Da lunedì 27 ottobre lo vedremo condurre “I Re della griglia” nuovo programma DMAX. Chef Rubio si racconta in un’intervista.

Quello che emerge maggiormente dal tuo personaggio, forse ancor prima della passione per la cucina, è il bisogno perpetuo di viaggiare. Senza il quale, viene da chiedersi, esisterebbe Chef Rubio?

Gabriele Rubini Io viaggio per vivere, potrebbe essere quasi una condanna. Perché vivere per viaggiare significa far sì che la mia vita, i miei sforzi, mi portino a viaggiare. Se mi fermo muoio, sono come gli squali. Non ti so dire se le due cose potrebbero essere scisse, ma senza dubbio di chef ce ne sono a milioni nel mondo e se io sono riuscito a farmi notare è, forse, proprio per la mia caratteristica di non stare mai fermo in un ristorante, di essere errante, spinto costantemente dalla necessità di conoscere nuovi posti e quindi nuovi tipi di cucina. Se non mangiassi quello che provo viaggiando non potrei mai scoprire veramente il luogo in cui sono.

Quale posto e quale piatto porti nel cuore?

Gabriele Rubini Non ce n’è uno, ce ne sono diversi. Mi dispiace per chi non ha avuto modo di viaggiare o per chi l’ha potuto fare poco e quindi un posto lo ricorda e ne parla come fosse il posto più bello del mondo. Per fortuna mi sono dato molto da fare e porto con me diverse sensazioni legate al viaggio: magari partivo che ero nervoso, o che ero triste e questo ha influito anche su quello che mangiavo.

Ai MIA 2014 sei stato eletto miglior chef. Hai ribattuto dicendo di essere tutto al più un bravo comunicatore. Che forse in un’epoca social come questa è anche più importante. Cosa ne pensi del binomio food-social?

Gabriele Rubini Se mi affaccio dalla finestra e mi guardo indietro sono pochissimi anni che ho intrapreso questa strada. Ho iniziato nel 2005, quindi non sono passati nemmeno 10 anni. Ci sono persone che fanno questo mestiere da oltre 30 anni e ci ho tenuto a specificare che era un premio per cui ringraziavo chi mi avesse votato, ma non è identificativo come miglior chef piuttosto come persona che è riuscita a toccare le corde giuste di questo momento storico e che ne sono estremamente grato. Di cuochi ce ne sono a milioni e ce ne sono di bravissimi, io sono uno dei tanti. Se sono a disposizione dei social, o della televisione e di tutti i mezzi di comunicazione in cui mi fanno e mi faranno parlare dico la mia sperando di essere costruttivo a riguardo di un qualcosa che purtroppo, o per fortuna, è alla mercé di tutti e di conseguenza può essere travisato se non viene comunicato in maniera esatta. È per questo che spero di fare del mio meglio a livello comunicativo, anche in modo imparziale, perché ce n’è bisogno.

Tra i tanti chef tu sei quello che predilige lo Street food..

Ma no – mi interrompe – questa è un’etichetta che usano i giornalisti, i blogger o chi per loro per identificare un personaggio e metterlo in contrapposizione con un altro. Io sto raccontando un lato della cucina, la cucina è talmente ampia che non basterebbe una vita per raccontarla. Adesso senz’altro lo street food è il mio punto di forza perché viaggiando ne ho scoperti molti di piatti. Ma io provengo da una formazione classica di stampo Marchesiano, quindi dall’alta cucina. Lo street food adesso tira tanto, ma serve per fare il titolo.

Tirano tantissimo anche i food blogger. Tu cosa ne pensi di questa categoria?

Gabriele Rubini Io non parlo delle categorie, io parlo delle persone. Ci sono persone intelligenti altre meno. È fatto così il mondo ed è giusto che sia così, quindi, delle persone che studiano, si documentano e parlano con congnizione di causa posso solo che parlarne bene, delle persone che fanno propri i concetti di altri facendo un copia e incolla e non interessandosi nemmeno dell’argomento, ma solo del fatto che è un trend del momento, nemmeno mi interessa parlarne. Mi piace parlare con il singolo individuo, non con la testata giornalistica da cui proviene o per cui sta scrivendo.

E a proposito di quella che è la singola persona, io lo so già ma lo chiedo a te: sei considerato il Sex Symbol del momento. Perché piaci tanto alle donne Gabriele?

Gabriele Rubini Piaccio anche ai maschi se è per questo. Non lo so a dire il vero. Sicuramente il potere mediatico della televisione, delle riviste, amplia il sex appeal. Magari il fatto che io dica quello che penso e che faccia quello che dico potrebbe essere una delle chiavi di lettura. Non c’è niente di più sexy del cervello, quindi mi piace pensare che se piaccio è per la mia testa, al di là del corpo. Ma comunque dovresti chiederlo a loro. A me interessa il giusto: tra il brodone di 1 milione di persone piuttosto che 10 persone, preferisco piacere a 10 persone che conosco e a cui posso dire qualcosa di me in maniera intima.

Si evince tanto questo aspetto. Il tuo programma “Unti e Bisunti” ti ha dato molta notorietà ma sembra che tu non ti sia mai distaccato da quello che è il tuo mondo al di là dello schermo.

