Il quorum non è stato raggiunto ed il referendum sulle trivelle pian piano scompare dalle cronache politiche dopo averle monopolizzate nelle ultime settimane. Quello che poteva essere apparentemente uno dei banchi di prova più difficili per il Governo Renzi, è stato ampiamente superato; il dato del 32% dei votanti fornito dal Viminale, come sempre, assume forme diverse a seconda della parte politica, con l’area renziana del Pd che esulta e il resto dei partiti che si appigliano alla comunque buona partecipazione ai seggi. In linguaggio “politichese” insomma si prova anche stavolta a trovare, comunque vada, un significato favorevole, ma indubbiamente l’aver voluto dare una connotazione prettamente politica al quesito referendario, fa sì che ci debbano essere inevitabilmente dei vincitori e dei vinti.
Quando infatti per giorni si insiste sull’incostituzionalità dell’invito a non recarsi a votare, si distorce in parte il significato prettamente ambientale del referendum, e si chiedono le dimissioni del Presidente del Consiglio in caso di raggiungimento del quorum, per quanto possa essere lusinghiero che molti abbiano rinunciato ad una bella giornata di sole per andare a votare, il dato politico appare chiaro e inconfutabile.

Si potrebbe discutere all’infinito su quanto una parte dell’elettorato fosse consapevole a pieno del perchè si stesse recando a votare, e di quanto l’aver polarizzato la vicenda come un “aut aut” all’Esecutivo abbia favorito o penalizzato l’affluenza finale. A tratti infatti sembrava di assistere ad una sorta di surreale test di metà mandato per l’ex Sindaco di Firenze. Il risultato, che oggi può sembrare scontato, in realtà non lo era affatto; l’endorsement al “Sì” ha coinvolto la quasi totalità della stampa, così come gli attacchi a Renzi sono stati trasversali, andando dall’ala degli intellettuali di Sinistra a quella, numerosissima anche tra i volti noti dello spettacolo, dei sostenitori di Grillo e i suoi. A questo poi si aggiunge la pesante frattura interna al Pd, che difficilmente potrà essere ricomposta proprio adesso – basti vedere la reazione di alcuni parlamentari democratici al famigerato tweet di Ernesto Carbone.
Renzi era stato abilmente al gioco, l’aveva definito, non a caso, un “referendum bufala”, basato sugli slogan della ricerca di energie rinnovabili e su una forte pressione morale legata all’impatto inquinante. Lo aveva fatto nel suo stile, con un linguaggio diretto e schietto, con un utilizzo mirato dei social network e facendo leva sul rischio licenziamento per undici mila lavoratori legati all’indotto delle trivellazioni in discussione. Se alla fine sia stato lui a convincere all’astensione o se la pigrizia e la cattiva informazione abbiano avuto il sopravvento difficile stabilirlo, ma senza dubbio il Premier porta a casa l’ennesima scommessa vinta. Sta a lui adesso l’intelligenza di non sottovalutare ciò che è accaduto, e di cogliere i segnali lanciatagli da un altissimo numero di giovani che si è sentito in questi giorni parte di un grande movimento, quello del “battiquorum”.

La sfida adesso si proietta su un altro referendum, quello costituzionale che ad Ottobre potrebbe portare ad un rivoluzione epocale ponendo fine al bicameralismo parlamentare. Bersani e la parte più di sinistra del Pd hanno già dichiarato di non essere disponibili per la raccolta firme necessaria, mentre M5S, centrodestra e partiti extraparlamentari si mobilitano già per il “No”. Stavolta si tratterebbe di un referendum confermativo e non abrogativo, e Renzi e i suoi avrebbero tutti gli interessi a spingere il proprio elettorato ad andare a votare per dare un segnale forte di coesione con le riforme del Governo. E sarà inevitabile il confronto nel numero di elettori coinvolti rispetto quest’ultima tornata elettorale.
Renzi in caso di fallimento dice di essere pronto a tornare a casa, crede fortemente nel lavoro della Boschi e nelle capacità comunicative dei suoi nel fare arrivare bene il suo messaggio politico, consapevole anche della fortissima presa che l’abolizione del Senato può avere su una parte di elettorato populista e anti-partitico a lui storicamente avverso. Ad oggi comunque risulta quasi impossibile dire se lo sgambetto fallito la scorsa Domenica possa riuscire ad Ottobre a farlo crollare. Ma mentre sulle trivelle Renzi non ha giocato tutte le sue carte, apparendo a tratti distaccato, la posta in gioco politica del prossimo referendum lo obbligherà a scendere veramente in campo. Perchè su quello sì, si potrebbe giocare davvero una buona fetta della possibilità di questo Governo di concludere il suo mandato.