Ci hanno insegnato che la Seconda Guerra Mondiale è stata vinta dagli Alleati sui campi di battaglia, ignorando che a sconfiggere Hitler e il nazismo è stata invece la matematica e il genio di un uomo che nei libri di storia non viene neppure menzionato: Alan Turing. Un nome sconosciuto ai più, ma che tanti stanno imparando a conoscere grazie a The Imitation Game – l’enigma di un genio, il film diretto da Morten Tyldum e ispirato al romanzo Alan Turing. Storia di un enigma di Andrew Hodges. Già vincitrice del Toronto Film Festival e candidata a otto premi Oscar, la pellicola racconta l’incredibile vicenda di questo eroe dimenticato della Gran Bretagna. La storia di un genio, ma anche la storia di una grande ingiustizia. Perseguitato e condannato perché omosessuale, Alan Mathison Turing è morto suicida. Una macchia per anni, troppi, indelebile, che ha finito per oscurare la sua grande impresa.

Ritratto in ardesia di Alan Turin a Bletchley Park
Ritratto in ardesia di Alan Turing a Bletchley Park – Credit: Duane Wessels/Flickr

Il geniale ed eccentrico matematico inglese, infatti, resterà colui che violò Enigma, la macchina di cifratura usata dai nazisti per comunicare segretamente le loro operazioni militari. Un sistema assai avanzato e complesso da decodificare. I tedeschi si vantavano della sua inviolabilità. Le ricerche condotte a Bletchley Park, quartier generale britannico di crittoanalisi, a metà strada da Cambridge e Oxford, tra il 1938 e il 1942, dimostrarono che si stavano sbagliando. A capo di un gruppo di linguisti, scacchisti, matematici, analisti dell’intelligence ed esperti di meccanica, Turing riprogettò e migliorò la Bomba polacca, una macchina di decrittazione ideata dal matematico Marian Rejewski. E ci riuscì. I codici segreti nazisti non furono più un mistero per nessuno. Il passo successivo fu Colossus, efficace calcolatore elettronico in grado di districarsi velocemente fra le migliaia di combinazioni possibili dei codici della cifratrice tedesca Lorenz, perfezionamento di Enigma. Le informazioni ottenute, chiamate “Ultra”, probabilmente non determinarono il corso della guerra, ma in più di un’occasione aiutarono gli alleati ad avere la meglio sulle Potenze dell’Asse.

Riproduzione della "Bomba" di Turing / Credit Photo: Bletchley Park
Riproduzione della “Bomba” di Turing / Credit: Bletchley Park

Timido, riservato e, in una certa misura, asociale. Isolato dal suo stesso genio e dalla sua omosessualità nascosta. Un “diverso”, troppo brillante per essere realmente compreso nell’Inghilterra bacchettona di quegli anni, in cui l’essere gay equivaleva ad essere un criminale. Correva da solo Alan Turing, proprio come in quelle maratone che amava tanto e che lo portarono a sfiorare le Olimpiadi nel 1948. Correva con le gambe, ma soprattutto con la testa. Troppo veloce per stargli dietro. Ma era il futuro dell’umanità, e non la fine della seconda guerra mondiale, il traguardo che era destinato a raggiungere. Fu il primo a comprendere le potenzialità del calcolo automatico, arrivando ad elaborare una macchina universale in grado di computare qualunque algoritmo, e a teorizzare l’intelligenza artificiale. Una leggenda (poi smentita) racconta che l’omaggio al padre della moderna informatica sarebbe la celebre mela morsicata simbolo della Apple. E fu proprio con una mela intrisa di cianuro che Alan Turing scelse di andare via, non prima però di aver concepito e realizzato il primo “cervello elettronico”, che lui chiamò Mark 1, ma che noi oggi chiamiamo computer. Era il 1951. In quello stesso anno Turing concepisce quel suo famigerato test, un “gioco di imitazione” per capire se una macchina è in grado di pensare come un uomo.

The Imitation Game (2014) / Credit Photo: The Weinstein Company
The Imitation Game (2014) / Credit: The Weinstein Company

Un genio precoce e complesso che aiuta a vincere la Seconda Guerra Mondiale con la crittografia. Il padre di quelle macchine, da cui oggi dipende la nostra vita. Un omosessuale, bistrattato, dimenticato dalla storia e spinto al suicidio dopo una condanna alla castrazione chimica per “atti osceni”. Chiunque cerchi una storia affascinante da raccontare sul grande schermo trova nella vita di Alan Turing terreno molto fertile. Anche per questo le aspettative su The Imitation Game erano molto alte. Aspettative tradite però dalla sensazione, dopo averlo visto, che manchi qualcosa. Il film di Tyldum (sceneggiato da Graham Moore) si addentra nella vita del matematico in un continuo rimando di flashback e flashforward, pezzi di un puzzle che messi insieme catturano il dramma interiore ed esteriore della vita di Turing, o meglio, dovrebbero farlo. La pellicola invece si concentra troppo sull’impresa patriottica della macchina (che nel film Turing chiama “Christopher”, in ricordo di un amore di gioventù), ignorando deliberatamente il resto: l’amore gay sminuito dalla figura esageratamente ingigantita di Joan Clarke (brillante matematica quasi moglie di Turing, interpretata da Keira Knightley), la scienza relegata a qualche didascalia finale, la morte appena accennata, tutta la sofferenza, dopo la terapia ormonale, ridotta a una sola scena in cui, con la mano tremante, Turing non riesce più a fare i suoi amati cruciverba.

The Imitation Game (2014) / Credit Photo: The Weinstein Company
The Imitation Game (2014) / Credit: The Weinstein Company

Nonostante qualche sbavatura però la parabola di Alan Turing sul grande schermo è ugualmente avvincente, e il volto sensibile e delicato di Benedict Cumberbatch perfetto per il ruolo del genio che con la sua ostinazione probabilmente accorciò la guerra e salvò la vita di milioni di persone, ma non riuscì a salvare se stesso. Il Regno Unito non gli fu troppo grato per il servizio reso. Nessuno fece nulla per difenderlo, lasciando aperta l’ipotesi che dietro la tragica fine di questo uomo che sapeva troppo ci fosse in realtà la mano dei servizi segreti. Ironia della sorte, lo scorso dicembre la Regina Elisabetta II ha “concesso” ad Alan Turing il royal pardon. Ma non c’è nulla da perdonargli, semmai c’è solo da scusarsi per aver aspettato così tanto a riesumare dall’oblio la sua straordinaria avventura umana e intellettuale.

“Sono le persone che nessuno immagina possano fare certe cose quelle che fanno cose che nessuno può immaginare”

[Credit Cover: The Weinstein Company]