Valentina Lodovini, diva moderna ma senza divismi. Lei che sprigiona femminilità e cultura, seduce per una fisicità prorompente ma al contempo per una dialettica impegnata, al Cinema si è fatta riconoscere per una innegabile espressività che l’ha vista ora abile interprete in ruoli comici, ora attrice matura in ruoli drammatici. In queste settimane al Cinema con Milionari, Valentina veste i panni di Rosaria al fianco di Francesco Scianna, nel ruolo di Marcello Cavani, leader camorrista di Secondigliano, e Carmine Recano, che interpreta il fratello.
Dopo Benvenuti al Sud e il sequel Benvenuti al Nord di Luca Miniero la popolarità, ma è più datata la sua amabile performance in La giusta distanza di Carlo Mazzacurati (2006), così come nelle pellicole girate da Michele Placido, Paolo Sorrentino, Francesca Comencini e tanti altri registi nostrani o stranieri che l’hanno diretta e ‘trasformata’, valorizzandone l’eclettismo attoriale oggi riconosciutole.

Nell’intervista esclusiva a Il Giornale Digitale una sua attenta analisi della pellicola di Alessandro Piva nelle sale in questi giorni, insieme ad una fotografia di Valentina, artista dalla ‘carnivora passionalità‘, come lei stessa si è definita ai nostri microfoni.

In Milionari interpreti Rosaria, donna del leader camorrista Marcello Cavani, alias Alain Delon (Francesco Scianna). La donna spesso nei film di corrente neorealista che tratteggiano spaccati della storia italiana, dalla Napoli di Secondigliano alla Roma di Tor Bella Monaca, è poi in realtà la figura chiave del film e quindi della storia. Sembra un personaggio secondario, in pubblico si mantiene delicata, l’ombra del maschio leader del clan magari, ma poi nel privato è colei che sfodera più carattere e determina realmente lo snodo dei fatti e magari le sorti dei personaggi. Lo è in Gomorra, con Donna Imma. Lo è in Lo Chiamavano Jeeg Robot, con Alessia, in modi e sfumature differenti.
La tua indiscussa espressività dà dignità ad una figura femminile che nel film e nel contesto criminale sporco che fa da scenario alla pellicola che ruolo e che peso ha?

Rosaria non è una donna criminale. Non tratta mai con il potere della Camorra, ma ha scelto un uomo criminale. Lei è la sintesi di uno degli aspetti della criminalità organizzata, ossia dell’omertà. Quando si parla di omertà ci si riferisce a chi preferisce non sapere e non fare domande, non solo a chi non denuncia un sopruso. Questa è Rosaria. Lei non ha un peso significativo nelle vicende del marito. E questo perché ho scelto di costruire il personaggio così, evidenziando questo lato di una donna che non è poi alla fine il motore della storia. L’atteggiamento di Rosaria è verso Marcello ‘fai quello che vuoi, l’importante è che non lo fai a casa’. Io sono sempre alla ricerca della realtà. Non mi importa se il personaggio che interpreto è un forte o un debole. Voglio emerga la realtà. In questo caso il volto omertoso di questa donna.

Dal set del film 'I Milionari' - Credits: Gianni Fiorito
Dal set del film ‘Milionari’ – Credits: Gianni Fiorito

La scelta della figura femminile del film è ricaduta subito su di te? Quanto è stato lungo il casting per la figura di Rosaria e quanto è stata complessa poi la tua preparazione per questo ruolo?

