è molto di me. Ci sono le mie evoluzioni, i miei limiti di uomo, il tentativo di superarmi e non di superare, atteggiamento che di base accompagna la mia vita. Desidero sempre migliorarmi come essere umano, non m’interessa sindacare sulle scelte di vita altrui. Anzi, mi si rimprovera spesso di utilizzare i personaggi per parlare di me. Non potrei mai arrabbiarmi per questo, è vero. Mi piace utilizzare dei flussi di coscienza per spiegare, in una storia, tutto ciò che va al di là della semplice narrazione dei fatti. Noi spesso rimuginiamo sulle nostre scelte e se potessimo raccontarle a voce alta, i pensieri probabilmente si accavallerebbero. La chiamo la “febbre del pensiero”.
Con te è nata una nuova filosofia, quella del “mai contro cuore”, tanto che per riassumere la tua biografia usi proprio queste tre parole. Che cosa significa per te dare sempre la precedenza al cuore?
Nel libro “La luna blu” avevo scritto: “Siamo un controsenso, viviamo controtempo, andiamo contromano, ci mettiamo controvento, ci prendiamo in contropiede. Ma controcuore non possiamo andare“. Avevo chiamato un album di mie fotografie “mai controcuore”. È diventata una specie di “filosofia” comune. Per me, non andare controcuore, significa avere il coraggio di assecondare la mia natura, le mie attitudini, le mie inclinazioni più vere. Significa avere l’esigenza di non rinnegare mai, per la preoccupazione dei giudizi altrui, i miei desideri. In caso contrario nessuno di noi può essere felice. Se ci allontaniamo dai nostri sogni, tradiamo i nostri bisogni più intimi.
Nei tuoi romanzi il tema dell’amore è sempre al centro, smuove i protagonisti e le loro vicende. Secondo te, quanto è importante oggi il ruolo che ha nelle nostre vite?
L’amore per me è un modo di abitare la vita, basta non perdere il desiderio di riconoscerlo ancora. Nonostante il cinismo dilagante e l’egoismo di fondo accompagnino una grandissima fetta di mondo, mi piace lavorare sulle differenze. Insomma, trovo sia un bel talento il riuscire a scavare in mezzo a una terra desolata riuscendo ancora a scorgere i suoi lampi di bellezza. Ci provo ogni giorno.

A volte, però, l’amore non viene valorizzato come dovrebbe, soprattutto dai giovani. Secondo te, perché succede questo?
Si ha paura di esporsi per la preoccupazione di essere considerati dei deboli. Ammettere le nostre fragilità invece è un grandissimo punto di forza, un atto di coraggio rivoluzionario. Ironizzare sui sentimenti degli altri è un modo per chiudersi e anche per evitare di rischiare un rifiuto. Se non ti esponi non puoi nemmeno beccarti dei no. Naturalmente nessuno di noi può essere contento nel sentirsi rifiutato, i rifiuti sono alla base del nostro senso di inadeguatezza. Però la vita ho imparato a osservarla dalle due estremità che spesso, paradossalmente, tornano a combaciare. Perciò, anche quando le cose non sono andate come avrei voluto, mi sono ripetuto che comunque ho sempre trovato il coraggio di mettermi in gioco di nuovo. Ho scritto che stare fermi per criticare le scelte altrui è lo sport preferito di chi ha smesso di rischiare. Ogni rinuncia innesca un meccanismo deleterio che porta a rinunciare ogni volta sempre di più.
Tu dici che “la dolcezza al giorno d’oggi è la vera trasgressione”. Di questi tempi, in cui i social network hanno un ruolo fondamentale e si tende all’omologazione, che cosa bisogna fare per non lasciarci condizionare e non dare importanza a cose superficiali?
I social network, come ogni cosa, hanno lati negativi e lati positivi. Ho iniziato a diffondermi sui social. D’altronde bisogna partire dal punto in cui si è, non dal punto in cui a torto o a ragione si crede di dover essere. Quando non hai santi in paradiso, non conosci nessuno e soprattutto, come nel mio caso, vuoi restare libero di scegliere, è necessario farsi da soli. Nessuno ci viene a bussare alla porta di casa per chiederci cosa vogliamo fare. Grazie all’amore e alla curiosità delle persone sono riuscito a rendere la mia vita il più vicino possibile a ciò che desideravo per me. Essere persone di successo non significa affatto avere la fama. La fama è qualcosa di effimero che può svanire da un momento all’altro. Il successo è fare della nostra vita quel che desideriamo, senza nuocere a nessuno, tirando dritti verso i nostri sogni. Tutti noi possiamo dunque essere persone di successo. I social hanno anche messo in luce una scontentezza sempre maggiore. A volte la folla, attraverso una sorta di deresponsabilizzazione collettiva e dietro uno schermo, si sente in diritto di sparare a zero senza conoscere, di sfogare tutta la sua rabbia su qualcuno, qualcuno colpevole solo di aver realizzato il suo sogno. Questa società in parte non ti perdona più i sogni che fai e quando non riesce a realizzare i propri, giudica i tuoi. La coscienza però è sempre individuale e il diritto di opinione non contempla affatto il diritto di offesa.
