L’Italia è a tutti gli effetti il Paese della cultura: arte, architettura, teatro, letteratura, cinema e molto altro sono radicati nella nostra tradizione e abbelliscono la nostra Nazione. O almeno così dovrebbe essere. In un paese in cui ogni angolo di strada racconta storia e le maggiori correnti artistiche dal teatro alla pittura hanno avuto il loro centro, gli italiani di oggi restano ai margini e abbandonano le arti che hanno fatto conoscere l’Italia nel mondo, primi fra tutti l’opera e i concerti.

Dai dati presentati questo mese sul primo semestre del 2014, è calato del 5% il volume d’affari del teatro, si è ridotto del 9,6% la produzione degli spettacoli lirici e del 14,9% il volume d’affari. E’ scesa anche la produzione dei concerti che registra un -2,8%, compensato però da un volume d’affari in crescita dell’1,53%. Soffermandosi sulla tutela e sulla valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici, Federculture ha previsto una forte riduzione di dotazioni finanziarie di spesa per il 2015 che registrerà un -21,5%. I dati negativi non sono finiti; infatti dai dati relativi al periodo 2008-2013 appare un quadro che evidenzia diverse criticità a partire dal calo degli investimenti: si abbassano – spiega Federculture – le risorse per il Mibact, scese del 24,1% e quelle per i Comuni, scese del 21,4%. Non va meglio per le province (-45,8%), per il Fus che registra un calo dell’11,2% e per il Lotto che presenta addirittura un calo del 67,4%. Lo stesso accade anche con i privati; sempre negli anni 2008-2013, il rapporto sottolinea un calo delle sponsorizzazioni pari al 40,9%, delle erogazioni liberali del 25% e degli investimenti delle Fondazioni bancarie del 48%. Federculture segnala inoltre che in due anni (2011-2013), gli italiani hanno speso 5,8 miliardi in meno per cultura e tempo libero. Non solo: le famiglie hanno speso 1,2 miliardi in meno per servizi culturali e libri.

Dati allarmanti anche in periodo di crisi; da quanto traspare infatti il primo settore in cui le famiglie italiane sono andate a risparmiare è stato proprio quello culturale; si comprano meno libri, in un contesto editoriale già perennemente critico, si evita di andare a teatro e a visitare le città d’arte. Unica nota positiva, dovuta probabilmente alle misure prese quest’estate dal Ministro Dario Franceschini, sono i musei. A seguito dell’applicazione della rivoluzione “Franceschini” sulle tariffe e gli orari di apertura dei musei, che ha introdotto la gratuità per tutti nella prima domenica di ogni mese ed esteso per i principali musei gli orari di apertura del venerdì fino alle 22:00, il trend di visitatori appare positivo. Infatti dal confronto tra i dati di luglio, agosto e settembre del 2014 con quelli del 2013 appare una crescita dei visitatori, degli incassi nei musei e degli ingressi gratuiti, con un aumento rispettivamente del 7,2%, del 6,6% e 3%.

Un trend che lascia ben sperare; per riattivare l’industria culturale, in particolar modo quella teatrale, è necessario far avvicinare la cittadinanza a questo mondo. Il teatro, sia opera che concerti, si è relegato da troppo tempo in una bolla a sé che ora deve per forza scoppiare e lasciare entrare il pubblico. Ciò che serve è maggiore pubblicità, agevolazioni per i giovani ma soprattutto per chi viene da fuori città: spettacoli che iniziano prima e mezzi pubblici che diano la possibilità anche la sera di girare tranquillamente per la città. Molto di tutto questo è applicato ad esempio dal Teatro alla Scala di Milano che vede infatti il teatro riempirsi ad ogni messa in scena. Un sferzata positiva sembra essere stata data, soprattutto al cinema made in Italy, dal decreto ArtBonus del governo Renzi. Non resta che aspettare i prossimi dati.

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