La scelta è ricaduta subito su di me. Quando è stato proposto il film, prima che subentrasse alla regia Alessandro Piva. Mi venne proposto questo ruolo subito dopo la mia interpretazione in Benvenuti al Sud. La preparazione del personaggio è stata scorrevole. Ovviamente ho studiato il napoletano. Sono toscana e mi piace l’ecletticità del mio lavoro. Forse per il mio corpo e i miei colori sono stata scelta come donna napoletana. Ho interpretata una meridionale in cinque film, sebbene in ognuno ho dato sfumature dialettali diverse. Amo il nostro Paese perché è fatto di province. Ogni parte della nostra terra ha sfumature e dialetti differenti e ogni volta, nei cinque film in cui ho sempre interpretato una donna meridionale, ho valorizzato queste diversità. In questo caso ho lavorato su un napoletano più stretto e dialettale. Per il resto, ero consapevole che c’erano pochissime scene ma che dovevano accompagnare lo spettatore nell’intimità del protagonista, Alain Delon. Dovevo valorizzare tutto, anche scene di silenzio o la quotidianità di un pranzo di famiglia.

Ti sei confrontata con una figura femminile realmente appartenente a quel mondo? Per Maria Pia Calzone nei panni di Donna Imma in Gomorra La Serie andò proprio così.

Ho fatto tante ricerche. Ho ascoltato le intercettazioni, dato che si tratta di una storia vera e quindi c’è tanto materiale d’archivio. Quando poi sono scesa sul set per le riprese, sono andata per strada a Torre del Greco e Torre Annunziata, dove abbiamo girato le scene dell’appartamento. Ho osservato e assorbito come una spugna tutto ciò che c’era intorno. Ho chiacchierato con le proprietarie della casa che con generosità si confrontavano con me senza filtri.

C’è un’espressione napoletana che proprio ti è venuto difficile riprodurre?

Tutte (ride, ndr.). È come lavorare su un’altra lingua. Come lavorare in inglese o francese. Serve disciplina, studio, musicalità. Fa parte del mio mestiere anche questo. Ho fatto il pugliese, il palermitano e il percorso è sempre lo stesso.

Il film è stato girato tre anni fa ma è uscito in sala solo adesso. Perché questo ritardo che poi è lo stesso – per certi aspetti – subito dalla pellicola di Gabriele Mainetti, Lo chiamavano Jeeg Robot, vicina per neorealismo alla tua. Alla base c’è un problema di scetticismo di genere verso queste pellicole?

È un piccolo film e come tale non è stato sostenuto. Il percorso è stato tortuoso e complesso. Ci sono stati vari passaggi di consegne nella produzione e nella distribuzione. Il discorso è ampio e delicato, legato al periodo storico di crisi che stiamo vivendo. Uno specchio di un Paese difficile dove fare cultura. Il Cinema non è visto come un’industria e il nostro non viene visto come un mestiere. Si è persa la voglia di rischiare. Non si fanno film di genere. Il pubblico è assente. Il neorealismo invece è eredità, ma ce ne dimentichiamo. Prima c’era un pubblico invogliato ad andare al cinema, mentre adesso si fa fatica a seguire il Cinema e non dimentichiamo che il Cinema è identità di un Paese. Inoltre, è una questione anche di educazione. La scuola non educa al Cinema oggi. La generazione prima di me aveva un ottimo cinema al cinema e un ottima televisione in televisione. La mia generazione aveva un ottimo cinema in televisione. La generazione di oggi ha il web. Lo definiscono progresso, ma non so quanto lo sia. Io sono stata fortunata, vedevo a scuola anche film in lingua originale o venivano compagnie teatrali a recitare Goldoni. Oggi non so se accade ancora. Tutto questo è interconnesso e si ripercuote sulle difficoltà del settore.

Dal set del Film 'I Milionari' - Credits: Gianni Fiorito
Dal set del Film ‘Milionari’ – Credits: Gianni Fiorito

Hai sottolineato come in Italia il Cinema non venga percepito come un’industria. In America invece lo è. Un’esperienza attoriale all’estero? Il contesto cinematografico americano ti affascina, ti piacerebbe andare oltre confine?

