Lo sport nell’era moderna è stato sempre sinonimo di alti valori, di slanci positivi, di esempi da emulare, di educazione al fair play. In tanti passaggi nel corso della storia, lo sport ha rappresentato per tanti Paesi qualcosa a cui aggrapparsi fortemente per uscire da congiunture non troppo felici, proprio grazie ai valori che lo contraddistinguono.

“È un momento difficile per tutto il Paese e vorremmo, anche attraverso la Nazionale, essere di esempio.” Queste le parole di Antonio Conte alla vigilia del suo esordio sulla panchina azzurra nell’amichevole di Bari tra Italia e Olanda. E se da una parte c’è la spinta di un motivatore che fa leva sull’orgoglio dei propri calciatori, dall’altra c’è la consapevolezza che lo sport, il calcio in primis (essendo lo sport più praticato nel Bel Paese) può e deve dare l’esempio a una società che vive sempre più in attesa di segnali.

Le principali teorie socio-pedagogiche hanno sempre ritenuto che l’attività sportiva ha un’evidente funzione educativa e sociale, promuovendo lo sport come grande scuola di vita ed esempio di comportamento. Lo sport non è solo palestra per il fisico ma si pone a cavallo dello sviluppo del corpo e dell’anima, da una parte fenomeno relazionale in cui la ricerca della vittoria non deve prevalere sul riconoscimento della pari dignità di chi partecipa alla competizione, dall’altra scoperta di se stessi in cui la continua ricerca dei propri limiti tende a porsi obiettivi sempre più alti.

photo credits: rugby15.it
photo source: rugby15.it

Nella nostra epoca sono sempre più frequenti, però, i casi in cui il mondo dello sport propone ai ragazzi che si affacciano all’atletismo un ambiente dove il successo rappresenta un valore da perseguire ad ogni costo, sacrificando talvolta l’essenza stessa dell’uomo. Queste spinte verso valori così poco nobili si insinuano inevitabilmente attraverso la natura mediatica dello sport professionistico, troppo spesso fucina di esempi poco edificanti e tutt’altro che educativi.

Sin dalle sue origini lo sport ha sempre rappresentato prima di tutto uno strumento per la formazione del fisico e del morale della gioventù, nonché una preparazione alla vita. Lo sport, quindi, andava a inculcare nei giovani i valori tanto cari a Pierre de Coubertin. Chi voleva essere un vero atleta, universalmente riconosciuto come tale, doveva avere prerogative altissime, come il disinteresse nell’ambizione, l’energia perseverante e disciplinata nella preparazione, l’audacia nella lotta, la modestia nella vittoria, la serenità nella disfatta.

Prerogative che rimangono quanto mai attuali. L’attività sportiva, infatti, deve andare al di là dei risultati conseguiti, del gesto tecnico e degli schemi di gioco. Ha e deve continuare ad avere una forte valenza educativa per partecipare alla formazione di una personalità armonica ed equilibrata. Nient’altro che il punto di partenza per un’apertura a valori più alti quali la cultura, la partecipazione sociale e la ricerca di significati che vanno oltre gli aspetti puramente materiali e utilitaristici.

photo credits: smsport.ru
photo source: smsport.ru

In occasione della partita interreligiosa per la pace che ha visto tra i partecipanti Javier Zanetti, Diego Armando Maradona, Alex Del Piero, Paolo Maldini, Buffon, Pirlo, Valderrama, Shevchenko e tanti altri, Papa Francesco ha voluto affidare un messaggio a giocatori, organizzatori e a quanti si avvicinano alla pratica sportiva: “Questa è un’occasione per riflettere sui valori universali che il calcio e lo sport in genere possono favorire: la lealtà, la condivisione, l’accoglienza, il dialogo, la fiducia nell’altro. Si tratta di valori che accomunano ogni persona a prescindere dalla razza, dalla cultura e dal credo religioso.”

Valori alla cui diffusione possiamo contribuire noi per primi ogni giorno promuovendo lo sport e rigettandone quella visione distorta che troppo spesso ci viene presentata.

Possiamo essere campioni nello sport, ma prima dobbiamo essere campioni nella vita.

[Cover source: scarymommy.com]