Sono lontani i tempi in cui ci si divertiva con poco, quando una bici o un semplice gioco di società non erano altro che alcune delle alternative di svago dopo un pomeriggio trascorso a compiere (seppure con pochissima volontà) il proprio dovere: finire i compiti. Ci si riuniva tutti in piazza e lì ci si divertiva da matti a rincorrersi. Ginocchia sbucciate, risa e tanta voglia di esplorare la natura, sognando magari di diventare dei piccoli-grandi collezionisti di lumache e formiche.
Adesso tutto questo sembra essere solo un ricordo.
Al giorno d’oggi, infatti, la tecnologia ha invaso il nostro pianeta diventando nel giro di poco più di un decennio l’elemento più importante, se non indispensabile, della vita di tutti noi. È la forma di comunicazione più rapida e comoda che l’uomo abbia mai avuto a portata di mano. Ma lo svilupparsi di tutto ciò non ha fatto altro che mutare i rapporti interpersonali della popolazione, tra cui i giovani sembrano rappresentare la categoria maggiormente affetta dalla sindrome di “dipendenza digitale“.
Anche i più piccoli rientrano di diritto in questa categoria, ed è per tale ragione che la questione inizia a farsi preoccupante. Si perché magari non sanno ancora allacciarsi le scarpe o andare in bici, ma se messi nella condizione di praticare smartphone o tablet, allo sì, in quello potrebbero benissimo insegnarci tante cose.
È la cosiddetta terza generazione, quella cresciuta tra smartphone e tablet, ADSL e Internet mobile, touchscreen e app, ad allarmare soprattutto i genitori che si confrontato circa l’approccio precoce dei propri piccoli al mondo del digitale.
L’allarmismo si fa sempre più presente nel momento in cui bambini di età compresa tra i 2 e 5 anni vengono lasciati davanti a uno schermo, che sia un tablet o uno smartphone, a guardare cartoni o quant’altro.
Ma quali sono i pro e i contro di una pratica così diffusa?
Partendo proprio da quest’ultimo, in seguito ad uno studio condotto dal professor Giuseppe Riva – docente di psicologia dei nuovi media presso l’Università Cattolica di Milano – i rischi principali legati all’utilizzo di strumenti tecnologici sono stati raggruppati in tre macroaree. Da un lato il pericolo che il prolungato utilizzo di smartphone e tablet porti ad un affaticamento eccessivo della vista; dall’altro il pericolo che il piccolo si isoli psicologicamente e crei un mondo popolato dagli eroi dei giochi e delle app che utilizza solitamente; infine un problema legato ai costi di alcune app e dei sistemi di acquisto in-app.
Ma a controbilanciare gli effettivi rischi a cui i piccoli digitali vengono esposti giorno per giorno, però, sembra farsi avanti la possibilità di introdurre nel mondo del digitale quelle piccole menti destinate a diventare “grandi” proprio grazie alla pratica di questi dispositivi tecnologicamente avanzati a partire dai 18 mesi.
L’approccio di questi ultimi agli strumenti digitali – secondo il prof. Riva – permette loro di sviluppare capacità cognitive fuori dal comune. “È vero che il multitasking comporta una diminuzione della capacità di attenzione; d’altra parte però stimola lo sviluppo di una maggiore capacità di integrazione cognitiva delle informazioni che si gestiscono contemporaneamente, con una maggiore produttività. Tutto dipende dal compito che si deve svolgere”.
E allora come comportarsi di fronte alle dipendenze da tecnologia durante l’età dello sviluppo? Chi insegnerà loro a moderare l’utilizzo del computer in quella fase così delicata che viene chiamata adolescenza?
Il loro futuro è nelle “nostre” mani, inevitabilmente.
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