Credo che quella americana sia l’industria dell’Arte perfetta, dove si guarda alla qualità e non solo alla quantità. Da noi è il contrario, spesso si fanno le cose solo per coprire dei buchi e si tende spesso verso la mediocrità, più che altro in TV. Io amo l’Arte. Per me non esiste la censura nell’Arte e non esistono confini e limiti. Leggo molto, vado a Teatro, mi piace scovare le cose meno note. Guardo film cinesi o francesi. Mi piacerebbe certamente sperimentare altrove per viverlo come un arricchimento. Sono però consapevole che in altri mercati si arriva dopo aver fatto qualcosa di veramente bello nel proprio Paese natale. Chi è diventato grande a Hollywood lo è diventato con una grande pellicola nel proprio Paese. Anna Magnani è arrivata a Hollywood con Rossellini; Sophia Loren c’è arrivata con La Ciociara; Penelope Cruz c’è arrivata con Pedro Almodovar e Marion Cotillard con la sua interpretazione di Èdith Piaf, e sono forse le due europee che lavorano di più in America. Grandi storie del proprio Paese, nella propria lingua di origine, le hanno portate fuori dal proprio Paese e grazie al talento riconosciuto adesso lavorano in tutto il mondo. Sono molto aperta e non ho pregiudizi, ma conoscendo la storia del Cinema credo che per arrivare in tutto il mondo serve un grande film nel proprio Paese.

Da quale regista straniero vorresti essere guidata?

Jonathan Demme, americano, e Xavier Dolan, canadese.

Francesco Scianna, partner sul set. Che feeling recitativo si è creato tra voi? Un aneddoto delle riprese che ti va di raccontare, buffo o imbarazzante, nonostante stiamo parlando ormai di tre anni fa?

Con Francesco ci siamo trovati benissimo. Questo film è fatto dagli attori. Non c’era divismo tra di noi, ma tanta umanità e generosità. Un bellissimo scambio di opinioni, come degli equilibristi. Ognuno ha fatto il suo mestiere ma ci siamo incontrati come esseri umani. La differenza tra me e lui è stata il suo lavoro maniacale. Studiava tanto, si poneva tantissime domande. Io invece ho scelto di essere più istintiva. Io la passionale, lui il razionale. Io ho studiato molto fuori dal set, ma poi sul set ho abbandonato la tecnica. Lui ha continuato a studiare anche sul set. Infatti gli dicevo: ‘Mò basta‘ (ride, ndr.). Ci prendevamo in giro con il sorriso. Siamo stati molto complici.

Ruoli drammatici, ruoli comici, ruoli civili (ti ricordiamo a Teatro nello spettacolo di Marco Travaglio, È Stato la Mafia). L’eclettismo attoriale di Valentina come è stato coltivato? Quale formazione si nasconde dietro questa versatilità e quale è alla fine il genere che ti appaga di più interpretare?

Tante scelte. Sono nata con la passione carnivora per tutto ciò che sono Cinema, TV, teatro, letteratura. Da piccola mi emozionavano, ma non avevo la maturità per comprenderle. Questo ha contribuito a non farmi avere un unico punto di vista. La mia storia di spettatrice eclettica – che guarda dal documentario al film demenziale, fino al cartone animato – non mi ha messo alcun tipo di barriera. Ho fatto la scuola di Teatro prima, la scuola di Cinema dopo e queste mi hanno dato tutti gli strumenti. Poi non sono una stratega. Faccio il mio lavoro per passione e non per carriera. Faccio tante scelte, infatti, e dico tanti no. Ho sempre pensato che la carriera si fa con i ‘no’. Ho lavorato con persone intelligenti, che mi hanno chiesto di fare cose diverse da me. E ho imparato a scoprire il mio corpo.

La tua procace fisicità è stata per la tua carriera in qualche caso un limite? Per esempio, ti è capitato di non ottenere una parte a cui tenevi molto perché stereotipata nel ruolo di sex symbol e quindi poi penalizzata per la parte?

