Gaia Segattini, aka Vendetta Uncinetta è nata a Genova nel 1970, dal 1994 fashion designer con esperienza sui marchi di target giovane, dal 2009 insegna Fashion Design al Poliarte di Ancona, dove dal 2011 è anche vice direttrice del corso. Patologicamente curiosa a tutto ciò che succede in ambito creativo internazionale, dal 2006 si appassiona al nuovo movimento “craft” americano, per i suoi contenuti di semplicità, creatività e di rivoluzione sociale. Da anni viaggia sempre con un uncinetto in borsa e quando ha tempo crea accessori per la linea di handmade Gaia6Gattini, nome nato da come i compagni storpiavano il suo cognome alle scuole elementari.
Gaia ama mettere in comunicazione le persone, creare rete e sviscerare il “dietro le quinte” di questo movimento internazionale, per cui dal 2007 ne ha scritto periodicamente su glamour.it, su Style.it ed attualmente su vanityfair.it; inizialmente selezionando oggetti di nuovo artigianato per la rubrica AristoCraft (un neologismo di sua ideazione che vuole mettere insieme l’idea del craft con quella dell’alto livello creativo), ed oggi con il blog Vendetta Uncinetta, in cui tratta di riciclo, materiali, siti web utili per chi vuole cominciare a realizzare da solo i propri oggetti e facili tutorial; non per niente lo slogan è: “Il blog per i negati dell’hand-made che non si arrendono”.
Ciao Gaia, fare pace con la propria manualità sembrerebbe essere la tua missione
Credo fortemente che sia importante spingere le persone a fare pace con la propria manualità, che poter realizzare qualcosa da soli, mai come ora importante visti i tempi di crisi, dia soddisfazione e potere. Credo che sia fondamentale, mai come in questo periodo, ispirare ed entusiasmare le persone e dare loro coraggio. Anche per questo motivo dal 2011 curo workshops di riciclo e manualità, partecipo a tavole rotonde e dibattiti, porto in giro la piccola lecture “The Handmade Revenge” in cui, tramite la proiezione di circa ottanta diapositive, spiego la nascita di questo movimento e le sue diramazioni sociali e culturali.
Facciamo un breve passo indietro, come nasce questa passione?
Ho lavorato sempre con marchi legati alo streetweare, alla musica, all’illustrazione, agli sport estremi, perché soddisfavano il mio bisogno di collegare un oggetto all’interno di un mondo. Questo tipo di peculiarità mi ha fatto indagare, tra l’altro sono stata una tra le prime in zona ad avere un computer perché mi è sempre piaciuto avere un contatto con ciò che è nuovo e diverso. Ho iniziato a parlare di lifestyle e tendenze sul sito di Glamour nel 2006. Con questo tipo di lavoro editoriale che ho curato parallelamente alla mia attività di designer mi sono appassionato a questa nuova ondata di artigianato che è partita dall’America nella seconda metà degli anni ’90 ed è arrivata a noi.
Cosa hai trovato di davvero interessante nel movimento del Craft?
L’ho ritenuto un movimento di profondo senso perché mette insieme esigenze economiche, etiche e creative. Un movimento con numerose sfaccettautre, da quella più pratica (che ci vuole, anzi è necessaria) a quella artistica. Con questo tipo di interesse ho iniziato a proporre alle riviste con cui collaboravo una rubrica con dei consigli di shopping, dando dei suggerimenti per gli acquisti che all’epoca erano avanguardia pura. Questa cosa mi ha permesso di far parte di questo mondo ed ha portato alla nascita di Vendetta Uncinetta su Vanity Fair.
Come nasce il nome Vendetta Uncinetta?
Mi considero una persona estremamente ironica e autoironica e mi piaceva questo gioco di parole, questa vendetta effettuata con l’uncinetto. In effetti è quello che sta succedendo a molte donne, con recuperi di tecniche tradizionali si stanno vendicando o stanno sviluppando un nuovo modo di fare imprenditoria in un contesto economicamente molto difficile. Non è forse una rivalsa?
Tu fai molto storytelling visivo, secondo te questo tipo di attività è importante anche per le aziende?
Tutto quello che ci colpisce è visivo, io tra tutti i social preferisco in assoluto Instagram, pur non partecipando a nessuna riunione di Igers. Con le immagini fai la differenza e non con la foto bella o meno bella, ma con quello che vuoi comunicare. Io sono più brava a comunicare che a fare, qualsiasi vecchietta delle mille che abitano di fronte casa mia mi da tre giri, per dirla in marchigiano. La mia bravura è stata quella di scoprire un target di riferimento tramite i social. Questo dovrebbero fare le aziende: fare amicizia con il proprio pubblico, capire quali consigli dare al target, o meglio alle persone, di riferimento. Non è facilissimo perché più l’azienda è grande più barriere bisogna scavalcare, ma la sfida da vincere è questa.
