Se pur deboli, i primi segnali di ripresa occupazionale stimolano le aziende a pensare in modo nuovo alle strategie di reclutamento e di valorizzazione del personale. Se dal canto suo, il candidato ha messo in atto la migliore strategia per presentarsi, cercando di emergere tra le centinaia di CV che le aziende ricevono per un determinato lavoro, come si muovono le imprese? Che cosa cercano? Quali sono le strategie per arrivare all’importante passo dell’assunzione?
Inutile dirlo, tutte le imprese lavorano per un comune obiettivo: accaparrarsi e (cosa ben più difficile) coltivare al proprio interno le migliori risorse presenti sul mercato. Una regola la cui eccezione è rappresentata da quelle aziende che alla valorizzazione interna di un talento preferiscono il reperimento dei cosiddetti “mobile talent” che da una parte garantiscono un immediato apporto in termini di competenze e dall’altro consentono all’impresa stessa l’applicazione di condizioni di lavoro maggiormente flessibili. Fatta questa dovuta premessa, secondo Deloitte, il 60% delle aziende ha già aggiornato o si appresta ad aggiornare le proprie strategie di talent sourcing, mentre un ulteriore 27% sta prendendo in considerazione modifiche al proprio processo di talent acquisition. Cresce, da parte delle aziende, l’interesse verso i big data e tutti gli elementi che consentono di analizzare le effettive competenze dei lavoratori, per trovare e gestire meglio i propri talenti. La situazione attuale testimonia, inoltre, che dopo la flessione avvenuta tra il 2008 e il 2013 nell’assunzione di laureati (-34%, dati Excelsior) la rotta si stia invertendo, nonostante la quota più alta di persone assunte resta quella di chi è in possesso del diploma di scuola superiore. La laurea, inoltre, non si rivela sempre utile al lavoro, tant’è che, secondo l’Indagine sulle condizioni occupazionali dei laureati 2014 di Almalaurea, a cinque anni dal suo conseguimento il 10% degli intervistati non utilizza le competenze acquisite con il famoso “pezzo di carta” e il 12,4% lo ritiene poco o per nulla efficace nel lavoro svolto. Altro dato importante è quello fornito dal rapporto intermedio Education at a Glance dell’OCSE che ritiene il sistema educativo poco adatto a preparare adeguatamente i giovani al mercato del lavoro.
Nel contesto sin qui analizzato, quali sono le caratteristiche più ricercate dalle aziende quando selezionano giovani da inserire? Stando ai dati dell’ultima indagine conoscitiva Neolaureati & stage condotta da Gipd (Gruppo intersettoriale direttori del personale), l’ottima conoscenza di una o più lingue straniere si piazza al primo posto, con il 21% delle preferenze: un elemento che in un processo di selezione gioca in favore del candidato quasi a pari merito con la motivazione, che si attesta al 20%. In particolare, la conoscenza dell’inglese è assolutamente necessaria per la grande maggioranza (l’83%) delle aziende; senz’altro gradita la conoscenza di un’altra lingua: oltre alle classiche francese, tedesco e spagnolo cominciano ad essere apprezzate anche il russo e il cinese. Riguardo l’ambito educativo di provenienza, la facoltà di Ingegneria (in particolare gestionale e meccanica) si conferma in cima alla lista delle preferenze per i selezionatori del personale, anche se per il primo anno Economia riesce ad affiancarsi a pari merito attestandosi, dunque, come i due indirizzi più richiesti. Ultimi in questa classifica, come di consueto, le facoltà umanistiche, con Filosofia e Lettere entrambe sotto l’1%.
Altri dati che piacciono agli addetti Hr in fase di selezione sono la disponibilità alla mobilità territoriale, e l’aver avuto esperienza di lavoro durante il periodo di studi. Solo in secondo piano arrivano poi la puntualità della laurea (8%), il conseguimento di un master (7%) o un’esperienza all’estero con l’Erasmus (6%).
Un dato curioso arriva dagli strumenti innovativi che si affiancano a quelli tradizionali per “indagare” su un candidato. In tanti sono ancora diffidenti ma è pratica sempre più frequente per chi si occupa di ricerca e selezione del personale affidarsi ai social e al web in generale per approfondire la fase conoscitiva con il candidato, sia in cerca di conferme sulle competenze dichiarate all’interno del curriculum e della lettera di presentazione, sia alla ricerca di eventuali impedimenti che potrebbero rendere il candidato non così in linea per un determinato ruolo o per una certa azienda. È quindi di fondamentale importanza curare anche la propria “immagine digitale”, utilizzando consapevolezza e buon senso nell’utilizzo dei social e mettendo in evidenza (anche lì) professionalità e competenze.
Al di là della valutazione e dall’attenzione di tutti questi punti, una parte fondamentale la giocano le qualità personali e relazionali che si mostrano in fase di colloquio. Qui la caratteristica più apprezzata è la capacità di analisi e di risoluzione dei problemi, nettamente in cima alle preferenze, seguita dalla capacità di mettersi in azione e in gioco, dalla proattività e dalla flessibilità. È necessario, quindi, farsi trovare preparati e presentarsi al mercato del lavoro in possesso sia delle conoscenze tecniche e specifiche in merito al proprio campo lavorativo sia di una serie di competenze (le cosiddette soft skills) che rendono un aspirante lavoratore, un candidato ideale per un’azienda.
“Non trova chi cerca, ma chi sa cercare”
Luigi Einaudi
[Cover credits: Sergey Nivens]