Avrei potuto essere etichettata e diventare un cliché. Ma ho imparato a scoprire il mio corpo e valorizzarlo. Ho la fortuna di poter essere più acqua e sapone e sembrare una ragazzina in alcune situazioni o, al contrario, se mi metti un rossetto rosso, mi fai il capello mosso e mi strizzi posso apparire più volgare, o ancora con una veste che abbraccia il corpo sono più materna. Ho fatto di tutto per dimostrare questa mia versatilità e ho incontrato persone intelligenti che lo hanno capito. Spesso mi è capitato di fare dei film in cui avevo un determinato ruolo e nella fase di promozione del film – nelle conferenze stampa o nei Festival – facevo venir fuori il lato opposto a quello che traspariva nel film. È successo con Carlo Mazzacurati, per esempio, per il quale interpretavo la ragazza della porta accanto e invece in giro per la promozione mi sono fatta vestire da Versace e impersonavo la femme fatale. Posso essere tutto e il contrario di tutto.

Dal set del Film 'I Milionari' - Credits: Gianni Fiorito
Dal set del Film ‘Milionari’ – Credits: Gianni Fiorito

Ma Valentina poi è femme fatale nella vita o questa fisicità stride poi con un’indole più timida, contraddittoria? Com’è Valentina? In una vecchia intervista ti sei definita ‘quadripolare’

Dipende. Dipende dall’umore, dalla giornata. Ci sono momenti in cui si è più sicuri di sé, altri meno. Puoi essere più attrattiva quando esci di casa sicura di te, mentre quando sei più debole appari più fragile. Vale per tutte noi donne.

Valentina Lodovini come icona femminile per un pubblico di teenager che imparano ‘l’essere donna’. Quale messaggio ti piacerebbe trasmettere alle ragazze e per cosa vorresti si identificassero in te?

Di tenere sempre ben presente che si è responsabili della propria felicità.

Invece, qual è l’insegnamento più grande che hai imparato grazie al tuo lavoro?

A non giudicare. Uno dei primi insegnamenti che ti danno quando studi recitazione è di non giudicare mai il tuo personaggio. Questa cosa io l’ho trasferita anche nella vita. Anche Rosaria, ne I Milionari, io non la giudico, sebbene sia omertosa. Provo a capire cosa la spinge e non reagire. Può non farlo per paura, per fragilità, per tanti motivi. Per questo non giudico mai il mio personaggio. E questo vale nella vita.

L’incontro decisivo nella tua vita quando e con chi è stato?

Ce ne sono tanti. Mi considero una privilegiata. Persone che mi hanno dato fiducia e alle quali sono grata. Se devo dare un nome allora penso al mio Maestro, Nikolaj Karpov, un maestro russo che non c’è più, ma che ha contribuito a fare la storia del Teatro ovunque, partendo da Mosca. Un Maestro per molti. Ma per me è stato prezioso dal punto di vista professionale e umano. Quando recito dedico tutto a Nikolaj. Prima di un ciak, infatti, alzo gli occhi al cielo, sorrido e dico: ‘Dedicato a Nikolaj‘.

Chiudiamo questa chiacchierata in leggerezza. A cena con Valentina: l’argomento must-have e l’argomento tabù?

Non ce ne sono. Mi piace parlare di tutto. Mi piace ascoltare le opinioni altrui, quando il confronto è costruttivo. Provo a innamorarmi di più cose possibili. Mi piace parlare del fumetto, della barzelletta, di filosofia, politica, calcio, cibo, vini, viaggi. Dal pettegolezzo ai disagi interiori. Sono eclettica anche nella conversazione. Posso essere più ferrata nel Cinema, ma provo a discutere di tutto e innamorarmi di tanto. Non sono fissata con lo shopping, ecco. Seguo la moda. Amo gli stilisti. Ma non sono fissata con l’ultimo modello di scarpe o di borsa. Magari potrei annoiarmi quindi a parlare solo di questo.

Grazie a Valentina Lodovini da Il Giornale Digitale