Molti partenopei non hanno molto gradito il servizio di Report sulla pizza napoletana, considerata cancerogena e altamente nociva.
I dati sono allarmanti: se in Italia ogni giorno vengono sfornati più di due milioni di pizze, siamo davvero in presenza di un rischio pesante per la nostra salute?
L’inchiesta ricade su più elementi, tutti coinvolti nella produzione di uno degli alimenti più amati e consumati del mondo.
Primo fra tutti: la sicurezza del forno a legna. Nel corso degli anni sono stati molti i tentativi messi in atto per contrastare questo discusso mezzo di cottura, considerato dannoso e inquinante persino dalla Comunità Europea.
Ma la sua presenza resiste a critiche e minacce provenienti dai piani alti, restando l’unico strumento per dare cottura e sapore alla tradizionale pizza napoletana.
Nello specifico il servizio di Report riguarda una attenta analisi della salute del forno, basata su interviste condotte in alcune pizzerie storiche di Napoli, ma anche di Milano, Firenze e Treviso.
Una prima criticità riguarda la combustione che avviene all’interno del forno dalla quale, durante i primi istanti, si leverebbe una scia di fumo nero che molti pizzaioli ritengono naturale e assolutamente non nociva.
E’ stato interpellato a riguardo Guido Perin, ecotossicologo presso l’università di Venezia, il quale ha dichiarato che il fumo promanante dai forni avrebbe ‘lo stesso grado di pericolosità dello scarico di un camion‘. Affermazione che, se fosse accertata al 100%, avrebbe del drammatico.
Come se non bastasse un altro elemento nel mirino di Report, naturalmente basato sul parere di Perin, sarebbe l’eventuale residuo di farina sul fondo del forno che, durante la combustione, ‘avrebbe una componente rischiosa alla pari di qualsiasi altro combustibile‘.
Insomma secondo Report la ‘pizza bruciacchiata‘ non sembrerebbe essere il massimo della genuinità, nonostante il suo gustoso e inimitabile sapore. Ma quante volte abbiamo mangiato una pizza dal fondo scuro, e ci siamo leccati le dita ancora sporche di fuliggine?
L’eventuale problema, però, appare di difficile risoluzione: il piano del forno riesce a ‘sporcarsi’ anche dopo la cottura di sole sei pizze, e sembrerebbe impossibile evitare che residui finiscano nel piatto che andremo a degustare.
Morale: la pizza finirebbe con lo scurirsi ugualmente, anche passando con frequenza un panno pulito per detergere il piano del forno.
Un altra problematica riguarderebbe poi anche la scelta degli ingredienti da utilizzare: è infatti emerso che alcune pizzerie utilizzerebbero olii diversi dall’olio d’oliva, con un conseguente rischio per la salute e una totale incoscienza del consumatore sulla composizione della pietanza richiesta per il cui condimento, l’olio d’oliva, sarebbe d’obbligo.
Sotto osservazione anche la scatola utilizzata per la pizza d’asporto: sarebbe preferibile prediligere quella di colore bianco a discapito di quelle più scure o riciclate, poichè fatta di pura cellulosa.
Quel che viene da chiedersi, però, è se la pizza napoletana sia davvero così nociva o se siamo in presenza dell’ennesimo servizio contro Napoli, ultimamente sofferente e sempre sotto osservazione a causa di recenti avvenimenti di cronaca.
Nel web non sono mancati scontri tra chi si scaglia contro l’alimento e chi difende uno dei prodotti tradizionali più genuini e semplici che la tradizione culinaria partenopea abbia mai partorito.
E non sono mancati pareri forti come quello del sindaco di Napoli Luigi De Magistris, attualmente a ‘riposo forzato‘, e di Stefano Caldoro, presidente della Regione Campania.
Entrambi hanno difeso la pizza e la sua tradizione, definendola una eccellenza campana e sottolineando che, se l’inchiesta riguarda prodotti di bassa qualità, il controllo deve essere effettuato anche su ravioli, tortellini e altri prodotti alimentari.
[Fonte: www.scattidigusto.it]