L’Italia, di solito, fa rima con cibo, problemi, tasse, politica, Berlusconi, Renzi, larghe intese, scandali calcio e chi ne ha più ne metta; la fantasia non manca di certo. Non sto impazzendo per questo caldo, che alla fine tanto torrido non è, ma l’altra sera pensavo e ripensavo a un discorso che, qualche anno fa, ho ascoltato tra due persone anziane. Parlavano dell’attaccamento alla patria, forse un argomento che alla maggior parte degli italiani interessa poco, pochissimo, perché indaffarati a sbrigare le faccende della vita quotidiana, come quello di dedicarsi all’happy hour, alla festicciola tra amici, alle scarpe che devono essere abbinate al vestitino beige.

Tutte cose importanti, mica pizza e fichi. Quei due signori, ben distinti e con un pizzico di amarezza, disquisivano tra loro abbastanza animatamente, fino a quando un bambino, con indosso la maglia azzurra dell’Italia, chiese gentilmente, e con toni civili, l’orario a uno dei due. In quel frangente, entrambi capirono che l’essere italiano è una sorta di orgoglio che i cittadini dello “Stivale” (non tutti, sempre quella famosa maggior parte) riscoprono solo quando undici calciatori scendono su un terreno di gioco per difendere il tricolore. E’ una caratteristica che va da Bolzano fino a Torino, passando per Roma e Napoli, finendo a Siracusa. L’italiano si ricorda della propria Nazione (volutamente scritto con la N in maiuscolo) solo in determinate occasioni, dimostrando, comunque, una poca cultura calcistica e sportiva, perché gli elementi in campo non sempre vengono riconosciuti. Una vittoria dell’Italia, che mi auguro di poter raccontare tantissime volte, è salutata nel 100% dei casi da clacson in festa, somiglianti a un lamento di un neonato che piange all’ora della pappa, da bandiere raffiguranti il tricolore, legate a terrazzi, balconi di ogni casa, nemmeno fossero buste di plastica in procinto di volare in cielo, e da tanti gesti, anche scaramantici, che contagiano tutti, compreso l’anziano 90enne che non sa il perché di questi avvenimenti, ma che canta l’inno di Mameli, perchè la melodia ce l’ha nelle vene.

Tutto bello, giusto, giustissimo, ma il sottoscritto, e credo anche un’altra buona fetta di popolo del “Belpaese”, vorrebbe vedere, ammirare queste scene di gioia, di felicità, non solo alla rete di Balotelli contro l’Inghilterra, ma altresì quando si parla della liberazione degli ostaggi italiani in Iraq, quando il Governo trasforma in legge una proposta che possa aiutare tutti a combattere la disoccupazione. In clima Mondiali brasiliani, così come sta accadendo in questo periodo, è normale che ognuno guardi la tv, accenda Rai 1 e Sky Sport per captare cosa dicono Caressa e Bergomi e ammirare le gesta degli uomini di Cesare Prandelli, ma non dobbiamo dimenticarci di altri due nostri connazionali, fuori dal Paese italiano da più di due anni. Loro sono Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, i marò ancora prigionieri in India. Ecco, sarebbe bello far festa in tutta Italia quando entrambi saranno a casa propria, nella loro patria, emulando le numerose esultanze che il popolo italiano fa vedere a ogni Mondiale ed Europei di calcio.

Foto: Unita.it