Ci hanno abituato con la Ferrari e i grandi successi in Rosso, con Schumacher e i titoli iridati, con il marchio italiano dappertutto, dai motori alle componenti elettriche, meccaniche e aerodinamiche, dagli pneumatici agli indumenti, dai team radio alle note dell’inno nazionale sul podio. Fino al tricolore del nostro Paese sventolare in molte, forse troppe, occasioni. Così tante da non poter più parlare di “abitudine”, di routine, quanto di “vizio”: ci hanno viziato in maniera così spropositata che, nonostante le mille difficoltà, le sofferenze, le vittorie sfumate all’ultimo istante, ad oggi pensare a una Formula 1 senza tutta questa Italia sembra pura fantascienza. Ma è un’ipotesi che invece, almeno in parte, potrebbe diventare realtà. Che la Formula 1 abbia smesso – forse per volontà, forse per convenienza – di parlare italiano?

Tra gli appuntamenti mondiali del campionato di Formula 1, oltre ai grandi scenari oltreoceano che regalano spettacolo, glamour, fashion e tanto denaro, ce n’è uno storico, reale, affettivo, quello del nostro Stivale: dal 1922 il Gran Premio d’Italia si è sempre disputato all’Autodromo Nazionale Monza, ad eccezione del 1937 (Livorno), 1947 (Milano), 1948 (Torino) e 1980 (Imola). Qui hanno gareggiato i più grandi piloti dell’automobilismo, qui è stato raggiunto il record di velocità – nel 2005, Kimi Räikkönen su McLaren con 370,1 km/h – che dal 1991 lo ha reso il circuito più veloce della storia. Per questo, anche conosciuto come “Tempio della velocità”.

Ora, il mondo della Formula 1 sembra voler rinunciare a tutto questo.

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È iniziato tutto da un articolo de «Il Fatto Quotidiano» in cui Angelo Sticchi Damiani, presidente dell’ACI, la società che organizza il GP, sembrava proprio annunciare l’addio a Monza a partire dal 2017. “Aveva promesso a Bernie Ecclestone 19 milioni di dollari, che sarebbero stati pagati dagli automobilisti attraverso il Pra. Ma il patron della F1 non ha accettato. Non ha gradito la scelta dei gestori dell’autodromo di intervenire sulle piste con lavori pensati soprattutto per le gare di moto e di superbike. Così dal 2017 addio corsa. Ci fa una magra figura anche il governo”, riporta l’articolo. E il web, prima di tutti, si è indignato. Come poteva la Formula 1 voler rinunciare ad uno dei circuiti più antichi di tutti, voler rinunciare all’Italia che tanto le aveva donato e tanto l’aveva resa grande?

Nel dibattito che ha coinvolto giornalisti, esperti e tifosi, si è inserito anche «Il Cittadino MB – Quotidiano online di Monza e Brianza», che ha pubblicato, qualche tempo dopo, la smentita da parte della stessa ACI. La confusione regna sovrana. Quale sarà il futuro di Monza in Formula 1? Abbiamo chiesto a Guido Schittone, giornalista italiano specializzato nel mondo dei motori, di aiutarci a fare chiarezza.

Monza sì, Monza no, Monza forse: si dice che “in medio stat virtus”, quindi, alla fine, qual è la verità?

L’interpretazione del presidente ACI è stata forzata. Sticchi Damiani ha posto l’accento su una situazione che se dovesse proseguire porterebbe inevitabilmente alla perdita da parte di Monza del Gran Premio. L’ACI, con autorizzazione parlamentare, ha destinato questi soldi per l’organizzazione della corsa anche nei prossimi anni. Ma a questi avrebbero dovuto aggiungersi anche quelli della società che gestisce l’autodromo, che in realtà non ci sono perché bruciati da una gestione fino ad oggi non rispecchiante quanto promesso all’atto del proprio insediamento. La cifra richiesta inizialmente da Ecclestone si aggirava sui 28 milioni di euro per avere Monza in calendario per i prossimi sette anni. Poi lo stesso patron è sceso a 18 milioni: l’ACI avrebbe garantito i due terzi della cifra, circa 12 milioni. La parte restante sarebbe stata a carico dell’AC Milano ed è su questo punto economico che la trattativa si è via via fatta sempre più difficile. Nel pacchetto dell’AC Milano ci sarebbero i soldi della Regione e quindi l’esborso sarebbe in realtà di circa 2,5 milioni di euro che però non ci sono. Ma Ecclestone vuole garanzie gestionali e non solo finanziarie. Infatti la SIAS, la società di gestione dell’autodromo, è molto indebitata. Non credo ci sia negligenza ma scarsa competenza specifica sulle problematiche legate a un autodromo questo sì. Già pensare di modificare Monza per corse motociclistiche è un no sense per tantissime ragioni. La ragione è tutta dalla parte di Sticchi Damiani che ci ha messo la faccia e che con un equilibrio anche politico importante è riuscito a sbloccare i soldi che provengono dal PRA, salvando contemporaneamente anche quest’ultimo ente e i relativi posti di lavoro.

