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Due scene di violenza fisica simili, due modi di rappresentarla differenti, una risposta di critica e fandom completamente agli antipodi – che la dice lunga sul divario che c’è tra Outlander e Game of Thrones, nel modo di trattare i personaggi – e, per riflesso, il loro pubblico. Ora, se siete di quelli che: “Lo Spoiler? Oh mio Dio,” e allora fermatevi qui. Perché se deciderete di leggere, siate consapevoli che da questo momento a seguire potreste incappare in rivelazioni non gradite. E non potrebbe essere altrimenti. Perché le scene in questione hanno a che fare entrambe con uno stupro, che già di per sé è un argomento delicato da affrontare, figuriamoci poi quando viene rappresentato sul piccolo schermo. Un campo minato attraversato, sembrerebbe, in scioltezza e senza conseguenze dalla serie Starz. Ma non può dirsi lo stesso per quella targata HBO.

Lo stupro di Sansa Stark (Sophie Turner) alla fine della sesta puntata della quinta stagione di Game of Thrones, “Unbowed, Unbent, Unbroken,” si è rivelato una bomba di proporzioni inimmaginabili. L’indignazione che ne è seguita ha addirittura assunto toni politici, con l’intervento della senatrice americana Claire McCaskill che sul sito femminista The Mary Sue ha inneggiato al boicottaggio, stanca del modo in cui quel crimine viene rappresentato in tv, senza alcun rispetto per gli effetti che l’atto ignobile ha sui sopravvissuti. Due settimane dopo, nell’ultimo episodio di Outlander, “To Ransom a Man’s soul,” va in scena la tortura e lo stupro perpetrato da Black Jack Randall (Tobias Menzies) ai danni dell’highlander Jamie Fraser (Sam Heughan), rinchiuso nella prigione di Wentworth e in procinto di essere impiccato. La reazione? Poche critiche da parte dei fan, qualche elogio dalla stampa e una campagna pro Emmy. Eppure, sempre di stupro si tratta, che sia ai danni di una donna o di un uomo, non fa differenza. Piuttosto qui la differenza è tra la violenza usata per scioccare, volgarmente detta “gratuita”, e la violenza al servizio della narrazione. È su questa linea sottile che si è giocata la partita tra Outlander e Game of Thrones.

Lo stupro in sé di Sansa, peraltro assai edulcorato nella rappresentazione, non è stato certo il primo, né il più cruento, delle innumerevoli nefandezze che la serie abbia proposto. Game of Trones è uno show per chi ha lo stomaco forte. La violenza spietata è nel suo dna e ci ha abituato a cose peggiori in quattro stagioni e mezzo. Sansa Stark, da ragazzina debole, viziata e impulsiva, si stava avviando verso un percorso di maturazione che l’avrebbe resa più forte. La violenza che subisce, resa ancora più drammatica dalla presenza di Theon Greyjoy, costretto da Ramsay Bolton ad assistere impotente all’umiliazione della donna, è uno schiaffo in faccia e un’involuzione di un personaggio, che risulta anche completamente stravolto rispetto ai libri di Martin. Quello che in Outlander accade tra Black Jack e Jamie, invece, lo ritroviamo tra le pagine scritte dalla Gabaldon. Chi aveva letto il romanzo sapeva a cosa andava incontro, perché quella storyline è un evento chiave, che influenzerà il personaggio per il resto della vita. Nella versione originale di GOT, invece, Ramsey Bolton violenta davvero una ragazza, ma si tratta di Jeyne Poole, che ha preso in moglie perché scambiata per Arya, la sorella di Sansa. La scena tanto criticata però ha un difetto evidente nella composizione che trascende la forzatura dei libri, ed è anche ciò che ha dato fastidio a molti: la camera che si avvicina al viso di Theon in lacrime sembra suggerire che lo stupro avrà, con ogni probabilità, più strascichi emotivi su questo personaggio. Ma la vittima di cui dovremmo interessarci non è Theon, ma Sansa.

Lo stupro in Game of Thrones accade e passa semplicemente via; perché con così tante storyline da raccontare in un’ora non c’è tempo per dare giusto peso ai sentimenti che entrano in gioco. In Outlander no. La violenza su Jamie è brutale, cruda, addirittura amplificata rispetto al libro, ma non è gratuita. Dei tre lunghi flashback che la compongono l’immagine che ti resta attaccata addosso non è l’atto in sé, a tratti disgustoso, ma le lacrime del protagonista ormai spezzato sotto il peso della vergogna. Ci viene mostrato l’orrore, e subito dopo la vulnerabilità, di chi lo subisce e la rinascita. Ma sempre dal punto di vista di Jamie, la vittima. “To Ransom a Man’s Soul” è un atto terribilmente onesto di empatia. Scava a fondo nell’anima violata da un trauma, ne esplora le conseguenze emotive e psicologiche, lasciando intravedere un ritorno alla vita. Per questo non provoca lo stesso tipo di reazione negativa che ha avuto invece la storyline di Sansa Stark. Se reazioni ci sono state, da parte dei fan, è sull’aver accelerato, rispetto al libro, un processo di recupero così intimo, tagliando dialoghi cruciali, per il bene di chiudere la stagione nel minutaggio consentito. Resta comunque una rappresentazione molto più veritiera e rispettosa di altre simili viste in tv. Una a cui guardare e da cui imparare.
[Credit Cover: Starz/Sony Pictures]