“L`obiettivo è chiaro: fuori i violenti dagli stadi, restituiremo il calcio agli italiani”. Così si è espresso ieri il Ministro dell’Interno Angelino Alfano, a margine della presentazione del nuovo decreto contro il tifo violento, una piaga del nostro Paese che ha visto morire troppe persone. L’ultimo caso è quello di Ciro Esposito, deceduto dopo essere stato sparato poche ore prima del fischio d’inizio della finale di Coppa Italia tra Fiorentina e Napoli.
La linea scelta dal Ministero, e quindi anche dal Governo, appare la linea dura preventivata dopo quei tragici momenti. Il decreto prevede il divieto di accesso agli impianti sportivi (il famoso Daspo) dai cinque agli otto anni in caso di recidività di reati “da stadio”. Inoltre sono stati studiati provvedimenti che scatteranno in caso di esposizione di striscioni violenti e di istigazione all`odio, e di atti che avvengono fuori dallo stadio, oltre che il Daspo di gruppo che può appunto colpire un intero “branco”.
Ma servirà tutto questo? Riuscirà lo Stato a restituire davvero il calcio agli italiani? Le misure prese possono essere condivise o meno ma le colpe del declino del nostro calcio non sono solo attribuibili agli Ultras o alle tifoserie. Le responsabilità vanno equamente divise ma non c’è traccia di ribaltoni, soprattutto ai piani alti della nostra politica e a quelli della Lega Calcio. Bisogna sottolineare ancora una volta come i tifosi siano diventati esseri insignificanti in questo sport, costretti a dover seguire la propria squadra in orari e giorni a volte fuori dal comune. Quest’anno ad esempio, la serie B giocherà anche alla vigilia di Natale.
Il caro biglietti, ad esempio, è un elemento che non viene mai menzionato. Per andare in curva, il settore più popolare, per una partita di serie A si spendono anche ben trenta euro. Impossibile portarci una famiglia intera. Il calcio è diventato schiavo dei soldi delle pay-tv che tengono sotto scacco sia le società, grazie alle entrate astronomiche, e i tifosi che preferiscono godersi la partita in poltrona piuttosto che entrare in stadi vecchi e fatiscenti.
Già, gli stadi. Un’altra nota dolente: la lunga trafila della burocrazia nostrana non permette velocità nella costruzione e si perde tempo. Intanto i tifosi scappano dagli stadi e forse quando tutto sarà pronto, sarà troppo tardi: il calcio sta andando ormai verso un baratro dal quale sarà difficile risollevarsi.