A solo un anno di distanza sono stati (quasi) completamente spenti i riflettori sul tema Ebola; come se il virus fosse stato magicamente debellato, o peggio, mai esistito. Eppure qualche mese fa le notizie su questa malattia infettiva erano in prima pagina, e la keyword “Ebola” era la più ricercata sul web.

Sarà stato forse per la disinformazione e l’eccessivo allarmismo che si sono diffusi più velocemente del virus e che hanno colpito il cuore di quelli che, comunemente da tutti, vengono considerati gli stati occidentali evoluti. Sarà stato per il sensazionalismo su cui fanno leva le notizie, o per la logica del business e del mercato economico, il cui unico interesse era di attrarre pubblico e, di conseguenza, introiti pubblicitari. Sarà sicuramente per uno di questi motivi che la parola Ebola ha fatto boom, sui notiziari, come una sorta di epidemia informativa, e dentro di noi, anche se i più sapevano davvero poco di cosa fosse Ebola.

Ma un anno dopo, e dopo oltre 9.600 morti e più di 23.700 persone contagiate, l’indifferenza generale fa da padrona e da portavoce di questo pezzo di storia contemporanea. Ad oggi, certo, l’epidemia è sotto controllo, ma questo non significa che non vengano registrati nuovi casi, come quello della donna di Monrovia, la capitale della Liberia, Stato africano in cui non si registravano nuovi contagi da oltre 20 giorni. Ed è proprio con la morte di Ruth Tugbeh che la Liberia dice addio, per l’ennesima volta, alla speranza di essere dichiarato un paese “Ebola Free”. Affinché lo diventi, devono infatti passare ben 42 giorni senza un nuovo contagio; queste le direttive dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).

Ma, lontano da sensazionalismi, logiche di business e attenzioni di circostanza, com’è la situazione Ebola oggi? L’ultimo report della World Health Organization, pubblicato il 25 marzo, parla di un totale di 79 nuovi casi confermati nella settimana fino al 22 marzo. Attualmente, l’ultima presa in esame, è la settimana con il totale di casi registrati più basso di quest’inizio 2015. Nonostante questo non è basso il numero di nuovi contagi, sopratutto per i singoli stati che sono ancora in lotta contro il virus, tra cui la Guinea, che ha registrato 45 nuovi casi, e la Sierra Leone con 33 persone contagiate.

nbcnews.com
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Secondo Oxfam, governi e altri enti internazionali, hanno utilizzato un metodo sbagliato nelle prime fasi dell’epidemia, poiché “un approccio quasi esclusivamente sanitario ha ostacolato i progressi che avrebbero permesso di prevenire prima e meglio l’estensione del contagio tra la popolazione”. Con il risultato, a detta di Sue Turrell, responsabile della risposta umanitaria di Oxfam per l’emergenza ebola, che “siamo ancora lontani dall’obiettivo per cui tutti stiamo lavorando, ossia l’azzeramento del numero delle persone contagiate.

Bilancio positivo considerando un’incidenza di casi in calo e una recessione della zona di trasmissione? Bilancio negativo considerando che l’epidemia non è ancora stata debellata? Dati alla mano, l’epidemia sembra battere in ritirata, e l’OMS ipotizza giugno come periodo probabile per la fine del contagio. Vietato però abbassare la guardia: il virus Ebola è sempre pronto a colpire.
Guardando indietro, ai primi casi verificati nel marzo 2014, possiamo dire chiaramente che l’OMS ha sottovalutato il problema nelle fasi iniziali dell’epidemia, perché l’allarme è stato lanciato con due mesi di ritardo. Questo ritardo, unito a una gestione non impeccabile della crisi, è valsa l’etichetta di fallimento scientifico dell’anno 2014, affibbiata dalla rivista Science.

[Credit Cover: ebola.com]