L’amore, come scriveva Dante, è la forza motrice dell’intero universo.
Per ognuno di noi può essere meraviglioso abbandonarsi a qualcuno, vivere come se fosse sempre primavera e aprirsi al prossimo senza alcun tipo di riserva. Non di rado, però, la vita ti mette davanti a situazioni di grande pericolo, non sempre semplici da identificare.
Sentiamo ogni giorno storie di donne maltrattate, picchiate e addirittura sfigurate, quasi come se l’uso dell’acido fosse una vera e propria moda. Molte persone nascondono una vita deturpata dalla violenza domestica: un male lento, silenzioso e drammaticamente ingiusto.
Ma quando si riesce a capire che un rapporto è malato? Come si fa ad individuare una relazione pericolosa? E, soprattutto, perché le donne non riescono a spezzare legami così dolorosi?

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L’idea che la violenza sia qualcosa di strettamente fisico è del tutto sbagliata: di solito, infatti, la violenza psicologica è spesso l’anticamera di quella materiale, e sottovalutarla potrebbe essere un errore irrimediabile.
Se in teoria in un rapporto l’equilibrio sta nello scambio alla pari, spesso la bilancia pende da una sola parte, squilibrando una relazione destinata ad assumere risvolti sgradevoli. E spesso drammatici.
Capita per le ragioni più svariate che uno dei due finisca con il prendere il sopravvento sull’altro, manifestando possessività, dominio e comando. Esistono partner che decidono orari, attività, vacanze e amicizie in maniera del tutto arbitraria, con il preciso scopo di annientare completamente il libero arbitrio dell’altro, che finirà per abbandonare le proprie idee, passioni, necessità. Ma qual è la ragione che spinge un essere umano a maltrattare chi gli sta più vicino? Chi senza lagnarsi gli offre i propri sentimenti?
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In uno dei suoi saggi più famosi – Il disagio della civiltà (1929) – Freud analizza il rapporto amoroso, cogliendone alcuni importantissimi aspetti:
L’uomo non è una creatura mansueta, bisognosa d’amore, capace, al massimo di difendersi se viene attaccata; ma occorre attribuire al suo corredo pulsionale anche una buona dose di aggressività. Ne segue che egli vede nel prossimo non soltanto un eventuale aiuto e oggetto sessuale, ma anche un invito a sfogare su di lui la propria aggressività, a sfruttarne la forza lavorativa senza ricompensarlo, ad abusarne sessualmente senza il suo consenso, a sostituirsi a lui nel possesso dei suoi beni, ad umiliarlo, a farlo soffrire, a torturalo e a ucciderlo.’
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Insomma anziché limitarsi a individuare nella violenza domestica la peggiore delle barbarie possibili, va a scavare nel profondo dell’animo umano, cogliendo aspetti psicologici molto sottili.
Se volgiamo lo sguardo ai fatti di cronaca è possibile comprendere che gli omicidi, gli stupri, i maltrattamenti fisici e psicologici che hanno come oggetto le donne, sono compiuti sempre da mariti, figli, e padri incapaci di tollerare pareti domestiche troppo o scarsamente protettive, abbracci morbosi o abbandoni che lasciano scoperte fragilità maschili insospettabili. Secondo i dati Istat sono quasi 7 milioni le donne italiane tra i 16 e i 70 anni che hanno subito nel corso della vita, dentro o fuori della famiglia, una forma di violenza, fisica o sessuale. Nella maggior parte dei casi i maltrattamenti provengono dai partner, spesso affetti da patologie mentali non trascurabili.
Riconoscere stati mentali di questo tipo non è semplice, o meglio, quando ciò succede solitamente la relazione si è già ampiamente sedimentata. Fuggire via, dunque, appare quasi impossibile.
Il problema dei rapporti di questo genere sta nel fatto che la morbosità finisce con l’influenzare per sempre l’altro: la vittima si annienta completamente, provando di continuo sentimenti di dolore e frustrazione.
In questi casi il pericolo sta nella mancata volontà di reagire e di ribellarsi, mentre giorno dopo giorno si perde il contatto con la normalità.
[Fonte: 24live.it]