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Bernie Ecclestone, però, in un’intervista di Pino Allievi alla GDS sembra propenso per l’accordo – “Credo che continuerà ad avere il gran premio […] Ma alla fine arriveremo a una conclusione favorevole, ne sono certo” – : c’è davvero o no da parte sua la volontà di proseguire con Monza e perché?

Ecclestone è uomo più intelligente della media. Sa che perdere Monza sarebbe uno smacco per una categoria in crisi d’immagine come la Formula 1. Ha già perduto troppi capisaldi lungo la strada degli ultimi anni ma due piste come Monza e come Silverstone rappresentano quella continuità che deve esserci per dare un senso al campionato del mondo.

Continuando, poi, ha detto: “È un fatto di uomini con cui ho trattato se siamo ancora qui a discutere. Non so perché sia scomparso Federico Bendinelli dall’organigramma dell’autodromo, è una persona in gamba, con cui è facile capirsi”: cosa sta accadendo, invece, nell’organizzazione interna di Monza?

L’avvocato Bendinelli è uomo di grande esperienza. L’averlo messo in disparte è stato un peccato di superbia perché anche in passato l’opera svolta per salvaguardare la F1 in Italia, dallo stesso Bendinelli, è stata preziosa. Vedersi privato come confronto di una figura così importante e competente ha chiaramente mandato su tutte le furie Ecclestone costretto probabilmente a trattare, Sticchi Damiani escluso, in modo molto differente da come era abituato. Ma dato che lo stesso Ecclestone non solo è il capo della FOM ma anche la storia stessa della F1 – senza di lui non esisterebbe la F1 moderna – diventa logico pensare che il suo nervosismo abbia basi ben concrete e non campate in aria. Credo che alla fine tutto si risolverà con un sano compromesso: nuove nomine ai vertici della SIAS e Gran Premio a Monza. Anche se questo rappresenterebbe una sconfitta personale di Ivan Capelli, presidente dell’AC Milano, che ha fortemente voluto gli attuali amministratori, suoi sponsor elettorali.

Cosa perderebbe invece la Formula 1 se non ci fosse più Monza?

Perderebbe un riferimento, quasi un valore. Ma ricordiamoci che la Francia da anni non ha un proprio Gran Premio e in Germania l’anno scorso è saltata la corsa.

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Quale circuito sarebbe in vantaggio come possibile sostituto e perché?

Imola può godere di un concreto finanziamento da parte della Regione Emilia Romagna ma dovrebbe operare molto in profondità sulle strutture stesse della pista. Il Mugello avrebbe meno problemi pratici, visto che oggi come oggi è il miglior autodromo italiano come infrastrutture e come bellezza di pista, anche se resta il nodo legato alla logistica delle strade. Nel caso – ma non credo avverrà – potrebbe esserci una rotazione tra le due piste che per i piloti sono le più difficili e belle in Italia.

Come andranno davvero a finire le cose? Quanta speranza c’è ancora?

Molte più speranze di quanto non sembri. Ora la palla passa in mano alla SIAS e all’AC Milano. Se non sono ingenui e presuntuosi capiranno che la salvezza del Gran Premio e quindi di Monza è ben più importante delle poltrone.

Quanto può fare il governo per sostenere e difendere Monza?

Il governo ha già fatto tanto dando la possibilità all’ACI di usufruire dei soldi del PRA.