“É fatto così: o lo si ama o lo si odia“. Quante volte abbiamo sentito questa abusata espressione, magari in riferimento a personaggi di cui poi ci siamo dimenticati la settimana successiva? Ecco, se la succitata formula può essere vera, lo sarà certamente nel caso di uno come Vittorio Sgarbi da Ferrara, splendido classe ’52, critico e storico dell’arte: insopportabile polemista secondo alcuni, vate secondo altri.
L’ormai Vittorio nazionale lo abbiamo rivisto in azione proprio nelle ultime due settimane come ospite nel programma che rivendica senza timor di smentita l’imprinting verso lo Sgarbi televisivo: il Maurizio Costanzo Show, dove nell’arco di due puntate l’ex sindaco di Salemi è riuscito a litigare col padrone di casa, a far indispettire l’amico di tutti Fiorello (che su Twitter lo ha definito maleducato) e a polemizzare persino col figlio biologico, che somiglia al padre molto fisicamente e poco caratterialmente.
Le acque, sempre più agitate del piccolo schermo, lo Sgarbi ha iniziato a solcarle ormai oltre un quarto di secolo fa, sempre nel salotto nazional-popolare per eccellenza, quel Costanzo Show che proprio non vuol saperne di farsi da parte: quella vecchia volpe di Costanzo reclutò l’allora nemmeno quarantenne Sgarbi (ma con già all’attivo tre libri) come critico d’arte, intuendo tuttavia le sue potenzialità da animale televisivo. Vittorio non lo deluse, iniziando sin da subito (a marzo 1989 risale la prima lite in diretta con parolaccia) a porre le basi per la costituzione di quel personaggio di cui ancora oggi – noi amanti dell’imprevisto, dello sberleffo all’ordine costituito della scaletta – non riusciamo a fare a meno.
Perchè siamo diventati Sgarbi-dipendenti? Perchè Sgarbi è sinonimo di share? Perchè Sgarbi spopola sui social? Eppure invochiamo la qualità, sbraitiamo contro ogni timido residuo di cosiddetto berlusconismo, ci indigniamo per i cattivi esempi verso i famosi bambini, abbiamo persino il Moige. L’ardore sgarbiano dovrebbe essere già ai margini, in teoria. In pratica, il suo appeal è irresistibile: è indispensabile (nel bene e nel male) la sua dialettica incorruttibile, la sua dizione impeccabile, la sua spontanea follia che scardina la sovrastruttura del politically correct. Vittorio è un pozzo senza fondo di cultura classica, neo-classica e al tempo stesso pop. Ripudia il perbenismo e non a caso è stato tra i primi, lucidi opinionisti a criticare Berlusconi sul piano tecnico-politico anzichè su quello mediatico-erotico.
É al tempo stesso un combattente che non rinuncia mai all’agone, nè quando lo vede fronteggiare il prestigioso deputato di turno, nè l’anonimo spettatore della radio che lo attacca. Sgarbi dà un pezzo di sè a chi lo desidera: e la televisione, manco a dirlo, lo agogna. Lo showbiz però lo preferisce in veste di ospite anzichè da guida del contenitore (a parte Sgarbi Quotidiani, tutti flop i suoi programmi), perchè in tale maniera il meccanismo ben oliato della formula Sgarbi (affermazione-contraddittorio-lite/scenata) viene intaccato più difficilmente dalle origini accademiche del critico d’arte.
C’è qualche addetto ai lavori che lo definisce come figura costruita. Lo stesso Fiorello, già citato, afferma che esistono uno Sgarbi persona – cordiale e pacata – e uno personaggio – quello che ammiriamo ogni volta in TV. Che Vittorione ci giochi un po’ in effetti è palese, così come è palese l’intenzione del programma di turno che lo ospita di creare le condizioni affinchè venga fuori l’Hulk che Sgarbi ha dentro. Poco importa tuttavia, il rapporto di scambio tra l’ex rivale Federico Zeri scoperto da Costanzo e il piccolo schermo ha prodotto uno dei fenomeni televisivi più dirompenti e longevi degli ultimi decenni.
Perchè Sgarbi rappresenta a suo modo una rivoluzione, il cambio di programma in corsa, l’accelerazione rock durante il canto parrocchiale. É uno che su Twitter non può che presentarsi così. Long live Vittorio.
[Ph. Credits: http://www.canottierilazio.it/Prisma]