Non omologarsi al giorno d’oggi significa soprattutto rispetto per le differenze.
Mi dispiace il fatto che spesso non ci sia il giusto confine fra la propria libertà e quella di un altro individuo. Nella quarta di copertina del mio libro “La luna blu” ho scritto: “Fai rumore nei sogni di qualcuno solo per farlo svegliare con il cuore felice. Altrimenti lascialo dormire“. Un modo “soft” per dire di non disturbare le persone se non abbiamo la volontà di migliorare la loro vita.
Nonostante secondo te “le più grandi tecnologie resteranno sempre la voce e gli occhi”, attraverso i social e i post che pubblichi riesci a trasmettere i tuoi pensieri, a far immedesimare i tuoi lettori in ciò che scrivi e far emozionare, fino ad arrivare all’anima. Quanto sono importanti, quindi, per trasmettere messaggi positivi, ovviamente se usati in modo corretto?
Per essere credibili dobbiamo mantenere una coerenza fra ciò che diciamo e ciò che facciamo. Altrimenti non siamo più degni di stima. Io desidero vivere in pace perché con fatica mi sono conquistato la mia pace interiore e per questo voglio per gli altri ciò che voglio per me. Mi comporto perciò di conseguenza rispetto a questo pensiero. Le tecnologie non andrebbero né osannate e né rinnegate. Sono utili, nella giusta misura o rendono molto più soli, se diventano l’unico mezzo possibile per comunicare con gli altri. Andare controcorrente a tutti i costi spesso e volentieri significa uniformarsi. La vera difficoltà nella vita è mantenere l’equilibrio. Lo perdiamo di continuo infatti e dobbiamo ogni volta andare a riprendercelo. Tutta la vita è un viaggio, soprattutto dentro noi stessi.
Hai più di 94 mila like sulla tua pagina Facebook e sei seguito da oltre 310 mila persone su Instagram. Ti aspettavi tutto questo successo? Quanto ti hanno aiutato i social ad emergere anche come scrittore?
Sono stati come ho risposto in precedenza, assolutamente determinanti, con i loro molteplici aspetti, positivi e negativi come due facce della stessa medaglia.

Sei seguitissimo ed in molti si ritrovano così tanto nelle frasi che scrivi che decidono di tatuarsele addosso. Che effetto ti fa vedere le tue parole sul corpo degli altri?
Vedere le mie parole tatuate sulla pelle delle persone mi fa pensare che abbiano scelto di portare qualcosa di me per sempre con loro, un po’ della mia forza, del senso di rivalsa che ho avuto rispetto alla mia vita e ai miei dolori. Ogni volta che la mia scrittura aiuta qualcuno a sentirsi al sicuro, infonde coraggio, lo fa sentire meno solo, la mia vita assume un senso in più.
Non solo scritte sulla pelle, ma anche sui muri, come la famosa frase “ci sono tramonti che non tramontano mai”. Qual è il tuo Massimo?
Il mio tramonto che non tramonta mai è decisamente mio padre che ho perso da tantissimi anni.
Mi ha insegnato il valore della generosità e la consapevolezza del fatto che non sempre è possibile aspettare anche solo un giorno in più per dire a una persona qualcosa, qualcosa che spesso, per paura per orgoglio o per pudore, non le abbiamo detto. Vivo la vita in modo semplice e mi accorgo di quante volte siamo noi a complicare la semplicità. Dalla mia vita ho imparato che i nostri dolori non ci autorizzano a scaricarli come ferite sulla pelle degli altri, ma che possiamo in qualche modo riscattarli, provando a volgerli, per quanto sia possibile, a nostro favore. Questo cercando di imparare da noi stessi ad attuare determinati cambiamenti che possano servirci a rendere più sereni i nostri giorni a venire. Ecco, io ho imparato che non vale la pena rinunciare per nessuna ragione ai nostri sogni, che non è affatto importante il clamore del diniego e tutti i “bla bla bla” che accompagnano da sempre la rinuncia e il fallimento. Siamo tutti in prestito su questo pianeta, niente ci verrà restituito. Nel nuovo libro ho scritto: “Ti dicono matto e sei solo felice“. Per me è sempre meglio essere considerati “matti” piuttosto che essere terribilmente noiosi e prevedibili.