Ci parli del tuo libro?
Rinnova il tuo guardaroba (Gribaudo editore) contiene 30 progetti intuitivi e facili, ed è dedicato anche coloro che si sentono negati! Tutti potranno trasformare il proprio guardaroba in poche semplici mosse, muniti solo di forbici, ago, filo e materiali di recupero: dai cappelli ai guanti, dalle canotte ai maglioni, dalle sciarpe ai top, fino ai leggings, gli scaldamuscoli, lo zaino e la fascia per capelli. I progetti sono spiegati in modo ironico, chiaro e divertente, illustrati da fotografie step by step, per rendere facile e familiare ogni passaggio anche a chi non si è mai cimentato con il cucito per paura di non riuscire.
A chi è rivolto il libro in particolare?
Sono cose alla portata di tutti. Nel mio pensiero però le lettrici tipo sono le giovani donne che tengono in particolar modo a rendere affettuoso il loro nido, decorandolo, facendo regalini agli amici e cucinando per loro. Il concetto è che oggi come oggi avendo meno soldi da spendere in giro si tende a ricreare forme di intrattenimento tra le mura domestiche. Per fortuna però il libro ha una visione così colorata e ironica che viene apprezzato anche da donne più grandi, che sono stufe dei soliti approcci da manuale.
In tutto questo fai anche la mamma, senza approfittarti dell’appellativo di mamma blogger…
Sono mamma, ma per fortuna vostra non parlo di pannolini e pappine, non lo facevo nemmeno quando mio figlio aveva un anno. Non è che se una diventa mamma e fa la blogger gli ci vuole l’appellativo davanti.
Parliamo di collaborazioni e workshop, ho visto che il 29 novembre sarai a Milano…
Sto riuscendo piano piano a fare collaborazioni con grandi aziende, sto diventando un punto di riferimento per tanti ragazzi della scena. Questa estate ho curato la manifestazione WeekenDoIt e credo riusciremo ad organizzare una sessione natalizia. Diciamo che c’è un fermento molto forte, sarò ospite del network Fattore Mamma a Milano, il 29 novembre, come dici tu. Loro sono molto bravi, organizzano ogni anno questo evento e io parlerò di tecnologie digitali applicate all’artigianato. Sarò moderatrice barra intrattenitrice barra valletta, scherzi a parte adoro lavorare in questi eventi in cui sfidi i pregiudizi secondo i quali la mammma blogger sta a casa a parlare di pannolini. In realtà sono le prime che vogliono sapere tutte di queste tendenze moderne.
Ho visto i cappelli del nonno, sono meravigliosi, dove si comprano?
Ho due negozi online, uno su little market, anche se i cappelli del vecchio col cappello (per tutti quelli che non sanno guidare come me che ho preso la patente a 31 anni) si trovano su etsy nel mio negozio online che si chiama Gaia6gattini, come storpiavano il mio cognome alle elementari.
Vedo che ai tuoi eventi vengono anche molti uomini. E lavorano all’unicinetto!
Sfatiamo un mito: il lavoro a maglia è stato inventato dagli uomini, i pescatori dell Shetland lavoravano a maglia i loro maglioni perché dovevano essere riconosciuti anche da dispersi, e venivano riconosciuti in base ai punti diversi utilizzati sui loro vestiti. Con l’avvento della rivoluzione industriale è diventato un lavoro femminile, ma ciò non toglie che ci sono moltissimi uomini che lavorano a maglia, cito i magliuomini su tutti. È una tecnica anti-stress, io sono sempre stata convinta che l’uncinetto è più femminile e la maglia più maschile, detto questo trovo gli uomini che lavorano a maglia molto sexy.
Qual è il segreto della tua popolarità?
Credo sia l’approccio ironico e poco da manuale che utilizzo. Il fatto di prendersi poco sul serio e il mio tentativo di far capire come tante cose siano fattibili da tutti. E soprattutto il messaggio che le cose fatte a mano non devono essere perfette, perché il divertimento sta proprio nel processo del farle.
Se ci pensi è anche l’approccio social, foto e video imperfette piacciono di più
Esatto, e a volte hanno più successo. Non ci avevo pensato, ma hai ragione.
Ultima cosa: un suggerimento handmade per Halloween alle porte?
Un’idea è fissare un filo di lana nera ai lati della porta della camera dei bambini con delle puntine, in modo da fare una sorta di ragnatela. La mattina si sveglieranno intrappolati in camera dalla tela del ragno assassino! Si fa in cinque minuti, mentre dormono, e l’effetto divertimento è assicurato.
Grazie mille Gaia, e alla prossima! (Le ho promesso di esercitarmi all’uncinetto, ma non so se riuscirò a mantenere la promessa)
Credits Cover e foto articolo: tutte gentilmente concesse da Gaia Segattini