Cinque giorni fa, lunedì 29 dicembre, ricorreva il primo anniversario del tragico incidente capitato al sette volte campione del mondo di F1 Michael Schumacher. L’ex pilota di Benetton, Ferrari e Mercedes si trovava sulle alpi francesi, a Meribel per la precisione, quando cadde con gli sci sbattendo la testa sulla roccia: venne ricoverato in coma all’ospedale di Grenoble ed operato due volte per emorragia cerebrale.
E’ uscito dal coma soltanto il 16 giugno, dopo esser uscito indenne da due crisi respiratorie; è stato, quindi, trasportato all’ospedale di Losanna per la riabilitazione, terminata il 9 settembre quando torna a casa dove, comunque, sta continuando le cure del caso.

In mezzo alle tante voci che sono uscite su questa importantissima sfida di Schumacher, una sfida dolorosa e lenta, al contrario di quelle che il pilota affrontava in pista, c’è una notizia incoraggiante. Schumacher “piange”, quando percepisce la presenza dei suoi figli, la voce della moglie o l’abbaiare dei suoi cani. Nel silenzio di quella stanza, super attrezzata e remota, qualcuno ha riferito che una lacrima attraversa il suo volto magro, in corrispondenza di uno di quei suoni.
Una lettura emotiva di questa immagine trasmette, insieme ad un leggero conforto, un duplice motivo di commozione. C’è la vita, tutta e piena, racchiusa in quella goccia salata su quel volto; c’è la tenacia di un uomo che si commuove e che commuove ognuno di noi. E c’è, ancora di più, una dolcissima corrispondenza con chi lo cura, lo scruta da un anno, senza concedersi un attimo di tregua né pace.

schumacher incidente sci video

Tralasciando di trascrivere ogni diagnosi, per forza incerta, diamo, invece, risalto alla consapevolezza che Schumacher rimane un uomo che ancora resiste e combatte, quanto basta per mantenere viva una speranza necessaria non soltanto a Schumi e alla sua famiglia, ma anche a tutti i suoi tifosi che sono persino aumentati rispetto a quando gareggiava in F1. Nessuno, d’altronde, si è mai rassegnato. Con la presa di coscienza della presenza di un destino crudele e maligno fuori tempo e fuori luogo, noi suoi tifosi abbiamo seguito la gara più difficile di Michael Schumacher con un coinvolgimento estremo, dentro il quale è entrato di tutto, allarmi autentici, clamori fuori luogo, invenzioni e illazioni continue.

«Come sta Schumacher?». La domanda è un tormentone che da un anno a questa parte viene ripetuta ovunque, via mail, a voce, dentro uffici, case e bar. Le risposte lasciano trasparire piccole quantità di ottimismo: «Migliora, compatibilmente con le sue condizioni» spiega la manager e portavoce Sabine Kehm. Le altre notizie giungono dagli amici che possono accedere al suo capezzale nella villa di Gland, sul Lago Lemano. «È giovane, è forte. Ha tutto il tempo per recuperare e tornare a una vita normale», la convizione del presidente della Federazione dell’automobile Jean Todt, che di Schumacher è diventato amico fraterno ai tempi dei successi in Ferrari. Insieme hanno conquistato cinque Mondiali consecutivi, ma il legame si è rafforzato quando il posto di Todt come direttore della Ferrari traballava. «Se cacciate lui – affermò il campione nel ‘96 – me ne vado anch’io».
L’ex pilota Philippe Streiff, paraplegico in seguito ad un incidente in gara del 1989 e amico di Schumi e della sua famiglia, spiega in questo modo i progressi dell’ex collega: «Michael non ha ancora ritrovato l’uso della parola e comunica con gli occhi. Comincia a riconoscere i suoi cari, però ha grossi problemi di memoria». Streiff menziona, a sostegno delle sue parole, il professor Gérard Saillant, luminare che aveva preso a cuore il caso e che smentisce di avergli parlato. L’anno di Schumacher è stato anche questo: un rincorrersi di indiscrezioni in cui la sola versione ufficiale è quella della Kehm.

Stupisce fino a un certo punto sapere che Schumacher è stato il termine più cercato nei motori di ricerca nel 2014. Questo interesse racchiude un’ansia collettiva ed è la voglia di vincere questa maledetta gara che scatena una sete solo in apparenza morbosa. Piuttosto, il motore della curiosità sta in una passione comune, nella necessità, avvertita dai suoi numerosi tifosi, di eliminare una ingiustizia di troppo che ha colpito colui che ha saputo regalare loro momenti indimenticabili. Nessuno, però, può rivelare le reali condizioni di Michael, non esistono dati certi per una prognosi. In compenso, c’è un uomo che siamo abituati a considerare imbattibile, assistito da una squadra efficiente come un grande team sportivo, affiancata da macchine più affidabili di qualunque Mercedes e impegnato in una lotta che ciascuno di noi condivide nel profondo. Tra quelli che non perdono la speranza ci sono gli sponsor di Schumacher che hanno deciso, proprio in questi giorni, di non abbandonarlo.

Schumacher rappresenta per alcune generazioni il vero motivo di avvicinamento alla F1 e, col passare degli anni, è diventato il prototipo del campione invincibile. Gli si è perdonato anche l’aver ostinatamente voluto il ritorno alle gare, nonostante avesse già vinto tutto diventando una leggenda vivente di questo sport.
Di lui si è parlato sempre, fin dal giorno in cui Eddie Jordan lo fece debuttare e Flavio Briatore glielo portò via (1991), facendogli vincere i primi due campionati, fino ai record con la Ferrari, di successi e di guadagni (60 milioni a stagione). A fine 2006, però, Schumacher saluta e si ritira, e ciononostante si continuerà a discutere delle sue imprese (e cadute) in moto, della tentazione di tornare in Ferrari per sostituire il convalescente Felipe Massa, del rientro vero e clamoroso in F1 con la Mercedes (dal 2010 al 2012). A Schumi i tifosi perdonano tutto e così, dopo l’incidente del 29 dicembre 2013, gi mandano biglietti di incoraggiamento e seguono con un filo di apprensione, come se volessero proteggerlo in sua vece, un altro Schumacher, il figlio Mick jr, 15 anni, che nel 2015 potrebbe già debuttare con una monoposto di Formula 4. È una storia che prosegue, con quel nome declinato in tante varianti: Schumacher, Schumi, Schummy, Schu, ora anche Mick jr.

La Ferrari ha seguito il dramma con sobrietà, rimanendo in contatto con la moglie Corinna Betsch. Maurizio Arrivabene, nuovo capo della Gestione sportiva Ferrari, a Schumacher si era affezionato sulle nevi di Madonna di Campiglio tra una sciata e una cena in rifugio. Preferisce non parlarne in questo anniversario triste: «Michael e la sua famiglia li ho nel cuore ogni giorno». Ma prima di Natale lo aveva citato così: «Michael mi disse che Sebastian Vettel è l’unico che possa vincere più di lui in Ferrari». Parole che dimostrano come egli custodisca, come un bene prezioso, l’amicizia con il campione.

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Passato poco più di un anno dal momento in cui i tifosi hanno vissuto la paura di perdere Schumacher, le notizie dei suoi dolorosi piccoli recuperi, veri o presunti, rappresentano un segno che invita ad aspettarlo, con fiducia, cercando di trasmettergli un po’ di quell’energia che lui manifestava in gara e sul podio.

FORZA SCHUMI, abbiamo ancora bisogno di te, forse l’unico tedesco della storia simpatico a milioni di italiani.

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