Bisogna incanalare le nostre energie nella direzione della costruzione. Siamo ancora in tanti a non avere bisogno di sporcare nessuno per sentirci puliti.

Parli molto spesso di amore, di incontri che lasciano un’impronta indelebile, di persone che si pensano ma non si vivono e di come per conquistare una persona bisogna arrivare all’anima. Qual è la cosa più pazza che hai fatto per una donna?
Di follie ne ho fatte tantissime, alcune stanno anche nei miei libri. Sono partito da Roma verso Bologna, per andare dalla mia allora fidanzata con la quale avevo discusso, di notte, arrivandole sotto casa e attaccandole alla ringhiera due palloncini a forma di Nemo (visto che eravamo da poco tornati da un viaggio a Sharm), con una bottiglia di vino identica alla prima bevuta insieme. Le mandai un messaggio sul telefono chiedendole di uscire fuori di casa e trovò i palloncini.
Una volta chiesi a una ragazza con la quale mi stavo vedendo quale fosse il suo monumento preferito a Roma, lei mi rispose il Pantheon. Così le apparecchiai un tavolino nella piazza del Pantheon. Adoro fare sorprese. Mi piace come riceverne. Il nostro intento nella vita dovrebbe essere quello di rendere le persone più felici di quello che possono essere senza di noi. Perché la nostra felicità non deve dipendere da nessun altro, ma può migliorare, se ci circondiamo di positività e lasciamo fuori l’inquinamento.
A rendere infelici gli altri, perlomeno a provarci, ci riescono tutti con facilità, fra rabbia e violenza, anche verbale.
A maggio è prevista l’uscita del tuo nuovo libro dal titolo “Un anno per un giorno”. Ci dai qualche anticipazione?
È un libro sul tempo, si chiama: “Un anno per un giorno”. Alex è un cantante famoso che va a Parigi per rigenerarsi, visto che sta attraversando un periodo di insoddisfazione personale. Va a vivere in un albergo e per la prima volta prende la metropolitana per andare a vedere la cattedrale di Notre Dame. Incontra una donna che scende facendo delle bolle di sapone. Inizia a prendere la metro ogni giorno incuriosito e nota che lei scende sempre con una persona diversa a fermate diverse, facendo sempre queste bolle di sapone. Inizia a parlarle e da lì parte tutta la storia. In ogni lavoro metto tutto di me e lo regalo solo quando sento di aver fatto il possibile per trasmettere ciò che desidero. Non si scrive per compiacere ma per raccontare e parlerò sempre e soltanto di ciò che conosco. È un modo per restare essenzialmente fedele a me stesso e questo non tradisce mai nemmeno la fiducia degli altri.
Qualche consiglio a chi, come te, vorrebbe intraprendere questa carriera?
Bisogna credere nel proprio lavoro senza arrendersi o forzare la mano. Io ho iniziato a diffondermi e poi Mondadori mi ha chiamato. Al di là del fatto che non si può piacere a tutti, è giusto e lecito accettarlo, bisogna credere nel fatto che sia ancora possibile realizzare un proprio sogno senza scorciatoie, compromessi e raccomandazioni. Gli editori fanno sempre attenzione a ciò che piace in rete. Se ritengono che un lavoro debba essere preso in considerazione, come è successo a me, contattano loro stessi. Spedire il proprio materiale a chiunque è solo una perdita di tempo. Bisogna andare avanti a piccoli passi. Spesso le persone mi domandano: “Gli editori piccoli non mi servono, come hai fatto a pubblicare con Mondadori?“. Non ho pubblicato con Mondadori da subito infatti. La vita richiede fatica e sacrifici. Ai ragazzi direi soltanto di non pretendere tutto e subito come se fosse dovuto. Nulla ci è dovuto. Quando si fa il proprio lavoro con amore, il lavoro riflette altrettanto amore. È il profumo che ha il sudore quanto ti guadagni la vita. Non esiste nulla di più appagante che toccarlo con mano, quando un libro, come un figlio, vede la luce e assorbe come una spugna tutta la nostra passione.