Un film si scrive tre volte: la prima sulla sceneggiatura, la seconda sul set, la terza in sala di montaggio. Anche l’editing è narrazione, ma ad un occhio poco esperto quello del montatore è il meno visibile, perfino il più oscuro, dei mestieri del cinema, anche se così essenziale per la realizzazione di un film. Eppure i montatori non godono quasi mai di quelle luci della ribalta sotto cui sfilano attori e registi. Quest’anno, per la prima volta nella storia della Mostra Internazionale d’arte Cinematografica di Venezia, il Leone d’oro alla carriera viene assegnato a un professionista del montaggio. E per di più, è una donna: Thelma Schoonmaker. Che non è certo una qualunque. Perché non puoi esserlo se hai contribuito a rendere dei capolavori i film di Martin Scorsese. Tre Oscar vinti, su sette candidature, due BAFTA, e ora il premio alla carriera a Venezia. Un ulteriore riconoscimento al suo talento e all’incommensurabile contributo alla settima arte. «Thelma è la donna di cui mi fido», dice di lei Scorsese. Ed è a questa donna, ormai 74enne, al suo intuito, alla sua abilità, che il regista italo-americano ha affidato il cut finale di molte delle sue creature cinematografiche. Insieme hanno realizzato alcuni dei film più acclamati degli ultimi 30 anni, tra cui Toro Scatenato, Quei bravi ragazzi e The Aviator; diciotto in totale fino al più recente, The Wolf of Wall Street.

Thelma Schoonmaker e Martin Scorsese al montaggio del documentario
Thelma Schoonmaker e Martin Scorsese al montaggio del documentario “Woodstock” (1970) / Credit: Rex Feature/Everett Collection

Thelma e Marty si sono conosciuti quasi “per caso” nel 1963. «Mi ha insegnato tutto quello che so, in realtà. Non sapevo nulla di editing quando l’ho incontrato», dice la Schoonmaker. Il che non è del tutto vero. La ventenne Thelma, una laurea in scienze politiche e qualche esperienza come assistente al riadattamento dei classici per la televisione, ne sapeva già abbastanza di montaggio secondo il professore della New York University – dove stava frequentando un corso estivo di regia di sei settimane – che le chiese di aiutare il giovane Scorsese. Qualcuno aveva tagliato male i filmati di un suo cortometraggio (What’s a Nice Girl Like You Doing in a Place Like This?, n.d.r.) e lei fu l’unica in grado di risistemarli. «Aveva passato tre giorni a lavorarci ed era esausto», racconta. Qualche anno più tardi, dopo mille peripezie, quando Scorsese è pronto a girare la sua opera prima, Chi sta bussando alla mia porta (1967), è alla sua ex compagna di studi che chiede di montare il film. È l’inizio di un sodalizio artistico e di un’amicizia che continua ancora oggi.

Martin Scorsese e Thelma Schoonmaker al Festival di Cannes 2009 /  Credit Photo: Michael Buckner
Martin Scorsese e Thelma Schoonmaker al Festival di Cannes 2009 /
Credit Photo: Michael Buckner

All’estro della Schoonmaker si devono molte delle apprezzate scelte visive dei film di Scorsese e quel montaggio serrato e ritmato che spesso li caratterizza. Il suo uso creativo del taglio e cuci della pellicola è una sintesi efficace di tecniche classiche combinate a quelle più moderne e innovative: long take, fotomontaggi, flashback, freeze frame, dissolvenze, jump cut, ellissi temporali, primi piani estremi. Uno stile autoriale già ben visibile nel documentario Woodstock (1970) e dieci anni dopo in Toro Scatenato, che le regala il suo primo Oscar. Dal quel film, il suo montaggio è diventato sempre più complesso e in continua evoluzione. Nemmeno il passaggio dalla pellicola al digitale sembra averne scalfito la resa estetica. Anzi. «Il digitale è solo uno strumento» che rende le cose più facili e veloci e le permette di «sperimentare di più». Ma il lavoro della Schoonmaker non è solo una questione di genio tecnico; Scorsese ha detto più volte che si affida a lei per mantenere il cuore emozionale dei suoi lavori.

Credit Photo: Jake Chessum
Credit Photo: Jake Chessum

Il montaggio non è banalmente un’esecuzione meccanica di giustapposizione di inquadrature, l’editor ha il compito delicato di scegliere tra il materiale grezzo le scene migliori tra tutte quelle disponibili, dandogli poi una forma in grado di comunicare un’emozione a chi guarda, di farci ridere, piangere, sussultare. «Lui dice che tiro fuori l’ umanità dai suoi film. Non credo che sia proprio vero, ma penso che come donna, forse sono più sintonizzata alle cose emotive nei film e che forse riesco più facilmente a tirar fuori». Oggi sono molte le donne nel settore editing, ma quando la Schoonmaker iniziò ad entrare nelle sale di montaggio i suoi colleghi maschi quasi le impedivano di toccare la pellicola. In realtà il montaggio è un lavoro che richiede molta pazienza, disciplina e organizzazione, tutti tratti distintivi dell’universo femminile. Poi c’è bisogno di una profonda alchimia con il regista. Anzi, quella è fondamentale: «devi essere un buon collaboratore con il regista e devi essere in grado di non litigare per un film..». È questo il segreto della loro duratura relazione professionale. Lei e Marty possono avere le loro divergenze di opinione, ma in sala di montaggio sono sulla stessa lunghezza d’onda: «Sa che farò tutto il possibile per realizzare la sua visione del film». Si dice che dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna. Niente di più vero in questo caso.

[Credit Photo Cover: Marc Ohrem Leclef]