Gabriele Rubini Perché non sono un personaggio. Questo modo nel quale sto entrando a far parte e che sto scoprendo a mano a mano, come tutte le cose ha i suoi aspetti positivi e negativi. È fatto di persone che hanno un bisogno impellente di classificarti. Se ti attribuiscono un nomignolo non gli sfuggi, sei più sotto il loro controllo in qualità di quel personaggio. La cosa che mi differenzia è che io sono una persona, non un personaggio. Il mio non è uno di quei personaggi costruito dagli autori. Io come sono in giro, a casa, sono in televisione. Magari mi si mitiga perché ho un carattere molto diretto, ed è per questo che mi circondo di professionisti, ma per il resto i contenuti sono miei.

Da lunedì 27 ottobre condurrai “I Re della griglia” su DMAX (canale 52 dtfree). Il primo talent show dedicato alla cottura su brace. Ti vedremo nelle vesti di giudice al fianco di Cristiano Tomei e Paolo Parisi. Svelaci qualche anteprima.

A Tu per Tu con Chef Rubio (INTERVISTA)

Gabriele Rubini Io sono estremamente critico con me stesso. Mi piace molto analizzare le cose che dico, che faccio, che cucino. Tutto quello che proviene da me. E quindi sono critico anche quando mi confronto con quanto mi circonda. Detto questo bisogna ricordare che si tratta di un talent, di un gioco, e quindi darò il massimo affinché la persona in gara possa capire un eventuale errore esattamente come possa essere entusiasta di un eventuale elogio. Non capisco perché debba trattenere l’emozione una persona solo perché è chiamata lì a giudicare, come nel mio caso. Io, Cristiano e Paolo abbiamo puntato tutto sul fatto che i nostri giudizi siano costruttivi e non distruttivi all’interno di questo programma.

Vedremo tre giudici molto diversi tra loro. Parliamo di cucina e, quindi, di un’arte nobile attraverso la quale le persone riescono a trasmettere anche la propria personalità. Quanto è importante quest’aspetto?

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Gabriele Rubini La cucina oltre a servire per sopravvivere, racconta. Racconta un popolo, una famiglia, così come racconta della persona che lo fa per offrirlo a qualcun altro. I piatti fini a se stessi non hanno motivo di esistere. Se tu fai un piatto è per offrirlo e darlo in dono a qualcuno, può essere più o meno buono e se ne può discutere, ma è un gesto d’amore. Questa è la cosa importante della cucina che purtroppo si sta perdendo.

Mentre se c’è una cosa che invece di perdersi sta tornando è proprio la figura dello chef. Perché secondo te è tornata la voglia di rimettersi dietro ai fornelli?

Non c’è nessuna voglia di rimettersi dietro ai fornelli, c’è solo una moda. Tutti siamo potenzialmente cuochi, poi sta a noi dedicarci più o meno tempo, passione e dedizione. È sbagliato però fare di un trend una professione. Il punto è che adesso la gente non cucina più e se lo fa, lo fa in maniera sbagliata, quindi si rimane stupiti da un qualcosa che è veramente normalissimo: cucinare e come dicevo prima dare amore. Se non c’è più amore in casa, nelle famiglie, tra i ristoratori che oggi cucinano solo per un ritorno economico è normale che chi è un attimo più capace e più emozionale spicca tra gli altri. Ma è un nostro demerito, non un suo merito.

Questo momento di crisi che stiamo vivendo e il conseguente senso di smarrimento potrebbe far sì che si cucini di più invece di preferire cose già pronte?

Cucinare deve essere quotidiano. Deve essere un modo di vivere.
Non può essere una cosa figlia di un momento. Io spero che davvero le persone arrivino a preferire al prodotto industriale quello fatto i casa. È un modo anche per recuperare i rapporti umani visto che siamo sempre attaccati ad un cellulare e nemmeno chiediamo più le informazioni, usiamo un applicazione per sapere dove dobbiamo andare. Si è perso il gusto del comunicare, del contatto.

Infatti le persone si stupiscono perché tu tocchi il cibo con le mani, giusto?

Gabriele Rubini Sì, mentre invece è una cosa normalissima. Dovreste farla anche voi. Come accarezzare la propria ragazza, o il proprio ragazzo. Il contatto è importante. Oggi, invece, ci sono le chat che sterilizzano tutto: ti porti a letto una persona di cui non hai nemmeno sentito la voce.

Lasci un consiglio a tutti coloro che vogliono intraprendere la strada di chef? Anche per chi parteciperà a “I Re della griglia”.

Questa è una professione che deve conciliare con la passione. Deve essere una forma d’amore viscerale. Io gli auguro di trovare la oro strada seguendo solo ed esclusivamente quello in cui credono davvero e non scimmiottando quello che fa qualcun altro: ognuno può essere speciale nel proprio percorso. Per quanto riguarda il programma, spero che dopo le persone smettano di andare a buttare i soldi nei posti mediocri, che si tengano i soldi per i posti speciali e che il resto dei giorni li passino andando di casa in casa a fare dei barbecue, delle cene, recuperando la voglia di stare insieme, chi a preparare salse, chi si dedica alla cottura: la cosa più bella della cucina è questa.

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Gabriele, intanto, ti ringrazio della disponibilità. A quanto pare da lunedì 27 ottobre avremo tanto da imparare soprattutto umanamente da I Re della grigia.

Gabriele Rubini Spero proprio di sì. È stata la nostra prima esperienza ma abbiamo dato il massimo. L’intento è quello di dare il giusto valore alle cose e alle persone che fanno cucina.

Grazie a te.

[Credit Photo: Dmax]