Cambiano i paradigmi della comunicazione ma agli zombie nessuno lo ha detto. E così, nel cimitero della comunicazione ci sono caduti da una parte Aldo Grasso del Corriere della Sera e dall’altra l’agenzia interinale Manpower a cui Expo ha affidato una quota parte molto sostanziosa di selezione per profili di “Area Team Leader” e “Operatori Grandi Eventi”.
Probabilmente ad Aldo Grasso è sfuggito che se prima era eticamente richiesto, negli ultimi tempi è diventato necessario rendere conto di quanto si scrive, se non altro perché la velocità con cui si viene smentiti è pressoché immediata alla dichiarazione appena espressa. Non tutti hanno avuto la fortuna di “Ipse Dixit” Aristotele, ai cui tempi, solo per trasmettere la notizia ci volevano mesi, figuriamoci per confutarla. Nella foga di voler sembrare “attuale”, Grasso ha cavalcato un argomento mainstream, sicuro che i social prima e la carta tradizionale dopo lo avrebbero premiato: ha dunque messo insieme il #lavoro, l’#Expo e la polemica sui #bamboccioni. E ha avuto pienamente ragione: il web ha parlato di lui, affondandolo. E nel naufragio Grasso si è portato dietro anche Manpower le cui informazioni sul sito ufficiale sono non solo discordanti dai numeri dati ai giornali (si parla di più di 4000 persone assunte, ma il bando vinto era per poco più di 600. I conti non tornano, soprattutto considerando che si annunciano ancora 800 posti disponibili), con alcune note dell’AD Stefano Scabbio, non propriamente famoso per le doti comunicative, davvero “pregevoli”.
Da ex-dipendente Manpower non posso che confermare lo stile, tipico dei pescatori che catturano una sardina e dicono di aver ingaggiato una lotta con uno storione di 5 metri. Uno stile confermato da questo video completamente dissonante dai valori che l’Expo vorrebbe trasmettere di territorialità, identità, italianità.
Sul fatto in sé, in pochi giorni si è scatenata una letteratura giornalistica che ha messo a dura prova sia la professionalità di Grasso, quanto il processo di selezione e la qualità del servizio di Manpower e di Expo. Segnaliamo fra i primi ad averne parlato in maniera approfondita: Vita, Giornalettismo, Huffington Post, quest’ultimo fra i primi a raccogliere anche testimonianze. A ruota tutti gli altri.
È la grande festa di chi vorrebbe utilizzare i nuovi media continuando a parlare un linguaggio che non solo non è più attuale, ma ancor meno credibile. Sono coloro che credono di poter declinare i comunicati stampa degli Amministratori Delegati anche sui social. Sono coloro che convinti (tanto il Corriere quanto Manpower) di essere leader di mercato credono di poter fare il buono e il cattivo tempo seppur disinformando, mantenendo uno standing di bassissimo livello qualitativo, solo perché protetti dalla politica, dai mercati e da improbabili attività lobbistiche (il board di Manpower, ricordiamo è di forte ispirazione ciellina). Non hanno capito che la Rete è libera e pensante. E soprattutto, delle lobby se ne frega.
Alla fine, tutto quello che resta sono un giornalista che tradisce i principi elementari del giornalismo: approfondire la notizia e verificare fonti e testimonianze concrete. Ma soprattutto, e qui ancora più grave, una società interinale che benché cerchi di inventarsi ogni giorno servizi alternativi all’interinale, non riesce a stare al passo con il competitor di riferimento – Adecco – che non solo ha fatto passi da gigante nelle strategie di mercato, ma anche nella comunicazione digitale. A questo, si aggiunge una pezza degna del peggior Mister Hide, stampata cubitale sul sito ufficiale nella pagina in cui si cerca di far chiarezza su quanto avvenuto: “Il consiglio che mi sento di dare è quello di sentirsi sempre pronti, anche per coloro che si sono candidati mesi fa” sottolinea Stefano Scabbio, Presidente Area Mediterraneo ManpowerGroup “Le porte sono ancora aperte”.
Un grosso problema di competenza e di serietà, mi verrebbe da dire. Poichè è evidente che Scabbio, per riparare ai suoi problemi interni di gestione dei processi, sembra un marziano del suo settore e del suo tempo. I candidati, che tutto sembrano fuorché bamboccioni, hanno le idee molto chiare: un lavoro degno di questo nome avviene con una contrattazione chiara, una retribuzione corretta e quanto meno con un processo di selezione preciso e di qualità. Essere impegnati per sei mesi a 570 euro con una disponibilità pressoché totale, preclude la possibilità di cercare un qualsiasi altro lavoro, di sostenere colloqui, di trovare qualcosa di definitivo e soprattutto dignitoso. E questo lo sa un qualsiasi neodiplomato. Strano che sfugga all’Amministratore Delegato di Manpower che chiede ai candidati di “essere pronti in qualsiasi momento”. Ma pronti a che cosa?
Tutti, nessuno escluso, dei candidati intervistati, hanno parlato di modalità di selezione improvvisate, di informazioni carenti e di troppi omissis, di un primo contatto a ottobre e la chiamata ad aprile. Nel mezzo il silenzio. Tanto che Cristina Tajani, Assessore al Comune di Milano ha annunciato di aver scritto ad Expo spa e Manpower chiedendo di “avere evidenza del processo di selezione dei giovani assunti per Expo”.
Secondo il Corriere della Sera, Manpower è allibita nel vedere che i candidati abbandonino le selezioni senza nemmeno scrivere una mail, fare una telefonata, mandare un salutino. Ma non erano i recruiter quelli a cui viene imputato di non rispondere mai?