Mens sana in corpore sano. Ma anche viceversa. Mantenere una mente brillante e una memoria sana significa custodire delle proprietà fondamentali per l’essere umano: autonomia, ragionamento, capacità di giudizio, vita sociale, emozioni. Con il progressivo invecchiamento della popolazione la demenza potrebbe divenire la malattia numero uno di un futuro neanche troppo lontano. Risulta quanto meno opportuno, quindi, sensibilizzare e fornire una conoscenza generale sui sistemi per mantenere allenata la nostra capacità di ricordare: un importante lavoro di prevenzione per salvare un bene forse troppo sottovalutato.

La memoria è una funzione fondamentale della mente umana. Basti pensare che siamo in grado di dire chi siamo grazie alla capacità di ricordare. Se da una parte può essere relativamente semplice descrivere le memorie di un computer, non è altrettanto scontato comprendere come funzioni la memoria nella mente umana. Di sicuro non abbiamo l’istruzione immediata “salva su disco”. La capacità di salvare le nuove informazioni è ciò che chiamiamo apprendimento, ossia la proprietà di immagazzinare nel cervello dati che entrano per la prima volta nel campo delle nostre esperienze: può trattarsi delle pagine di un libro, delle facce e dei nomi di persone appena conosciute, ma anche di strade, percorsi e luoghi visitati durante un viaggio. L’apprendimento è legato a diversi fattori. Uno dei più importanti è l’attenzione, cioè la capacità di dirigere selettivamente la mente verso quello che si sta facendo, ma la memoria può essere condizionata anche dall’umore e dalla motivazione. Si intuisce, quindi, la complessità dei processi correlati al buon funzionamento della nostra memoria. A partire dai 30 anni, inoltre, il cervello comincia a perdere giornalmente un certo numero di neuroni. A causa dell’invecchiamento, l’ippocampo, centro nevralgico dei meccanismi della memoria, è soggetto ad una perdita costante di neuroni. Come conseguenza si ha una minore efficienza nella registrazione delle nuove esperienze. Le memorie relative ai nomi e ai cognomi delle persone zoppicano a partire di 50-60 anni. Un processo del tutto normale, quindi, che però può essere tamponato con un opportuno lavoro di prevenzione.

Innumerevoli gli studi che si stanno concentrando sulla ricerca delle azioni atte a proteggere la memoria e tenerla allenata negli anni. Prendendo in esame solo l’ultimo periodo si può stilare una lunga lista di lavori scientifici ed esperimenti volti ad imitare o recuperare il nostro spazio dei ricordi. In Australia, presso Università di Tecnologia di Melbourne (Rmit), è stata recentemente ottenuta un’unità di memoria in grado di replicare quella umana, immagazzinando simultaneamente un grande numero di informazioni. La rivista Advanced Functional Materials parla di una unità di memoria 10.000 volte più sottile di un capello umano che potrebbe segnare un notevole balzo in avanti verso la costruzione in laboratorio di reti di memoria artificiale. Uno dei primi passi, quindi, verso la possibilità di costruire in laboratorio una sorta di ‘cervello bionico’ che potrebbe fare da apripista a nuove cure per malattie neurologiche come l’Alzheimer e il Parkinson.

Ma come possiamo mantenere sana la nostra memoria? L’attività fisica sicuramente fa la sua parte. Gli scienziati della University of Pittsburgh, della University of Illinois, della Rice University e della Ohio State University hanno dimostrato che bastano 40 minuti di camminata (meglio se a passo veloce) al giorno per rallentare il calo mnemonico fisiologico legato all’età e aumentare il volume dell’ippocampo. Un altro importante aiuto può venire dall’interazione sociale: noi abbiamo un cervello sociale che deve essere assolutamente mantenuto, fatto di scambi, affetti, stimoli, tutte attività che accrescono e salvaguardano la memoria. Naturalmente, larga parte di ciò che apprendiamo è prevalentemente legato alla trasmissione della cultura orale, ma un ottimo allenamento nasce anche dalla capacità di non demandare delle operazioni semplici alle macchine: continuare a fare i conti a mente, fare dei giochi di enigmistica, sono tutte condizioni di micro allenamento. Anche queste piccole operazioni aiutano a migliorare la Work Memory Capacity (WMC, capacità della memoria di lavoro), che è la possibilità di immagazzinare informazioni o recuperarle rapidamente, soprattutto in presenza di distrazioni, stimolando l’intelligenza fluida generale, ossia la capacità di desumere relazioni, fare ragionamenti complessi e risolvere nuovi problemi. Anche attività come la meditazione possono rappresentare un ottimo allenamento: studi a riguardo affermano che aumenti lo spessore della corteccia del giro fusiforme (una parte del cervello critica per l’elaborazione delle proprietà visive e strutturali degli oggetti).

Facciamo buon uso quindi della nostra memoria e teniamola in allenamento. Non diventeremo di certo più intelligenti, come tanto sbandierato dalle pubblicità dei giochi di “brain training”, ma perlomeno potenzieremo quel muscolo invisibile e straordinario che è la nostra memoria.

[Cover credits: H.Koppdelaney]