Molti di voi lo ricorderanno come membro del gruppo Broncoviz, di cui facevano parte altri grandi della satira e della comicità italiana come Maurizio Crozza, Carla Signoris e Ugo Dighiero. Altri, invece, ricorderanno, con grande affetto e nostalgia, i suoi personaggi a Mai Dire, tra i più apprezzati nella storia del programma, dove è stato Margherita Hack, Dr. House e il baronetto Jean Claude, vittima delle angherie di Madre.
Ma il mondo di Marcello Cesena, genovese, classe 1956, non finisce qui: nella sua carriera ci sono collaborazioni con Pupi Avati e Aldo,Giovanni e Giacomo, tanto teatro e anche la pubblicità. Un viaggio alla scoperta di un grande artista eclettico, ricco di colori e di sfumature. Ecco cosa ha raccontato a noi de Il Giornale Digitale:
Cinema, tv, pubblicità, teatro: il tuo curriculum artistico è davvero molto ampio. Inizialmente avevi intrapreso gli studi di architettura, cosa ti ha spinto ad abbandonarli e a dedicarti a pieno alla tua arte?
Da bambino organizzavo spettacolini per i miei parenti. Da ragazzo giravo piccoli film horror con i miei amici…. Insomma, credo di aver sempre saputo che, da grande, avrei fatto un lavoro nel mondo dello spettacolo.
Il grande ostacolo di questo tipo di scelta, normalmente, è che non sai in che scuola andare ad imparare quello che vorresti diventasse il tuo lavoro.
Perciò perdi del tempo.
Fortunatamente per me, nella mia città, quando avevo vent’anni riaprirono la “Scuola di recitazione” del Teatro Stabile di Genova.
Io non volevo assolutamente fare l’attore ( volevo fare il regista) ma capii che non avrei avuto una occasione migliore. Ho lasciato la facoltà di Architettura alla quale, nel frattempo mi ero iscritto, ho fatto un provino e sono stato ammesso alla Scuola.
Hai fondato con altri grandi comici ed attori, come Crozza e Carla Signoris, il gruppo dei Broncoviz, un pilastro per la satira in tv. Oggi la satira, a parte rari casi, non è più a quei livelli. Cosa è cambiato in Tv?
Il “Sistema TV” oggi è in grande crisi.
Non solo perché la Tv Generalista è “attaccata” e messa in discussione dai canali tematici e dalla pay-tv, ma soprattutto perché è cambiato radicalmente il sistema di fruizione della TV, che da “mobile al centro della casa” si è polverizzato in decine di apparati – dal pc allo smartphone – rivolti ad un uso strettamente individuale.
Nessuno sa più con quale pubblico si ha a che fare oggi e soprattutto come “contarlo”.
La stessa cosa che è successa 30 anni fa nel passaggio dall’impianto Hi-fi del salotto all’Walkman Sony ma evidentemente stavolta è più complicato per via delle implicazioni.
Le cose cambieranno e si riassesteranno ma di fatto in questo momento, soprattutto per quanto riguarda la TV Generalista, si respira un’aria da Titanic. E l’unica cosa che veramente sta a cuore a chi cerca di porre rimedio, è la conta degli spettatori – per venderli ai pubblicitari – e il problema dell’informazione che oramai avviene ( sarebbe meglio dire “avveniva”) per il 90% attraverso la televisione.
Tutto il resto è considerato velleitario. Ivi compresa comicità, satira e compagnia bella.
Ma, ripeto, conto con sfrenato ottimismo che le cose si riassestino.
Hai alternato la tua carriera d’attore a quella da regista, sia cinematografico che di spot pubblicitari. Dove ti senti più te stesso, davanti o dietro la macchina da presa?
Non ho preferenze.
Del lavoro di regista mi attira la sfida con un mezzo, il Cinema, veramente insidioso e difficile.
Fare un buon film è davvero un'”avventura titanica” , costosa – il che crea già da sé grande stress- e che dividi con decine e decine di persone della tua troupe. Ma val la pena di tentare perché, diciamolo, quando mai mi capiterebbe,altrove, l’occasione di partecipare a un'”avventura titanica”? Il lavoro d’attore è più…semplice, anche se semplice non è.
È il piacere del lavoro artigianale, magari fatto da solo a casa tua, e la fortuna, se capita, di inventare un personaggio che il pubblico ama e vuole vedere. Con Jean Claude questo mi è successo ed è stato un grande piacere.
Hai diretto, tra gli altri, il trio Aldo, Giovanni e Giacomo nel film di successo “Il Cosmo Sul Comò”. Come è nata la collaborazione con il trio e, soprattutto, vedremo in futuro nuove collaborazioni?
Il sodalizio con AG&G, che è durato nove lunghissimi anni, è nato perché in questo lavoro ci si incrocia, ci si saluta, ci si sorride incontrandosi e alla fine capita di lavorare insieme e di trovarsi bene.
Con loro ho girato un numero enorme di spot per una Compagnia Telefonica e ho diretto un loro film divertendoci sempre moltissimo.
Sarei felicissimo di rilavorare insieme e non lo escludo affatto.
Un tuo grande successo professionale è stato Mai dire… e, in particolare, la fiction interattiva “Sensualità a corte”, da te ideata, oramai un vero cult. Come è nata l’idea di Sensualità a Corte e a cosa o chi ti sei ispirato?
L’idea di Sensualità a Corte è nata dall’esigenza che avevo di realizzare per Mai Dire… dei filmati comici di immagine molto forte e caratterizzata, poiché temevo che il mio lavoro potesse “impastarsi” con la grande quantita di contributi filmati che già erano all’interno del programma. Una fiction in costume settecentesco mi pareva perfetta.
Devo ammettere che in quel momento in TV aveva grandissimo successo una serie che si chiamava Elisa di Rivombrosa e che io trovavo assolutamente comica.
Pensai che quel tipo di vicenda, appena appena esasperata, potesse essere perfetta per essere “massacrata”dai Gialappi.
E’ dal 2013 che non vediamo in tv le avventure di Jean Claude e Madre. Torneranno o i fan si dovranno consolare con le vecchie puntate?
Ogni volta che chiudo una Serie di Sensualità a Corte dico:”Mai piu!”
Poi passano i mesi e mi torna la voglia. E già siamo alla settima. La verità è che amo alla follia il personaggio di Jean Claude e di Madre….
Hai fondato l’agenzia pubblicitaria Fantasmino Produzioni. A te, che hai lavorato in teatro, in cinema e in tv, volevo chiedere se vi sono profonde differenze nel comunicare attraverso questi mezzi o no? Qual è lo studio che deve esser fatto?
Per quello che è la mia esperienza, Cinema, Teatro, Tv e Pubblicità hanno una cosa in comune che rende semplice l’approccio ad ognuna. Questa cosa è la voglia e, col tempo, la capacità di raccontare storie.
Io ricordo perfettamente che da bambino, quando ero solo, attaccavo a parlare e mi raccontavo una storia. Praticamente da allora non ho mai smesso di farlo.
Poi, naturalmente, in ogni ambito i linguaggi cambiano.
Ma alla fine di ogni mio lavoro, sia in tv che in uno spot o al cinema, quello che mi chiedo sempre è: Ho raccontato una cosa interessante? L’ho raccontata bene?
E naturalmente non so darmi una risposta.
Un elogio particolare, oltre che all’artista, anche alla persona che Marcello Cesena è: umile e disponibile, come pochi nel mondo dello spettacolo sono.